di Piero Brunello
La sera del 7 giugno 2014 è morta Giuliana Bertacchi, un’amica di storiAmestre. Ammalata, ha rifiutato le terapie che avrebbero solo prolungato la sua sofferenza e si è spenta nella sua casa di Bergamo, dove è stata allestita la camera ardente fino alla cerimonia che si è tenuta nella sala del commiato del cimitero cittadino.
Ho conosciuto Giuliana nel 1979 a Rimini a un convegno dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Siamo subito diventati amici. Si stava preparando un incontro di studi, che si sarebbe tenuto a Venezia di lì a due anni, sulle testimonianze orali e l’insegnamento della storia nelle scuole. Giuliana e io facevamo parte del gruppo di lavoro che lo promuoveva, ci s’incontrava a Milano nella vecchia sede dell’Istituto nazionale, ancora in piazza Duomo, lei veniva da Bergamo, io da Mestre. Cominciammo a frequentarci. L’amicizia è andata approfondendosi e da allora, per oltre trent’anni, mia moglie Gianna e io siamo andati a trovare spesso Giuliana e suo marito Giorgio, e altrettanto spesso loro due ricambiavano la visita. Giorgio è morto due anni fa, e ora Giuliana.
Anche storiAmestre è nata attorno ai rapporti tra ricerca storica e insegnamento della storia. Giuliana ha seguito con simpatia le vicende dell’associazione fin dai suoi inizi, curiosa delle cose che facevamo, complimentandosi e incoraggiandoci a continuare. Credo che le piacesse il legame tra senso civico, passione per la ricerca storica e senso della responsabilità nel rapporto tra generazioni. Giuliana telefonava e da un certo momento scriveva delle email per farci sapere che ci era vicina. Frequentando Mestre ha anche conosciuto e stretto amicizia con alcuni di noi. Ricordo in particolare il suo sostegno quando abbiamo organizzato il convegno “Identici a chi” contro l’istituzione di un assessorato regionale “alla cultura e all’identità veneta”. Parlando delle «ambigue esaltazioni di “radici” e “identità territoriali”» che spesso si trovano nelle ricerche di storia locale, Giuliana citava come antidoto quel «vivace convegno di denuncia e dibattito» che avevamo organizzato, e la relativa pubblicazione degli Atti (Giuliana Bertacchi, Fonti orali e storia. L’esperienza dell’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, relazione al seminario Fonti orali: esperienze di conservazione, integrazione, trattamento, Genova, 24-26 ottobre 2007, pp. 5-6, ora disponibile online). In occasione di assemblee dell’associazione o di convegni di studio lasciava dei commenti nel nostro sito: “un apprezzamento sincero per il bel programma del 150° e un altrettanto sincero sentimento di invidia per chi abita a Mestre e dintorni e può partecipare di persona, cosa che a me è impossibile fare” (9 marzo 2011), oppure: “Non sono socia, ma mi considero vostra affezionata amica. Complimenti per le vostre iniziative, che seguo sempre con interesse. Auguri per i lavori dell’assemblea e buon 25 aprile a tutti voi” (20 aprile 2011).
Giuliana è stata tra i fondatori dell’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea alla fine degli anni Sessanta, insegnante comandata presso lo stesso Istituto e infine presidente: tutti sanno quanto Giuliana abbia dato all’Istituto, alle iniziative di studio e di divulgazione, ai rapporti con gli insegnanti, alla rivista “Studi e ricerche di storia contemporanea”, alla collana “Il filo di Arianna”. Ma non parlerò di questo suo impegno, che ha assorbito molte delle sue energie. Dirò solo che come storica del movimento operaio e della Resistenza, Giuliana è stata una ricercatrice scrupolosa, pignola e appassionata. È stata tra i primi in Italia, nel mondo della ricerca storica, a prendere sul serio le testimonianze orali: ed è per questi suoi interessi che io l’ho conosciuta. Sentiva la responsabilità, propria e della sua generazione, di trasmettere ai più giovani il racconto del Novecento. Amava parlare con i testimoni: voleva capirli, ascoltarne le parole e raccoglierle con cura e con attenzione. Come altri studiosi del movimento operaio e della Resistenza, le sue ricerche hanno a cuore gli ideali di giustizia, di solidarietà e di libertà: ricostruiva i momenti in cui si sono manifestati e si interrogava sui motivi della sconfitta. E come nei migliori esempi di storia locale in Italia, Giuliana è stata molto attenta al contesto locale in cui si svolgono le vicende, nel caso suo la Bergamasca (quella specifica valle, quella particolare cultura di mestiere, quel luogo di culto, quelle pratiche migratorie), e allo stesso tempo ha tenuto presente i contesti più ampi; inoltre amava discutere modelli generali di spiegazione. Penso alla sua attenzione per i meccanismi della memoria, sia privata sia pubblica, per i pericoli insiti nella monumentalizzazione e nella sacralizzazione della Resistenza, per la soggettività del testimone e per il rapporto tra quest’ultimo e il ricercatore: anche per lei, come per Claudio Pavone, l’obiettivo era saper cogliere e rendere attuale la moralità della Resistenza (vedi Bertacchi, Fonti orali e storia cit., p. 7). Come studiosa non si dava arie. Aveva nei confronti della ricerca e della scrittura l’atteggiamento di un artigiano che fa le cose come vanno fatte: doveva averlo imparato dal papà decoratore e pittore, di cui Giuliana parlava con molto affetto e che anch’io ho imparato a conoscere.
