di Fabio Bortoluzzi
Presentiamo alcune pagine dal libro di Fabio Bortoluzzi, Castelfranco in guerra, uscito in occasione di una mostra di documenti legati alla Prima guerra mondiale conservati nell’Archivio comunale di Castelfranco Veneto, curata dallo stesso Bortoluzzi. Queste carte mostrano le conseguenze che ebbe la guerra, in un paese di retrovia, sulle vite dei civili, dei bambini, delle donne, degli anziani, dei feriti e dei prigionieri. Tra i documenti si trova il nome di Giuseppe Baggio, uno dei tanti soldati fucilati “per reato di abbandono di posto innanzi al nemico” che non trovano posto nei ventotto volumi dell’Albo d’oro dei Caduti edito dal Ministero della Guerra. Come avverte Bortoluzzi, non si tratta di aneddoti, ma di vite e di storie.
Premessa
Questo libro è il risultato della ricerca fatta per preparare la mostra documentaria allestita nei locali della Biblioteca comunale nell’ottobre 2015.1 Da quella mostra vengono i temi e i documenti ma, soprattutto, l’obiettivo: mostrare, tirare giù dagli scaffali le buste e fuori dalle buste i documenti per farli vedere, e per far vedere che Castelfranco ha un Archivio storico e che quell’Archivio è importante e deve essere conosciuto e salvaguardato.2 Questo libro quindi è una sorta di catalogo, con poche immagini, di documenti provenienti dall’Archivio storico comunale, organizzati per temi.
Il Comune ha funzioni e compiti amministrativi che riguardano solo alcuni aspetti della guerra, le carte raccontano quegli aspetti. Non ci si aspetti pertanto di incontrare alpini e muli, bersaglieri e biciclette, arditi e pugnali, fanti e trincee, ragazzi del Novantanove, cima Grappa e il fiume Piave; non si pensi cioè di ritrovare nei documenti archivistici di un comune di retrovia le immagini, basate sulle vicende militari, che si sono sedimentate nella memoria collettiva grazie ai racconti ufficiali, spesso cancellando o sovrapponendosi alle memorie private e di famiglia. I documenti che passano per gli uffici comunali parlano invece di profughi, di miserabili, di sussidi, di famiglie in fuga, di bordelli, bettole e osterie, di liste di leva, di morti di spagnola, di orfani ed esposti, di richieste di notizie e di favori, di scuole che diventano caserme e di chiese che diventano ospedali.
Nelle retrovie la guerra non cessa di rimanere tale, ma dimostra i suoi effetti nelle vite dei civili, dei bambini, delle donne, degli anziani, delle vedove e dei famigliari dei caduti, dei feriti e dei prigionieri. Se potrà sembrare che il discolo Lavander e l’oriundo Pasqualotto abbiano fatto più guerra di quanta ne abbiano fatta Cadorna e Baracca, ciò dipende dalla fonte di questo libro, fonte che è anche, per forza di cose, un punto di vista.
Per lo stesso motivo c’è il rischio che finito il libro il lettore abbia l’impressione di non aver letto altro che un elenco di aneddoti. Qui la colpa è di ha scritto il libro: questi non sono aneddoti, sono storie. «Il punto è, più o meno, che ciò che è storico è un teatro che viene messo su contro un fondale, una scenografia. Poi succede che la scenografia si stacca dal suo posto, viene in proscenio e canta».3 Non resta che ascoltare.
Giuseppe Baggio
[…] Molti prigionieri mancano dall’Albo d’oro e dai monumenti per scelta, perché, specie a seguito della rotta di Caporetto, furono considerati da settori importanti delle autorità militari e civili come traditori. Il più autorevole portavoce di questi settori era D’Annunzio che, quando non era occupato a lanciare poesie dagli aerei, lanciava anatemi dalle colonne del Corriere della Sera: «Chi si rende prigioniero, si può dire veramente che pecchi contro la Patria, contro l’Anima e contro il Cielo. Sventurato o svergognato, perde il diritto alla Gloria». […]
È probabilmente per questa ragione che gente come il soldato Fabbian Antonio di Luciano, da via Avenale e Feltrin Dino, di Fortunato, morti entrambi di esaurimento a guerra finita di ritorno dalla prigionia, il primo a Firenze il 9 novembre 1918 e il secondo a Castelfranco 2 giorni più tardi, manca dall’Albo d’oro. […]
Il soldato Barichello Valentino fu Luigi, bersagliere classe 1885 da Campigo «morto prigioniero in Galizia negli ultimi mesi del 1918»4 è invece presente solo nelle schede dell’Ufficio notizie. Nelle altre fonti è scomparso.
Dall’Albo d’oro e dai monumenti mancano inoltre, per ovvie ragioni, i soldati come Giuseppe Baggio.
