di Loris Bertocco
Ricordiamo Loris Bertocco (1958-2017) ripubblicando il testo di una sua intervista, fatta nel 1999 da Piero Brunello e Claudio Zanlorenzi, dove parlava di musica, radio libere, colonne sonore di una vita.
Mia mamma da piccolo mi portava in spiaggia alle Giare, si lasciava la strada Romea, si passava davanti a una casa colonica enorme, dove avevano i cavalli, si saliva un argine e giù dell’argine c’era una casa di legno che era un chiosco con posteggio di biciclette. Tutta la riviera del Brenta andava in spiaggia alle Giare, le mamme portavano i bambini a prendere il sole, poi c’erano i ragazzi con le ragazze, uno si faceva la sua capanna con quattro pali e tende e stava là tutta l’estate, davanti c’era la Montedison ma nessuno aveva idea dei pericoli, dal bar si sentiva la musica, i Pooh per esempio, ricordo un’estate Piccola Ketty, avevo otto anni, nel 1966-67.
Il primo disco che ho comperato avevo sui dodici-tredici anni, mi avevano regalato un mangiadischi, il disco era Piccolo uomo di Mia Martini, l’avevo sentito alla radio, l’ho comprato a Dolo in un negozio che vendeva anche lavatrici. In quell’epoca andavo al cinema e finito il cinema andavo a Dolo in un bar che si chiamava “La campana”, aveva un portico e sotto il portico c’erano juke-box flipper e calcetto, dentro il bar gli anziani bevevano ombre, io ascoltavo i dischi, altri giocavano a calcetto o a flipper, c’erano ragazzi un po’ più vecchi sui quindici-sedici anni, con i primi capelli lunghi, e così ho cominciato ad ascoltare canzoni che non conoscevo, tipo PFM con Impressioni di settembre. Ricordo che un periodo mettevo molto spesso Gioco di bimba delle Orme, là ho sentito Rolling Stones, Cream, Derek & The Dominos, Grand Funk Railroad, e molti altri.
A tredici anni e mezzo ho cominciato ad andare a ballare, allora c’erano i gruppi che suonavano, non c’erano i dischi come adesso, la prima sala da ballo in cui sono andato era il “Mokambo” a Dolo, c’era un gruppo che faceva musica da Battisti ai Deep Purple, poi quando sono stato un po’ più grande, sui quindici anni, ho cominciato a frequentare, sempre in Riviera, un’altra sala da ballo che si chiamava “Taverna”. Qui tra il 1972 e il ‘73 sono passati alcuni tra i gruppi alternativi più importanti dell’epoca come i Traffic e i Roxy Music, ma nonostante fossi precoce per gli anni che avevo, la differenza di età fra chi frequentava il “Mokambo” e chi frequentava la “Taverna”, era troppo ampia. Poi tra il 1973 e il ’74 ho avuto il coraggio di andarci, ogni domenica suonavano i Puppies che facevano musica rock più impegnata, e allora sentivi Neil Young, Rolling Stones, Traffic, Carol King, David Bowie, Colosseum, tutta musica diversa, più alternativa, avevo quattordici-quindici anni.
Frequentavo Ragioneria a Dolo, in prima superiore avevo una storia con una ragazza, non sono mai riuscito a darle un bacio, però stavamo assieme, andavamo a manina, ci trovavamo il pomeriggio, alla fine ci hanno bocciati sia io che lei, solo che lei non è più tornata a scuola, io essendo maschio avevo più libertà, ero più libero e andavo nelle sale da ballo, lei invece come femmina non la lasciavano uscire, e allora ci vedevamo solo a scuola e qualche volta nel pomeriggio. Una volta siamo partiti per un’assemblea al Foscari di Mestre, perché la scuola che facevo era sezione staccata di quella di Mestre, e allora io cominciavo ad avere coscienza della politica e abbiamo detto “andiamo all’assemblea”, siamo partiti in pochi in autostop o in corriera non ricordo, siamo arrivati a Mestre, ci siamo fermati in piazza Barche, c’era un bar che aveva una specie di taverna sotto e c’era un juke-box, siamo stati tutta la mattina e poi ci hanno fregato perché oltre ai soldi per mettere i dischi nei juke-box ci hanno fatto pagare anche perché avevamo ballato, e una delle canzoni che abbiamo ballato di più era un lento e si ballava stretti, era Je t’aime, moi non plus, eravamo otto nove di noi.