Ho sempre visto Giuliana circondata da libri. A casa sua avevo l’abitudine di passare tra gli scaffali e aprire libri che non conoscevo. Più di una volta prendevo appunti. Giuliana mi si avvicinava, e mi suggeriva un passo o un punto secondo lei importante dell’argomentazione. Prendeva i libri sul serio, che le piacessero o no. Faceva la firma sulla prima pagina, e poi sottolineava con la matita qua e là i passaggi che la colpivano, spesso aggiungendo dei brevi commenti, dei richiami o dei segni di accordo o di dissenso. Mi consigliava qualche testo nuovo, soprattutto di storia. Ma amava molto anche la narrativa. Se uno passa in rassegna i libri allineati sugli scaffali può capire i suoi gusti in fatto di romanzi, e scoprire le passioni che ha avuto nei diversi periodi della sua vita: troverà la grande letteratura russa, la narrativa sudamericana, i romanzi contemporanei di cui tutti discutevano, e infine le scrittrici e gli scrittori italiani, tra i primi direi Fenoglio e Meneghello. L’ho sentita citare spesso qualche passo di Meneghello, di cui amava l’impegno civile e il rifiuto della retorica.
Giuliana ha sentito la sinistra come luogo ideale in cui collocarsi e in cui sentirsi a casa. Bergamo è stato un luogo importante per l’elaborazione politica del gruppo del manifesto: Giuliana non faceva parte del gruppo che operò la scissione dal Pci, ma vi aderì ben presto. Questo è avvenuto prima che io la conoscessi, e non ne so parlare. Posso dire che a testimonianza della partecipazione a quell’ambiente politico Giuliana mantenne alcune amicizie. Ricordo una sola tra le tante, quella con Carlo Leidi. Chi ha conosciuto Carlo Leidi sa della sua passione di disegnare vignette con battute e giochi di parole: lo faceva dove capitava, su tovaglioli di carta e su ritagli di fogli di quaderno. Alcuni di questi disegni sono stati affissi per anni in una sorta di bacheca nella cucina di casa di Giorgio e Giuliana.
Per ricordare Giuliana è giusto ricordarla assieme a Giorgio. Una delle cose che avevano in comune era il gusto per la storia breve, per il ritratto di una persona e per l’aneddoto chiuso da una battuta o da un motto di spirito. Ogni personaggio che presentavano aveva una sua caratteristica, una qualche espressione favorita. Messe assieme, le storie di Giuliana presenterebbero un affresco di Bergamo nei diversi periodi del Novecento, e in particolare di borgo Palazzo, i luoghi dell’infanzia a cui Giuliana continuò fino alla fine a essere legata. Mi sembra di vederla, alla fine di un racconto, gonfiare un po’ le guance per trattenersi e poi scoppiare in una risata, come faceva lei. Vorrei fermare la sua immagine così, per l’ultimo ricordo.
lidia campagnano dice
Grazie, che bel ritratto di Giuliana, di Giorgio, della loro casa… Tra le ultime cose che mi ha detto, poco prima di morire, questa: che eravamo state fortunate, anzi fortunatissime perché la vita ci aveva riservato incontri meravigliosi con persone meravigliose. Ero e sono così d’accordo con lei… e che bello sentire queste parole da una donna che sta morendo e lo sa e celebra la bellezza della sua vita, dell’amore e dell’amicizia e del piacere dello scambio intellettuale umile, pulito e serio. Che bella la sua ospitalità, il suo abbraccio, il suo ricordo. Mi trasmette ancora forza.
