di redazione sito sAm
La Cicci intervistata da Danilo Montaldi nel 1957 racconta del fidanzato veneziano arrestato e poi fucilato – presumibilmente nel 1944 – “sulle macerie di Venezia” insieme ad altri sei. Almeno così le era stato raccontato. Abbiamo provato a fare qualche piccola verifica, ma riusciamo solo a farci alcune domande.
La Cicci
Cicci è una delle protagoniste delle Autobiografie della leggera raccolte e pubblicate da Danilo Montaldi nel 1961. Montaldi la presentò con queste parole: «Cicci è una donna che “ha fatto la vita”, e l’allusione si riferisce al suo passato di prostituta. Essa ha dettato la propria biografia – titolo compreso – nelle pause del lavoro casalingo al quale s’è adattata da quando ha cambiato genere di vita. Il testo riproduce fedelmente il suo racconto orale, con gli sbandamenti tipici e senza sosta dei monologhi femminili» (p. 63). Il titolo del suo racconto è Il pro e il contro di due vite.
Cicci era nata intorno al 1916. A 23 anni si trasferì a Venezia, dove sarebbe rimasta fino all’estate del 1944, in seguito all’arresto da parte dei tedeschi del suo fidanzato, un “commendatore”. A questo fidanzato sono legate le nostre curiosità.
La “vita” a Venezia
Il primo episodio di cui Cicci ha memoria è un tentativo di suicidio di sua madre che si era buttata nel Po; il secondo tentativo fu “con quarto di tintura d’odio”. Povertà, “tanta miseria che non posso descrivere”; anni di collegio. A diciassette anni Cicci partorisce una bambina che nasce morta “dopo sette mesi per le mie privazioni”. Perso il lavoro di commessa in un negozio, entra in una casa di appuntamenti e infine comincia a girare da una “casa di tolleranza” all’altra in diverse città (Bologna, Ancona, Torino, Livorno).
Intorno al 1939 Cicci si trasferì a Venezia, all’albergo Jolanda in Riva degli Schiavoni – un hotel tuttora di lusso – dove divenne l’amante del figlio del padrone. Poi conobbe un negoziante di dodici anni più di lei e che era stato in Africa, che la mantenne in una camera ammobiliata. Qualche mese dopo Cicci venne a sapere che l’uomo, che si era sempre detto scapolo, in realtà era sposato con una figlia, anche se si era diviso dalla moglie dopo averla scoperta a letto con un altro e aver saputo che l’aveva tradita anche con suo fratello.
Il “commendatore” e un figlio
A un certo punto compare nella vita di Cicci “un commendatore, un pezzo grosso che comandava una grande industria”. Era divorziato e anche lui aveva una figlia piccola. Lui le acquistò un appartamento e stettero insieme cinque anni; nel racconto lo chiama “il mio fidanzato”. Questo è l’uomo che ci ha fatto nascere alcune curiosità.
“Quelli sono stati gli anni più belli della mia vita”, ricordava Cicci. Con lui fece un viaggio di quindici giorni a Parigi, in occasione di una Fiera, poi una crociera a Tripoli. Incinta, ebbe un aborto spontaneo nel 1939, dopo il quale fu a Milano in convalescenza per tre mesi, in una pensione di lusso dove alloggiava anche un giocatore dell’Inter. “Il mio fidanzato era un tifoso dell’Inter e quando era nella pensione figuriamoci le discussioni e le bottiglie di vino che bevevano in compagnia”.
Al ritorno a Venezia, quasi ogni sera al Casinò. Il “commendatore” acquistò una caserma in Sacca Sessola, detta anche Isola delle Rose1 dove alla sera “andavamo in molti, tutti suoi amici, gente che aveva dei soldi da spendere e succedevano delle vere orge”; “il champagne non mancava mai e i viveri che cominciavano a scarseggiare noi li avevamo a bizzeffe”.
Rimasta incinta (il commendatore voleva un maschio), nel 1942 Cicci ebbe un figlio che nacque malato e a cui rimase sempre molto attaccata “perché è il figlio di chi mi ha voluto veramente bene e faceva marciare il mio appartamento con cuoco e cameriera e tutte le sere c’era ricevimento”. Il commendatore aprì a favore del bambino un’assicurazione sulla vita di 50mila, “che allora erano ancora buoni e rappresentavano una bella sommetta”. Ma all’improvviso “avvenne una catastrofe”.
Dall’8 settembre 1943 al luglio-agosto 1944
Dopo l’8 settembre 1943, i Tedeschi facendo una perquisizione nei sotterranei dell’ex caserma nell’Isola delle Rose scoprirono che il “commendatore” passava armi ai partigiani. Lui fu arrestato ma prima di essere condotto in prigione raccomandò a Cicci di mettersi in salvo con il bambino. Cicci tornò al paese con l’oro che negli anni aveva ricevuto in regalo dal suo fidanzato. Ma nel frattempo i Tedeschi fucilarono sette persone “sulle macerie di Venezia”, “e fra essi c’era il mio fidanzato”. Questo Cicci venne a saperlo “dopo poco tempo da gente di Venezia”; la sorella del commendatore la raggiunse al paese, perché avrebbe voluto prendersi il figlio non essendoci altri eredi maschi in famiglia; ma Cicci non volle lasciarlo, malgrado le tribolazioni: miseria e i seri problemi al cuore del piccolo. All’epoca dell’intervista il figlio aveva ormai quindici anni (Montaldi raccolse pertanto il racconto nel 1957), e i dottori “dicono sempre che è spacciato quando lo visitano”.
