di Marco Toscano
Nuovo appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.
Cari di storiAmestre,
mentre leggevo nell’Introduzione al pamphlet Militarism versus Feminism che non si può capire il movimento per la pace tra le due guerre in Europa senza l’esperienza delle donne nella Prima guerra mondiale, ho pensato in primo luogo a Helena M. Swanwick, femminista e pacifista fin dal 1914, che nei primi anni Trenta chiese la messa al bando dell’aviazione militare. Subito dopo ho pensato a Vera Brittain, che di fronte ai bombardamenti aerei compiuti dalle forze angloamericane nel 1944, “profetizzò” (prendo il termine dall’Introduzione di Claudia Baldoli all’unica raccolta in italiano di suoi scritti): “La fredda crudeltà che ha causato la distruzione di vite umane innocenti nelle città europee più popolate, e il vandalismo che ha annientato i tesori di alcune delle città più belle, apparirà alla civiltà futura come una forma estrema di malattia criminale dalla quale i nostri leader politici e militari hanno volontariamente scelto di venire colpiti”.
Nel 1914 Vera Brittain, nata a Newcastle-under-Lyme, in Inghilterra, gli ultimi giorni del 1893, aveva poco più di vent’anni, e al pari di molte coetanee si arruolò volontaria come infermiera. In Francia, dove prestò la sua opera, ebbe modo di riflettere sull’assurdità della situazione: lei a salvare vite umane, suo fratello Edward e il suo fidanzato Roland Leighton al fronte per annientarle. E già le lettere del 1915 tra Vera e Ronald, come scrive Claudia Baldoli, testimoniano dubbi e delusioni sulla bontà e sulla natura della guerra. Vera aveva sempre professato princìpi antimilitaristi e internazionalisti, ma temeva di ferire i sentimenti di Ronald, partito per il fronte convinto di combattere una guerra per mettere fine alle guerre. Nel frattempo anche Roland stava giungendo alle stesse conclusioni.
Per la mia scheda ho scelto uno scambio epistolare dell’11-12 settembre 1915 tra Vera e Roland, tratto dal libro Letters from a Lost Generation che raccoglie le lettere tra Vera e quattro amici al fronte, tra cui, oltre a Roland, anche Edward, fratello di Vera. Anche in questo caso, per la traduzione ho chiesto aiuto alla mia amica Luisa Corbetta.
L’11 settembre Vera, allora nella casa di famiglia nel Peak District, risponde a una lettera del 6, in cui Ronald confessava di non sapere se fosse nato per essere un uomo d’azione con qualche sbandamento artistico o un artista con simpatie militari: Vera spera che Roland voglia essere un artista, dichiara che i suoi “veri e unici ideali sono la Concordia, l’Antimilitarismo, l’Internazionalismo”, ma aggiunge di preferirlo come soldato piuttosto di non averlo per nulla; e infine, per allontanare l’impressione di una distanza tra loro due, aggiunge che anche Ronald la pensa come lei, visto che vuole combattere “una guerra contro la guerra”. Vera non sapeva che nello stesso giorno Roland faceva pensieri molto simili ai suoi. Quell’11 settembre infatti, dopo una visita a trincee piene di cadaveri di soldati tedeschi e ora in mano francese, Roland scrive a Vera di aver riflettuto, davanti a tutti quei giovani morti, sull’inconsistenza di parole come Onore, Gloria, Amor di Patria: ma non sa come Vera possa prendere le sue parole e si scusa per “l’umore del momento”.
Tutti e quattro gli amici protagonisti dello scambio epistolare raccolto in Letters from a Lost Generation morirono in guerra: Roland, nel dicembre 1915, e Geoffrey Thurlow, nel maggio 1917, sul fronte francese; Victor Richardson, anch’egli ferito in Francia, fece in tempo ad arrivare in un ospedale di Londra, dove morì nel giugno 1917; Edward, fratello di Vera, nel giugno 1918 sull’altipiano di Asiago, dove fu sepolto nel piccolo cimitero militare britannico di Granezza. Vera Brittain morì a settantasei anni nel 1970: per sua volontà le sue ceneri furono disperse sulla tomba del fratello. Prima di rimettere il libro nello scaffale accanto al pamphlet Militarism versus Feminism, mi soffermo a guardare l’inserto fotografico, e in particolare un disegno a mano con cui Robert Leighton, padre di Roland, segna minuziosamente il luogo della tomba del figlio nel cimitero militare di Louvencourt, nel dipartimento della Somme, in Francia. Dalle note biografiche premesse al volume (pp. XVIII-XIX): Robert Leighton era uno scrittore di libri d’avventura per ragazzi.