«Illustrissimo signor Sindaco di Castelfranco Veneto
Oggetto: soldato Baggio Giuseppe
È pervenuto costì a questo Comando telegramma con risposta pagata a firma di Baggio Francesco che chiede informazioni del soldato Baggio Giuseppe.
Si porta a conoscenza della V.S. che il detto militare venne con altri, una ventina di giorni fa, condannato alla fucilazione dal Tribunale militare del 3° Corpo d’Armata riunitosi in Ponte di Legno per reato di abbandono di posto innanzi al nemico, condanna che fu immediatamente eseguita sul posto. Il Baggio come gli altri deve avere dato le sue ultime disposizioni al cappellano del battaglione Val d’Intelvi del 5° reggimento alpini.
Si prega la S.V. di voler ciò partecipare colle dovute cautele alla famiglia del Baggio.
D’ordine,
l’aiutante maggiore in seconda».5
L’unico documento che riguarda Giuseppe Baggio è conservato nel fascicolo «Atti d’ufficio riservati» dell’Ufficio notizie di Castelfranco. Si tratta della copia di un documento che il Comando militare inviò al sindaco. L’originale del documento dovrebbe essere tra le carte dell’archivio comunale, ma non c’è o, meglio, se c’è, è sfuggito a chi scrive.
Per capire chi era e cosa è successo a Giuseppe Baggio non resta che partire dalle informazioni che si ricavano dal documento dell’Ufficio notizie.
Nessuna data, impossibile ricavare una data approssimativa dalla posizione del documento all’interno del fascicolo, dal momento che le carte hanno subito nel corso degli anni infiniti rimaneggiamenti che ne hanno scompaginato la sequenza originale.
Due nomi: Giuseppe, il condannato a morte, e Francesco che ne chiede notizie: il padre? un fratello? un parente?
E infine un luogo, Ponte di Legno, un battaglione, Val d’Intelvi 5° reggimento Alpini e un tribunale di guerra.
Da dove partire?
Giuseppe Baggio nelle liste di leva di Castelfranco ce ne sono diversi, ma controllando i fogli matricolari nessuno che risulti fucilato. […] Allargando l’indagine al mandamento si trova un Giuseppe Baggio di Paolo e Favero Margherita, di professione carrettiere, classe 1879, da Loria, del 115° fanteria. Dichiarato disertore per essersi assentato dal campo il 15 ottobre 1917 viene arrestato e condotto nelle carceri militari l’undici luglio 1918. Il 15 luglio viene trasferito nell’Ospedale da campo n. 82 dove si arrangia a morire da sé per malattia 3 giorni dopo, prima che il tribunale di guerra possa emettere la sentenza. L’azione penale viene dichiarata estinta il 2 dicembre 1918 «in seguito all’avvenuto decesso».6
Il Giuseppe Baggio di Loria non è quindi il Giuseppe Baggio giusto.
La strada per arrivare al Giuseppe Baggio giusto è indicata da un libro, Plotone d’esecuzione, di Enzo Forcella e Alberto Monticone. Il libro raccoglie 166 sentenze emanate da tribunali di guerra a carico di militari, la prima edizione è del Sessantotto. «Era la prima volta che la storiografia si occupava a fondo dell’argomento. Prima di allora, come scrive Enzo Forcella nel saggio premesso alle sentenze intitolato Apologia della paura, nessuno voleva parlarne, accettando il mito della guerra che finalmente realizza l’unificazione morale del paese malgrado la sua persistente e profonda spaccatura sul piano politico, economico e sociale. La guerra, così diceva il mito, aveva trasformato i soldati in eroi: peccato che questa qualifica fosse stata elaborata da una “minoranza” attraverso monumenti, lapidi e medaglie al valore senza chiedere il parere agli interessati».7
Tra le sentenze riportate da Forcella e Monticone per l’anno 1916 la numero 27, Condanne con significato sociale,8 riguarda 9 alpini del 5° reggimento processati dal Tribunale militare di guerra del 3° Corpo d’Armata a Ponte di Legno il 20 ottobre 1916. Tra gli alpini condannati alla pena di morte «mediante fucilazione al petto» risulta un B.G., il libro non indica mai i nomi per intero,9 «della provincia di Vicenza, alfabeta, contadino, celibe, incensurato».
I fogli matricolari conservati dall’Archivio di Stato di Vicenza confermano.
«Giuseppe Baggio di Angelo e Stragliotto Anna, nato il 19 gennaio 1884, di Rosà, contadino alto 1 metro settantasette e mezzo, capelli lisci e castani, occhi cerulei, colorito roseo, dentatura sana», rivedibile per debole costituzione nella leva del 1884, mandato in guerra con la 1a categoria della classe di leva del 1894,10 matricola numero 55076:
«Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra il 25 maggio 1915.