Poi a Dolo c’erano dei ragazzi che avevano qualche anno più di me e studiavano a Mestre o a Padova e venivano davanti a scuola a dare volantini, allora ho lasciato la sala da ballo e mi sono messo con questi ragazzi, e ho cominciato ad andare a sentire concerti, ricordo il concerto di un gruppo di Napoli, gli Osanna, mi ha molto colpito perché a un certo punto il cantante-saxofonista, uno biondo, ha suonato con due sassofoni, e vedere che suonava con due sax contemporaneamente sembrava come il mito di Jimi Hendrix che suonava la chitarra con la bocca, mi ricordo ancora le braghe a campana che portava, una braga rossa e l’altra con stoffa scozzese; tra i concerti che mi hanno colpito è stato un gruppo legato al collettivo “La Comune” di Paolo Ciarchi, legato a Dario Fo, hanno fatto lo spettacolo in un cinema e suonavano bidoni vuoti di varie misure e dietro proiettavano diapositive di fabbriche, capannoni, tubi.
Con questi ragazzi, che erano di Lotta Continua, ho conosciuto la musica politica, come il cantautore Pino Masi, poi in quel periodo andavamo per osterie, da un bar all’altro, qualcuno aveva la chitarra e allora facevamo Pietrangeli, D’Amico. Quando occupavamo la scuola veniva a suonare Bertelli con la macchina e il carrello con l’amplificazione, poi Lotta Continua aveva il Circolo Ottobre a Mestre e lì ho sentito le canzoni politiche. Odiavo Battisti anche se da piccolo mi piaceva, poi invece all’epoca si diceva che finanziava il movimento di estrema destra “Ordine Nuovo”, in più faceva canzoni d’amore con le rime, e all’epoca non poteva essere, si doveva fare qualcosa di impegnato.
A Dolo c’era il Collettivo Politico Dolese, che raccoglieva studenti che frequentavano alcune scuole di Mestre e Padova, e che facevano riferimento ad alcuni gruppi della sinistra extra parlamentare (Lotta continua, Avanguardia operaia, Pdup). Uno degli interventi che mi ha coinvolto è stato dopo il colpo di Stato in Cile – una grossissima assemblea a Dolo dove è venuto a cantare il Circolo Ottobre di Mestre – e poi c’è stata la campagna per il referendum sul divorzio, quando siamo andati a volantinare davanti alla chiesa di Campagnalupia volevano portarci via i volantini e quasi darci le botte. E poi parallelo a questo Collettivo c’era un Circolo Libertario, a Dolo c’erano partite di calcio marxisti-anarchici, tutti questi ragazzi del Collettivo e del Circolo si trovavano allo stesso bar “Al Genio” che tra l’altro confinava con la canonica, e una volta ci furono polemiche col prete e gli anarchici hanno fatto un adesivo con la scritta “Don Palanca – No Grazie” riprendendo il simbolo antinucleare, io avevo quindici anni, gli altri sedici-diciassette.
La prima radio dove ho cominciato a lavorare, nel 1975-76, era ad Arino di Dolo e si chiamava Radio Riviera Libera, non era una radio di sinistra ma allora tutte le emittenti si chiamavano “radio libere”, aveva un raggio di 7-10 Km e una potenza di 10 watt, adesso Radio Padova lavora con 30.000 watt e Radio Cooperativa con 5.000 watt. Questa radio dove lavoravo io aveva un trasmettitore autocostruito, c’era uno che faceva il CB, era elettrotecnico, aveva un negozio di lavatrici e di televisioni, e si era messo a fare una radio e un mixer con due giradischi. Le trasmissioni cominciavano alle 11 del mattino con le dediche, con la discomusic, c’era una marea di gente che telefonava, una marea, secondo me la gente aveva veramente bisogno di queste cose un po’ strane, forse anche legate al territorio perché la Rai era una cosa che veniva da distante. Poi dalle due alle tre e mezza del pomeriggio io e un mio amico che facevamo Ragioneria abbiamo cominciato a trasmettere, cinque giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, ogni giorno una musica diversa: un giorno musica revival, un cugino di questo amico gli prestava tutti i dischi di juke-box perché aveva comprato una montagna di dischi di juke-box dai bar, aveva Beach Boys, Credence, Beatles, Animals, e noi alla metà degli anni Settanta facevamo revival di metà anni Sessanta; un altro giorno jazz, e ci facevamo prestare i dischi da uno che gli piaceva il jazz; un altro giorno facevamo musica del periodo, perciò pop degli anni Settanta; un altro giorno facevamo folk, lo chiamavamo noi così, e allora facevamo sentire Dario Fo, una cosa che ha sconvolto abbastanza all’epoca, e siccome non potevamo far ascoltare canzoni tipo l’inno di Lotta Continua, allora facevamo sentire Ivan Della Mea, Paolo Pietrangeli, D’Amico (Arriva i barbari), Giovanna Marini, per esempio di Bertelli non potevamo mettere Avanti Popolo, e allora trasmettevamo Il voto dele fémene, Nina, Cavarte dal fredo…
A diciotto anni, in quarta superiore, ho avuto un incidente, ho fatto due mesi di ospedale a Padova in neurochirurgia, sette mesi a Vicenza in fisioterapia, poi mi hanno detto che non potevo più camminare, sono venuto a casa, e dopo sono stato due anni e mezzo all’ospedale al mare al Lido, e lì mi hanno fatto camminare anche se ci vuole sempre qualcuno che mi aiuti, e mentre ero all’ospedale al Lido avevo sentito dai miei amici che venivano a trovarmi che era nata un’altra radio libera a Noale, che era Radio Cooperativa, e io andavo giù nel piazzale dell’ospedale con una radio portatile per prendere questa radio, e là sentivi Lou Reed, tutti questi gruppi rock, discorsi alternativi sia politici che musicali.
