di Claudio Pasqual
Note tra inverno e primavera: ospedali, navi e cantieri; gesti e abitudini da imparare; cambia la topografia dei negozi, delle sedi delle associazioni, dei quartieri; murales, inaspettate decorazioni urbane e scritte fasciste; ambulanti “occasionali”; vita di vicinato e vite ai margini.
10 febbraio 2014
L’ospedale dell’Angelo visto dall’auto in corsa lungo la strada che passa sul retro, dalla parte di Zelarino, in un crepuscolo grigio di pioggia battente. Cosa mi ricorda il profilo trapezoidale dell’edificio, le file di finestre con le luci accese dei vari piani, le forme rese liquide e cangianti dal velo d’acqua che scende lungo il finestrino? Ecco, la grande nave da crociera, con il corpo centrale a più ordini sovrapposti di cabine, gli oblò illuminati, vista tempo fa, ormai quasi terminata, una sera alla Fincantieri. Ma questo è bastimento saldamente piantato al suolo, in una landa verde al margine tra la campagna e la città; e carico non di vacanzieri ma di ammalati, concentrato di sofferenza e non di spensieratezza festaiola. Dicono che sia un buon ospedale, l’impiegato del centro prenotazioni mi spiegava che i tempi di attesa per un esame o una visita sono molto lunghi, di mesi e mesi, perché qui prenotano e vengono da ogni parte d’Italia, anche dal Sud.
12 febbraio 2014
Non credevo alle mie orecchie: due ragazzini per strada, forse quindici o sedici anni, e uno spiegava all’altro le caratteristiche dell’Italicum di Renzi, e quelli che a suo giudizio ne erano i limiti e i difetti.
14 febbraio 2014
Animali di città. L’una e un quarto del pomeriggio. Una lepre se ne sta ferma, immobile come una statua, nel prato alberato al centro della rotonda tra le vie Caravaggio, Hayez e Bella, oltre la tangenziale in direzione di Auchan.
15 febbraio 2014
Quelli dei “forconi” che stazionano ormai da settimane sotto la torre nell’indifferenza generale dei mestrini hanno posizionato una cassetta postale per la raccolta delle offerte. L’hanno dipinta con il tricolore.
10 marzo 2014
Ormai la vendita dei fiori ai semafori è diventata un fatto di occasione, nel senso che si pratica soltanto nelle ricorrenze. Sarà perché si fanno magri affari. I bangladesi mancavano dalle strade da tempo, sono improvvisamente ricomparsi in gran numero con mazzi di mimose per la Festa della donna, per poi svanire altrettanto rapidamente nel nulla – anche i giri in pizzerie e ristoranti mi pare siano diminuiti. L’occasione è diventata il cardine dell’attività di questi venditori, che funziona dunque giocando su un’inusuale flessibilità. Occasione non necessariamente rappresentata da una ricorrenza, da una solennità. Un’occasione sono gli eventi metereologici. Alle prime gocce di pioggia uno stuolo di venditori, probabilmente gli stessi dei fiori, si materializza in centro offrendo ombrelli ai passanti colti di sorpresa dal maltempo.
Evidente che l’occasionalità significa prevedibilità, ed espone queste persone a forti rischi. Sul giornale il giorno del 9 marzo ho letto che i vigili hanno elevato ai venditori di mimose multe per svariate migliaia di euro.
11 marzo 2014
Abito in una strada di ceto medio, professionisti, funzionari di banca, assicuratori, dirigenti d’industria – di quando c’era Porto Marghera – in pensione, tutta gente beneducata e a modo. Stamane hanno trovato applicata al cassonetto dell’immondizia la calottina con l’apertura a chiave. I soliti sacchetti troppo grandi si sono accumulati ai due lati del contenitore.
12 marzo 2014
Nessun sacchetto della spazzatura, oggi, fuori del cassonetto. Schifiltosità e pigrizia sì, ma anche rispettabilità e decoro.
Passando di là in giorni diversi, ogni volta li ho rivisti al loro posto, seduti e accanto alla medesima panchina. In piazzetta XXII Marzo un gruppetto di uomini di mezza età, abbigliamento dimesso e berretto in testa, conversa e guarda la gente che passa. Parlano una lingua balcanica che non riconosco. Un angolo di Macedonia o di Bulgaria a Mestre, Italia.
14 marzo 2014
Via Torre Belfredo potrebbe essere ribattezzata via dell’associazionismo. In poco tempo su questa strada hanno aperto “La bottega del Teatro” al posto dell’internet point all’angolo con via Giordano Bruno; “Cittadinanza attiva” dove c’era la bottega dell’antiquario, sotto il portico della palazzina davanti alla cartoleria Sambo; al numero 45, nei locali di un ex panificio, l’Associazione culturale “Libellula. Lingue – Integrazione – Intercultura”.
18 marzo 2014
Non è vero che tutti i negozi di Mestre abbassano le serrande chiudono. È in atto in parte anche una dislocazione, in cerca di collocazioni più favorevoli o di affitti più bassi. La vetreria di Murano di piazzale Candiani si è spostata in via Carducci nel negozio lasciato da Luisa Spagnoli, che si è trasferita in piazza Ferretto, e al posto della vetreria adesso c’è la profumeria Babiti, che prima stava nello stesso piazzale ma cinquanta metri più in là; l’ottica Cecchini da via Allegri è finita in galleria del Teatro Vecchio; non è vero che Celana ha chiuso, adesso sta in riviera Magellano; e potrei citare altri casi.