Denunziato al Tribunale di guerra del 3° Corpo d’Armata per abbandono di posto di combattimento (art. 92 Codice penale Regio Esercito) il 27 settembre 1916.
Condannato alla pena di morte mediante fucilazione nel petto con sentenza del suddetto Tribunale il 20 ottobre 1916.
Ordinata l’esecuzione con foglio d’ordine n. 8170 di protocollo del Comando del 3° Corpo d’Armata il 20 ottobre 1916».11
Stando al processo l’accusa mossa a Giuseppe Baggio è abbandono del posto in combattimento:
«Per l’azione del 27 settembre 1916 erano state date le seguenti disposizioni: una grossa pattuglia al comando di un sottotenente doveva, salendo dalla valle di Cercen, attaccare frontalmente. Altre due grosse pattuglie al comando del sottotenente P. e dell’aspirante T. dovevano operare in Val Gabbiolo per impedire la ritirata del nemico che occupava la quota 2427. La prima parte dell’azione riuscì, ma l’operazione di Val Gabbiolo non ebbe esito alcuno, perché la pattuglia comandata dall’aspirante T. non giunse al suo posto […]. Dopo una mezz’ora di marcia una scarica di fucileria nemica fu fatta in direzione della pattuglia marciante. I componenti la pattuglia si sbandarono approfittando del terreno frastagliato e boscoso e si nascosero dileguandosi […]. I graduati si scusano dicendo che, dato il terreno boscoso frastagliato, la strada che in quel punto faceva gomito, il rumore delle cascate, la nebbia, non potevano udire la parola incitatrice dell’aspirante, né vedere il loro comandante; e che fecero il possibile per radunare i soldati. È risultato al dibattimento che i graduati circa un’ora o due dopo lo sbandamento radunassero i soldati, disponendoli in ordine di sicurezza […].
Circa i sei soldati della pattuglia accusati di abbandono di posto […] è risultato che poco prima della marcia in avanti si erano volutamente dileguati per esimersi dal combattimento. Essi stessi nel loro interrogatorio ammettono di essersi allontanati per prendere un po’ di fiato. Rimessisi in moto, data la difficoltà del terreno non poterono più raggiungere la squadra, e in tal modo mancarono la chiamata all’azione. A costoro era assegnato il loro posto (luogo dove il militare doveva rimanere per l’adempimento del suo servizio) che essi abbandonarono nell’imminenza dell’avanzata e dell’azione sia per viltà o per altra causa. Gli accusati stessi ammettono il fatto di aver ricevuto l’ordine, dicono soltanto di essersi fermati per stanchezza […] Ad individui che rimasero assenti per ore, e solo dopo, ad azione finita, si presentano, ad individui che coscientemente e premeditatamente si sottraggono al pericolo nell’imminenza dell’azione, il Tribunale crede di dover negare le circostanze attenuanti, ritenendo più grave il fatto di chi in faccia al nemico ma prima dell’azione si allontana, di quello di colui che di fronte al fuoco preso dal panico improvviso si sbanda. La pena di morte mediante fucilazione nel petto deve fare giustizia di costoro».12
La condanna a morte di Giuseppe Baggio e di altri quattro alpini viene eseguita sul posto.
Antonio Adamoli, commilitone di Giuseppe Baggio, ha tenuto un piccolo, prezioso, diarietto di guerra. Poche righe al giorno tra il gennaio del 1916 e l’agosto del 1918, una riga sola alla data del 28 ottobre 1916:
«Saputo della fucilazione di 5 compagni del Val d’Intelvi Cp. 245, quasi senza motivo».13
Lo storico Vittorio Martinelli riporta quanto ha letto nel diario di un medico militare che ha raccolto la testimonianza del parroco presente all’esecuzione:
«Dal diario del dottor Bertolini risulta quanto gli riferì il cappellano militare del 39° fanteria, don Pagnini che assistette i condannati. Erano già trascorsi venti giorni dal fatto, quando ai cinque appartenenti al monte Mandrone fu ordinato di scendere a Ponte di Legno presso le salmerie del battaglione. Ritenevano di essere destinati a qualche servizio speciale e come d’uso per prima cosa si recarono in un’osteria a mangiare e bere».14
Il pranzo del condannato: Baggio e compagni vengono arrestati dai carabinieri in osteria, il 20 ottobre 1916. Processo sommario, il Tribunale si pronuncia: pena capitale.
«Pena capitale: non avevano compreso cosa significasse, toccò al cappellano spiegarlo. Uno cadde svenuto, un altro baciò il ritratto della madre esclamando:
“Povera mamma, non t’ho mai dato un dispiacere ed ora avrai il dolore di sapermi morto disonorato”.