Non corrisponde
Nello scarno racconto di Cicci, che si basava a sua volta su racconti di “gente di Venezia” e probabilmente anche della sorella del commendatore, sembrano unirsi due tragici episodi dell’estate 1944, che ebbero luogo a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro.
Il 28 luglio tredici uomini detenuti per antifascismo furono prelevati dal carcere di Santa Maria Maggiore per essere fucilati, per rappresaglia, sulle macerie di Ca’ Giustian; due giorni prima, il 26 luglio, due partigiani dei GAP avevano fatto saltare in aria il palazzo, diventato sede provinciale della Guardia nazionale repubblicana. (vedi documenti in La resistenza nel Veneziano. Documenti, a cura di Giannantonio Paladini, Maurizio Reberschak, Università di Venezia-Comune di Venezia, Assessorato Affari Istituzionali, Istituto veneto per la storia della Resistenza, Venezia 1985, pp. 119-138).
La mattina del 3 agosto 1944 altri sette detenuti nelle carceri veneziane furono fucilati sulla riva allora chiamata dell’Impero, che prolungava la riva degli Schiavoni. Dopo la guerra la riva sarebbe stata intitolata ai Sette martiri. Il giorno dopo Il Gazzettino scrisse che si trattava di una rappresaglia in seguito all’uccisione di un soldato germanico (“un atto terroristico”), e che gli ostaggi erano stati scelti “fra terroristi arrestati come tali tempo fa” (Una sentinella germanica proditoriamente colpita. Sette terroristi giustiziati sul luogo del delitto. Le autorità tedesche non lasceranno d’ora in poi alcun atto di terrorismo impunito, “Il Gazzettino”, 4 agosto 1944). Dopo la Liberazione il Corriere veneto scrisse che pochi giorni dopo l’esecuzione si venne a sapere che il soldato germanico era annegato in acqua ubriaco (vedi documenti in La resistenza nel Veneziano, cit., pp. 139-145).
Il racconto di Cicci, o forse già la versione ascoltata dalla sorella del “commendatore”, sovrappose i due episodi, ambientando l’esecuzione di sette uomini su “macerie” (le “macerie di Venezia” disse lei). Tuttavia nessuna delle venti vittime corrisponde, né per età né per condizione sociale, a quello che Cicci chiamava “il commendatore”.
Sarà difficile identificare questa figura. Chissà se si era presentato davvero per quel che era a Cicci, o se Cicci stessa non avesse impreziosito il racconto con una onorificenza che non esisteva. È possibile anche che la sorella e gli inviati al paese di Cicci, dopo la guerra, raccontassero una storia inventata solo per ottenere la custodia del bambino e riportarlo a Venezia dal padre vivo e vegeto.
Infine, Cicci racconta di essere tornata al suo paese “su una delle tante autobotti” che, da quanto dice subito dopo, trasportavano benzina: e in effetti nell’isola c’erano depositi di combustibili. Ma una ex caserma (per di più in vendita a privati) c’era davvero a Sacca Sessola?
Nota. Il racconto autobiografico di Cicci, Il pro e il contro di due vite, in Danilo Montaldi, Autobiografie della leggera, Einaudi, Torino 1961, pp. 263-295; Montaldi presenta la Cicci e il suo racconto nella sua Introduzione, pp. 63-65.
I nomi dei Sette Martiri si leggono anche in http://resistenzaveneziana.blogspot.it/2012/11/i-7-martiri.html.
Quelli dei tredici di Ca’ Giustian anche in http://resistenzaveneziana.blogspot.it/2012/11/i-tredici-martiri-di-ca-giustinian.html.
- L’isola artificiale creata negli anni 1860-70 con la terra di riporto degli scavi per la creazione della stazione marittima di San Basilio. Sin dal 1904 fu sede di strutture ospedaliere; negli anni Trenta, dopo essere diventata proprietà dell’Istituto nazionale fascista della previdenza sociale, vi fu costruito il nuovo ospedale pneumologico, inaugurato nel 1936. L’ospedale fu dismesso nel 1979. Subito dopo l’isola tornò a essere proprietà del Comune di Venezia, con gestione affidata all’Usl 12. Messa sul mercato, alla fine degli anni Novanta fu venduta per 25 miliardi di lire alla Compagnia italiana turismo che avviò la conversione delle vecchie strutture in resort di lusso. Solo di recente, nel 2015, dopo l’acquisizione da parte dal gruppo Marriott, l’albergo è entrato in funzione. Cfr. tra gli altri http://corrieredelveneto.corriere.it/ e http://www.nauticareport.it/. [↩]