Maria Giovanna Lazzarin dice
Di Giuliana Bertacchi ricordo la passione per le erbe aromatiche in cucina e per il loro profumo. La incontrai una sola volta a casa sua, insieme al marito Giorgio, ma ho usato a lungo una sua miscela di origano, timo, rosmarino regalatami in quell’occasione. Quel giorno portò me e Giannarosa in giro per le strade di Bergamo alta, raccontando via via le storie di chi vi abitava o vi aveva abitato. Un ricordo di vitalità, di divertimento, di curiosità, ma anche di esigente attenzione all’incontro che mi fa pensare ora al legame sotterraneo e a distanza tra lei e noi di storiAmestre, un legame costruito intorno al comune interrogarci sul rapporto con la storia a partire dal presente e dal luogo in cui ci è dato vivere. E alla sua immagine della “porta stretta”. Ho conosciuto per la prima volta Giuliana Bertacchi al convegno del febbraio 1981 a Venezia, “La storia: fonti orali nella scuola”. Ero una giovane insegnante di scuola media entusiasta del lavoro con le fonti orali; il suo asciutto intervento mi ha costretto a fare i conti con ingenuità, ideologie, pressapochismi.
Dunque se penso a una sua eredità, penso alla “porta stretta” di cui parla nei suoi scritti, al gusto, ma anche alla fatica e al rigore di una ricerca che richiede responsabilità verso se stessi e gli altri e capacità di seguire anche in solitaria la propria strada.
IVANA PELLICIOLI dice
Ciao Giuliana. Un’amicizia lunga trent’anni. Ci siamo sentite e incontrate nei giorni belli della ricerca, dell’impegno, delle parole, di Giorgio e Giuliana e in quelli, duri, della malattia. Donna forte e gentile, ruvida e dolce. Cara Giuliana, oltre alle cose che ci siamo dette mi porterò dietro il ricordo del tuo rigore, dell’intelligenza, dell’ironia, del gusto del bello, dell’incapacità di compromessi e ambiguità. L’ultima volta che ci siamo sentite mi hai detto che eri serena e fortunata. E’ stato l’ultimo degli insegnamenti che mi hai lasciato: non molto tempo fa.
Maurizio Reberschak dice
Probabilmente il nome di Giuliana Bertacchi dirà poco e niente al di fuori di StoriAmestre e di quelli che ancora resistono nel mondo degli Istituti per la storia della resistenza. Non solo perché Giuliana non era una “accademica”, ma perché sempre è stata discreta, pur con un bel carattere forte. L’ho conosciuta da subito negli incontri tra gli Istituti per la storia della resistenza, che proprio alla fine degli anni ’60 stavano avviando un processo di rinnovamento dalla memoria alla storia della resistenza nell’ambito di un inserimento complessivo nella storia della società italiana. La resistenza come momento della storia italiana e internazionale. Giuliana è appartenuta a un altro mondo di persone e di studiosi, che sono sulla via di estinzione. Amava gli archivi. E chi più oggi studia sulle carte degli archivi? Antiquariato, si dice. Lei mi è stata molto vicina quando, parlando con lei della mia idea di studiare il Vajont tra gli anni ’70 e ’80 mi sentivo dire: ma questa non è storia, è cronaca. Giuliana mi ha tirato fuori l’evento di Gleno, che lei conosceva bene (ma chi ha mai sentito parlare di Gleno?): una vicenda in qualche modo affine al Vajont per modalità di sfruttamento delle risorse, di imposizione del sistema politico (fascista con Gleno, democristiano prima e centro-sinistrico poi col Vajont). Lei la faccenda di Gleno la conosceva bene perché l’aveva studiata, e mi ha fatto capire che il Vajont non era la prima volta. Attenta allo studio e all’insegnamento era Giuliana. perché conosceva per esperienza diretta l’importanza fondamentale della scuola nella formazione culturale e nell’educazione civile dei giovani. Alla fine ha fatto una scelta radicale, come sono sempre state precise e decise le sue scelte: non protrarre la vita senza la normalità quotidiana della vita. Anche questo me lo aveva già indicato quando nella sua casa di Bergamo all’inizio degli anni ’90 avevamo a lungo parlato di vita, malattia, morte: e ne avevamo parlato come una cosa normale, non straordinaria o eccezionale, una cosa che nella vita può capitare e che devi affrontare con serenità ma con ferma decisione di cosa fare.
Valter Deon dice
Grazie caro Piero per aver ricordato Giuliana Bertacchi. Anch’io l’avevo conosciuta alla fine degli anni ’70 in occasione di memorabili Convegni. Avevo poi avuto l’opportunità di lavorare con lei nella Commissione didattica nazionale degli Istituti e quindi la fortuna di conoscerla meglio sia come donna sia come studiosa.
Ho abbandonato gli interessi per la didattica della storia (dalla quale ho avuto peraltro tante soddisfazioni) per motivi personali e professionali. E così non ho più avuto occasione di incontrare Giuliana. Me ne rammarico come per esperienze che avrei potuto avere e non ho avuto.
Grazie Piero per avermi fatto ricordare tante buone e belle cose. E a Giuliana un ricordo affettuoso e grato.
valter deon