Tanti saluti dal vostro
Marco Toscano
Cos’hanno a che fare Giovinezza, Gioia e Vita con la guerra?, di Vera Brittain e Roland Leighton
Roland a Vera, Francia, 11 settembre 1915
Dalle quattro di questa mattina non ho fatto altro che correre a destra e manca per sovrintendere alla costruzione delle trincee coperte, progettare dei canali di scolo per le trincee, scavare un po’ io stesso per allentare la tensione e razziare legname da una vecchia postazione d’artiglieria tedesca, dove sono incappato in alcuni soldati morti. La postazione era da non molto caduta in mano francese e il bombardamento ha lasciato delle fosse tanto grandi che ci potresti seppellire un cavallo o due. Le trincee coperte sono quasi tutte crollate, i reticolati sfondati e in questo ammasso di ferri contorti, travi scheggiate e terra rivoltata giacciono le ossa scarnificate e annerite di semplici uomini che, inconsapevoli, hanno versato il dolce vino vermiglio della loro giovinezza per qualcosa di tanto inconsistente come l’Onore, o la Gloria della Patria, o la Brama di Potere di qualcun altro. E chi pensa che la Guerra sia una cosa magnifica, chi si compiace di lanciare frasi d’incitamento elettrizzanti chiamando in causa l’Onore, la Gloria, il Valore e l’Amor di Patria, con lo stesso sconsiderato fervore dei sacerdoti di Baal che confidavano nel loro dio addormentato, venga a posare lo sguardo su quel mucchietto di stracci sudici e zuppi che coprono appena un teschio e una tibia e quel che resta delle costole, o sullo scheletro che gli sta accanto, rimasto chino a metà così come è caduto, sostenuto dal braccio, integro, se non fosse che è senza testa e con la stoffa logora che la avvolge ancora; e si renda conto di che splendida cosa è stata, aver trasformato tanta Giovinezza, Gioia e Vita in un mucchio fetido di putrescenza rivoltante. C’è qualcuno, tra chi ha saputo e visto, ancora capace di sostenere che la Vittoria vale la morte di anche uno solo di questi giovani?
Perdona questa lettera morbosa, ma è il mio umore del momento.
E adesso devo proprio andare a dormire… anche se sono le quattro del pomeriggio!
Vera a Roland, Buxton, 11-12 Settembre 1915
Non starai pensando davvero di intraprendere la carriera militare, vero? Non serve neppure che te lo chieda, ne sono certa, perché so che è un’ipotesi che non prenderesti mai seriamente in considerazione. Lo dimostra la prima parte di quella stessa lettera. Un vero soldato non ha nulla a che fare con l’interesse per la bellezza, le atmosfere, il sole o la pioggia. Credi forse che a un Napoleone o un… Lord Kitchener sia mai importato della bellezza dei paesi che devastavano o di com’era il tempo mentre li devastavano? Tu dici di dover scegliere tra atrofizzare il tuo lato artistico o reprimere quello avventuroso e pratico. Io non credo che l’alternativa sia così netta, ma supponendo che lo sia, credi davvero che si possa mettere a confronto l’uomo di pensiero e l’uomo d’azione? Uno è il pioniere e l’altro è semplicemente l’imitatore. L’uomo medio, “l’uomo della strada”, è l’uomo d’azione. Gli uomini di pensiero sono delle eccezioni, ma senza di loro non esisterebbero gli uomini d’azione. Tu sei un’eccezione di questo mondo, e per di più ti diverte… essere diverso dagli altri. Non credo proprio che tu possa consapevolmente prendere in considerazione l’idea di sacrificare ciò che ti rende un’eccezione a favore di ciò che farebbe di te una persona assolutamente comune.