Sullo spiazzo prescelto, i soldati del plotone d’esecuzione – per norma, della stessa compagnia dei condannati – li abbracciarono piangendo.
Uno si avvolse il capo nella mantellina e attese così la morte; un altro si tolse dal dito la fede e la consegnò ad un componente del plotone dicendogli di ricordarsi di vendicarlo».15
Resta da capire perché da Rosà chiedessero notizie a Castelfranco. Il Francesco che firmò il telegramma con risposta pagata era il più vecchio dei fratelli Baggio, classe 1873. I Baggio erano 5 fratelli, Francesco, un Luigi del 1875 morto infante, il Giuseppe fucilato, Luigi del 1893 e Cosmo: «Baggio Cosmo di Angelo, soldato reggimento artiglieria a cavallo, nato il 12 aprile 1886 a Rosà, distretto militare di Vicenza, morto il 15 settembre 1918 a Padova per malattia».16 Così l’Albo d’oro ricorda Cosmo Baggio, almeno lui.
Nota. Tratto da Fabio Bortoluzzi, Castelfranco in guerra. Note dall’Archivio storico comunale (1914-1922), postfazione di Monica del Rio, Gaspari, Udine 2016, pp. 11, 131-137; l’immagine a p. 130.
- La mostra, curata da Fabio Bortoluzzi, si è svolta il 17 e 18 ottobre 2015. [↩]
- Cfr. Archivio comunale di Castelfranco Veneto: Inventario (1797-1950), a cura di Monica Del Rio, Castelfranco Veneto 2013. [↩]
- La citazione è da una mail di Gigi Corazzol a Matteo Melchiorre, in Matteo Melchiorre, Requiem per un albero, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2007, p. 16. [↩]
- Archivio Comunale di Castelfranco Veneto (ACCV), Miscellanea I° Guerra Mondiale, cassetta 1, «3.2. Schedario» [↩]
- ACCV, Miscellanea I° Guerra Mondiale, cassetta 2, «3.4. Atti d’ufficio riservati». [↩]
- Archivio di Stato di Treviso, Distretto militare di Treviso, Ruoli Matricolari, classe di leva 1874, matricola n. 8992 bis. [↩]
- Marco Toscano, Avvisi per i posteri. Dalla Prima guerra mondiale. 8, disponibile a <https://storiamestre.it/2014/06/avvisiperiposteri-8/>, url consultato il 13 dicembre 2015. [↩]
- Enzo Forcella, Alberto Monticone, Plotone d’esecuzione: i processi della prima guerra mondiale, Laterza, Bari 1968, p. 109. [↩]
- Così gli autori spiegano la scelta: «Sono stati omessi i nomi dei condannati, dei quali si danno soltanto le iniziali, l’età, la professione, i dati familiari e di istruzione risultanti dai documenti, le località di origine tuttavia in modo che non possano essere individuati. Si è adottato questo criterio per un senso di rispetto verso i condannati che fossero ancora vivi e verso le famiglie, tanto più che molte delle condanne vennero sanate dall’amnistia e che comunque nella maggioranza dei casi esse erano state formulate con eccesiva severità», ibidem, p. LXII. [↩]
- Archivio di Stato di Vicenza, Liste di estrazione classe 1884, reg. 165. Base di dati disponibile a <http://www.arsas.org/leva>, url consultato il 10 ottobre 2015. Nel processo riportato nel libro di Forcella e Monticone Giuseppe Baggio risulta avere 22 anni nel 1916, mentre ne aveva 32. Evidentemente l’anno di iscrizione alla classe di leva è stato confuso con l’anno di nascita. [↩]
- Archivio di Stato di Vicenza, Ruoli matricolari, classe 1894, reg. 444, n. matricola 55076. [↩]
- Forcella, Monticone, Plotone d’esecuzione cit., p. 109. [↩]
- Federico Adamoli, Se mi salvo la vita è un caso. Diario di guerra (1916-1918), Stampato in proprio, marzo 2012, p. 47. [↩]
- Vittorio Martinelli, Guerra alpina sull’Adamello, Pinzolo 1998, pp. 474-476. La fonte citata da Martinelli in bibliografia, p. 720, è: Amilcare Bertolini, Diario di Guerra, manoscritto. [↩]
- Ibidem. [↩]
- Albo d’oro, ad vocem. [↩]
Marcello papalia dice
Credo di avere una foto della lapide. La recupero e le faccio sapere.
Credo comunque di ritornare al Tonale prossimamente.
fabio bortoluzzi dice
Grazie dell’informazione, nella lapide ci sono date? potrebbe essere un omonimo (solo a Castelfranco per le classi 1874-1900 ho 6 Giuseppe Baggio)
Marcello papalia dice
La lapide con il nome di Giuseppe BAGGIO è presente al sacrario del Tonale.
Credo vi siano anche i sui resti.