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Il mondo di oggi guardato da un editorialista di ieri. 15

28/10/2014

di Alain, a cura di Giacomo Corazzol

Nuovo appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol. 

Il mondo delle cose e il mondo degli uomini, di Alain

Il carattere di un uomo è formato da due tipi di esperienze molto differenti l’uno dall’altro. Questo perché ci sono due mondi, il mondo delle cose e il mondo degli uomini. Un agricoltore che lavora la sua terra dipende molto dalle cose e assai poco dagli uomini. Al contrario, un magistrato, un sottoprefetto, un mercante di cravatte, uno scrittore dipendono assai poco dalle cose e molto dagli uomini. L’uomo politico dipende più di ogni altro dagli uomini; fuorché l’attore, non vedo nessuno il cui destino possa essere paragonato al suo. Di qui delle educazioni molto diverse e delle idee orientate in maniera differente; parlo di idee vere proprie, non di parole apprese a scuola. 

Pensavo a queste cose mentre osservavo un maniscalco di villaggio intento a battere il proprio ferro. Non c’è amabilità, cortesia, adulazione, nessuna forma di preghiera, insomma, che possa dispensarlo da un colpo di martello. Più o meno sa; più o meno batte; ma senza diplomazia. Il suo ferro è come lui l’ha fatto. E, finché i suoi ferri saranno buoni, sarà ben considerato. Il suo destino dipende molto da lui, dal suo occhio, dal suo braccio. Sul suo talento c’è poco da discutere: né le sue bugie né quelle degli altri possono avere alcun effetto su di esso; odio o amicizia non lo alterano. Il suo stesso mestiere fa sì che non sia affatto credente. È diverso dagli altri, ed ecco qui la sua forza; si conforma alle leggi del mondo delle cose, ed ecco qui la sua lucidità. Pensa a colpi di martello; e pensa bene. Tutto quello che chiamiamo scienza suppone un’azione portata esclusivamente sulle cose. Anche il matematico sta su questa sponda; perché anche i numeri e le figure si fanno gioco delle preghiere.

Gli uomini però si manipolano solo con la preghiera. Bisogna piacergli; bisogna adularli, bisogna dire come loro e pensare come loro. Somigliare agli altri, insomma. L’attore imita lo spettatore; l’avvocato dell’accusa imita dapprima il querelante e poi il giudice. Inventerò un proverbio cinese: «Se il tuo giudice zoppica, impara a trascinare una gamba». L’oratore si intona alle passioni dei suoi ascoltatori; è per questo che Platone diceva che la retorica è una forma di adulazione, come la cucina. I mestieri modellano l’individuo. Se voglio riparare un orologio, il successo dipende da me; ci metto tutta la mia attenzione; il mio pensiero è tutto teso verso l’esterno; perché questi pezzi di ferro e di cuoio non hanno né passioni né malizia; i loro movimenti dipenderanno dalla loro  forma. Se però voglio fare il mestiere di banchiere o di imprenditore, lo stesso tipo di sguardo non fa più per me: mi serviranno piuttosto il tatto, l’educazione, la dissimulazione; non più tanto l’occhio che vede quanto l’occhio che piace. È allora però che si può dire che la fede smuove le montagne; perché essa è contagiosa; la fede smuove gli uomini. Si tratta allora più di desiderare che di volere. L’improvvisazione è la legge, perché non si può prevedere ciò che bisognerà dire; e l’effetto è sempre incerto. Di qui, spesso, una pigrizia fatalista, delle idee da far pietà, dei ragionamenti puerili e dei successi stupefacenti. Ma l’artigiano, piccolo o grande, non sa governare. Secondo la natura delle cose umane, l’artigiano toglie le castagne dal fuoco, e l’attore1 le mangia.

10 gennaio 1913

[Apparso originariamente nella Dépêche de Rouen del 10 gennaio 1913. Riprendo il testo dalla raccolta Alain, Propos. II, texte établi, présenté et annoté par Samuel S. de Sacy, Gallimard, Paris 1970, pp. 286-287. Il titolo è redazionale (g.c.)]

  1. Mentre sopra Alain aveva usato il termine acteur, qui scrive comédien: comédien, che originariamente indicava l’attore di commedia, ha poi assunto il significato generico di “attore”, ma in senso figurato significa anche “ipocrita”. Equivale a “commediante”, che però in italiano è usato oggiogiorno solo nel suo significato peggiorativo. [↩]

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