Naturalmente, per quanto abbia sempre detestato l’esercito prima della guerra, preferirei averti come soldato che non averti per nulla. Almeno credo… Dato che i miei veri e unici ideali sono la Concordia, l’Antimilitarismo, l’Internazionalismo, dovrei aborrire l’idea di amare… forse troppo, qualcuno che è schierato sul fronte opposto di questi ideali. Ma per quanto tu sia di fatto impegnato nella guerra, tu in questo momento non li contrasti, semmai li affermi, perché, come ha detto qualcuno, “Questa è una guerra contro la guerra”…
Non farti ingannare dal fatto di essere un buon soldato. È proprio perché sei un artista che ti riesce di esserlo… Sarebbe lo stesso se tentassi un’altra strada. Un artista può fare bene qualsiasi cosa. Dunque, mio adorato artista, ti prego di essere sincero con te stesso e non ti sognare mai più di svilire quello che più di ogni altra cosa rende la tua esistenza degna di essere vissuta.…
* * * *
Ti dirò che in un certo senso capisco benissimo la tua aspirazione alla gloria militare. Infatti devo ammettere che a me piacerebbe moltissimo distinguermi come infermiera e ottenere la Croce di Guerra (che è di fatto l’unica decorazione riservata alle infermiere), non tanto per l’onore in sé, ma semplicemente perché non è la mia vera vocazione e sarebbe un “qualcosa di più” rispetto a quello che già so di possedere. Per questo stesso motivo, se tu ti distinguessi come soldato ne sarei deliziata, perché sarebbe qualcosa che non ha nulla a che fare con la tua vera natura – qualcosa in più rispetto a quello che già possiedi.
Domenica sera
Ho appena riletto la tua lettera del 10 che ho trovato al mio rientro, qualche ora fa. Mio adorato, solo perché io sono così egoista da voler sempre ricevere una tua lettera, non devi considerarlo un dovere ulteriore, da aggiungere agli altri già onerosi che hai, o sentirti in colpa solo perché mi sono lasciata sfuggire quanto sia importante per me ricevere spesso delle tue lettere. Voglio che mi scrivi solo quando ti fa davvero piacere.
Bene, e se all’improvviso comparissi nella trincea, sulla soglia della porta aperta? Mi sembra di vederti, pallido e stanco, che mi guardi impacciato coi tuoi occhi tristi e non dici niente. “Come un bambino timido”…… Possibile che io ti metta soggezione? La cosa strana è che anch’io provo una terribile soggezione nei tuoi confronti! A quanto pare nessuno dei due riesce a lasciarsi andare, forse soltanto quando si fa buio e non riusciamo più a vedere bene, e ci sembra di essere diventati più eterei. Sì, è assurdo che nelle lettere siamo così intimi e poi, quando ci incontriamo, tu mi sfiori la mano come se non ne avessi quasi il diritto, e io esito addirittura a incrociare il tuo sguardo.
Nota. Tratto da Letters from a Lost Generation. The First World War. Letters of Vera Brittain and Four Friends: Roland Leighton, Edward Brittain, Victor Richardson, Geoffrey Thurlow, ed. by Alan Bishop and Mark Bostridge, Little, Brown and Company, London 1998, pp. 165-167. Traduzione di Luisa Corbetta. Il brano di Vera Brittain del 1944 è citato da Claudia Baldoli, Introduzione, in Marie Louise Berneri e Vera Brittain, Il seme del caos. Scritti sui bombardamenti di massa (1939-1945), a cura e con introduzione di Claudia Baldoli, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2004, pp. 7-8 (l’Introduzione alle pp. 7-27). (m.t.)
Le puntate precedenti:
19. Fanny Dal Ry, Non obelischi, ma colonne infami
18. Erich M. Remarque, Nessuno vuol sapere la verità
17. Aldo Palazzeschi, Il mandolino è mille volte superiore al cannone
16. Romain Rolland, Opinioni di Albert Einstein sulla guerra in corso
15. Simone Weil, La società attuale è un’immensa macchina di cui nessuno conosce i comandi
14. Andreas Latzko, Malato io?
13. Józef Wittlin, I misteri della subordinazione militare
12. Elias Canetti, Inni nazionali e facce stravolte dall’odio
11. Karl Kraus, Davanti a una bottega di barbiere
10. Jaroslav Hašek, Quale Ferdinando, signora Müller?
9. Virginia Woolf, Togliere dai cuori degli uomini l’amore delle medaglie e delle decorazioni
8. La rivolta della Catanzaro, da Plotone di esecuzione
7. Emilio Lussu, Un episodio di decimazione
6. Corina Corradi, La scena si faceva sempre più spaventosa
5. Helena M. Swanwick, Il senso dell’onore è causa di guerre
4. Romain Rolland, Ciascuno ha il suo Dio e combatte quello degli altri
3. Guglielmo Ferrero, Cesarismo, burocrazia, esercito
2. Bertha von Suttner, La storia insegna l’ammirazione per la guerra