Nel 1979 sono venuto a casa in permesso dall’ospedale e sono andato a trovare questi di Radio Cooperativa e la prima trasmissione che ho fatto era legato all’handicap, più o meno l’esperienza mia che avevo provato all’ospedale, il cambiamento di vita per il fatto che prima camminavo e dopo non camminavo più. Dopo c‘era uno che lavorava alla radio ed era un sindacalista della Cisl di Mirano, Giorgio Feston, lui era in contatto con una ragazza di Noale, Luigina Pastrello, che aveva avuto un incidente più o meno come il mio, ci siamo conosciuti, abbiamo fatto una trasmissione insieme sull’handicap. Poi sono tornato in ospedale, sono tornato a casa definitivamente, dopo tre anni, nel giugno del 1980, e dopo poco ho cominciato una trasmissione che si chiamava “Discorso musica, suoni di fine secolo” che è andata avanti una volta a settimana dal settembre del 1980 fino al marzo del 1999: in questa trasmissione sono passati tutti i generi musicali, all’inizio il vecchio e il nuovo rock che aveva portato alla fine degli anni Settanta al punk, post punk, la new wave, Velvet Underground, Doors, Stooges, MC 5, poi piano piano questo programma ha lasciato perdere le cose vecchie e seguito tutte le cose nuove, fino all’introduzione tra gli anni ’80 e ’90 dell’elettronica e dei nuovi generi Jungle e Hip-Hop.
È stata mia mamma che mi accompagnava in macchina in radio. Io mi arrangio al mixer con una mano, ma non ce la faccio a mettere e togliere i dischi, era lei che mi aiutava, tra l’altro ho un difetto alla vista per cui non riesco a leggere, mia mamma leggeva i giornali, metteva i dischi. Lei ora ha sessantatré anni, ha fatto fino alla quinta elementare, poi suo papà, anche se la maestra aveva tentato di convincerlo a farla continuare perché era brava, siccome era una donna ha deciso che non le serviva più studiare, anche perché poi doveva sposarsi e rimanere a fare la casalinga: mia mamma non vive nei ricordi, nel passato, negli anni sessanta per esempio le piacevano i Beatles quando invece a mio papà, che era tradizionalista e aveva paura delle novità, gli piaceva Claudio Villa, con me mia mamma si è abituata a certe musiche, le piace Bruce Springsteen, vuole che quando Peter Gabriel viene in Italia la porti a vedere un concerto.
Nota. Questo testo è stato pubblicato per la prima volta sotto il titolo «Radio libere» in Piero Brunello, Storia e canzoni in Italia: il Novecento, con allegati due cd di canzoni a cura di Antonella De Palma e Cesare Bermani, Comune di Venezia-Assessorato Pubblica Istruzione-Itinerari Educativi, Venezia 2000, pp. 324-328. L’intervista era stata fatta da Piero Brunello e Claudio Zanlorenzi nell’ottobre 1999.
marco pandin dice
Ci siamo conosciuti a vent’anni, tutt’e due nei giri delle radio libere. Sempre piuttosto irrispettosi l’uno dell’altro, probabilmente eravamo così simili che si stava sempre lì a misurare le distanze millimetriche dei nostri gusti musicali. Lui poco propenso ad apprezzare le mie derive anarcoidi, e io che mi divertivo a provocare a gratis. Era la nostra maniera di stare insieme, di saltare addosso al destino e ridergli sguaiatamente in faccia. La nostra maniera di essere compagni. Vi invito a riflettere sull’importanza del lavoro di Loris a Radio Cooperativa, una presenza costante e duratura. Malgrado fosse crocifisso ad una stampella ha ispirato centinaia di ragazze e ragazzi cresciuti nel vuoto delle nostre zone sognare una vita diversa, ad aprire le orecchie e la mente ed a prendere il volo.