21 marzo 2014
Una striscia tracciata con la vernice rossa attraversa il murale in fondo al primo sottopasso della via Castellana. Il murale era stato dipinto nel 2009 o 2010: è durato intonso anche troppo.
5 aprile 2014
Una donna di una certa età, con i capelli bianchi e un giaccone marrone, fruga nei cassonetti dell’umido in piazzale Candiani.
6 aprile 2014
Nell’interstizio all’attacco della rampa elicoidale del sovrappasso di viale Vespucci, che porta al Bosco dell’Osellino e al rione Pertini, scorgo un giaccone abbandonato. In quel budello, forse, qualcuno ci dorme.
19 aprile 2014
La critica della proprietà privata e dei divieti attraversa una fase di deciso oscuramento ma non è scomparsa del tutto. Nel caso in questione si è espressa in forme dadaiste. Su una colonna di viale Garibaldi è affissa una di quelle targhette con l’indicazione della proprietà privata e il divieto di affissione. Sopra la targhetta qualcuno ha incollato un colombo ritagliato nella carta, e sulla targhetta una chiazza con tre scolature bianche, giusto sotto l’addome dell’animale, la cui natura e significato credo non abbiano bisogno di spiegazioni.
23 aprile 2014
Ancora sulla questione delle deiezioni canine in città, ma questo sembra un caso particolare. Qui l’inciviltà e le possibili reazioni sembrano avere dei protagonisti ben determinati, ancorché anonimi, e l’esasperazione ha generato una plateale forma di protesta. Pare che in via Vallon un proprietario non solo non pulisca i marciapiedi degli escrementi del suo animale, ma li getti nei cortili e giardini delle case. In effetti percorrendo il marciapiede mi sono imbattuto in varie tracce. Per tutta risposta qualcuno ha tappezzato un tratto di strada con cartelli, affissi ai pali della luce e ai cancelli, che raccontano i fatti e minacciano di ricorrere alle autorità.
24 aprile 2014
Tolta la rete che divide il parchetto di via Einaudi dal Marzenego. Ricreato così, sebbene temporaneamente, l’accesso al fiume; ma tutti ignorano l’argine, nessuno ci fa caso; era frequentato prima, quando c’era la rete, da qualche vagabondo o pescatore che passava attraverso fori ricavati nella rete, adesso non c’è nessuno.
26 aprile 2014
In quanti modi e in quali sedi si può ragionare di filosofia? Come ho verificato di persona, anche sui muri di un sottopasso stradale. Quello di via Vallon, che comunica con il forte Carpenedo sotto la ferrovia per Trieste, è punteggiato di scritte in vernice nera di qualcuno che ha voluto esternare i suoi pensieri sul senso delle cose e della vita in questo modo. Riporto un di queste riflessioni. “ Ho chiesto a un filosofo a cosa servisse la filosofia. Mi ha risposto: ‘a sopportare la vita’. Ho chiesto ancora: ‘a che cosa serve la vita?’. Mi ha risposto: ‘a niente’. L’ho interrogato: ‘allora come posso evaderne?’. Mi ha detto: ‘con la morte’. E allora ho voluto sapere se è bella. Mi ha detto ‘eccome’, solamente che è inutile anch’essa. Morire per essere o essere per morire?”.
29 aprile 2014
Sono cominciati i lavori del parcheggio nell’ex ospedale. Vedo un’automobile e un camion che trasporta un escavatore fermi nello spiazzo fra la macchia d’alberi e i due laghetti.
30 aprile 2014
Per la festa di inaugurazione della nuova via Costa pedonalizzata (17 e 18 maggio), il “Gruppo di ascolto Altobello” e il Comune hanno scelto il logo “da Macaè alle Barche”. Io l’ho interpretato come l’indicazione di un itinerario attraverso luoghi urbani che significa un ricongiungimento sotto un nuovo segno. C’è il richiamo a un legame storico in gran parte dimenticato, quello fra il porto-canale e la contrada di barcaioli, artigiani e pescatori sulla riva sud del Salso, luogo di cattiva fama anche per ragioni politiche – era rifugio di ribelli e sovversivi. “Macaè” sinonimo di sottoproletariato marginale e piccola delinquenza, da temere e da cui tenersi distante per i mestrini dabbene. Ma oggi spazio sociale mutato, che si vuole integrato e che rivendica un legame positivo con il resto della città.
5 maggio 2015
Hanno abbattuto il muro rosso lungo il Marzenego, che stava dietro il reparto di pneumologia, e così si vede lo spiazzo alberato del futuro parcheggio. Hanno tolto le reti in plastica che chiudevano la montagnola e i due seminterrati. La montagna sta ancora là, chissà se la rimuoveranno.
6 maggio 2014
Oggi stanno riempendo le fondamenta del monoblocchino con la terra di un secondo cumulo, che intravedo sporgere da dietro il padiglione Pozzan.
11 maggio 2014
Due casi di pratiche devozionali? Sul cancello di una villetta alla Gazzera, un cartello che invita il vicinato per un certo giorno e ora a partecipare alla recita del rosario presso la tal famiglia. In un bar, avventori guardano assieme la partita di calcio alla televisione in una saletta attigua alla mescita, l’apparecchio posizionato in alto, su una mensola, come nei primi anni Sessanta, quando ancora pochissimi avevano il televisore in casa. Chissà se le pay-tv si diffonderanno tanto nelle case da svuotare di nuovo bar e ritrovi.
15 maggio 2014
Nell’ex Umberto I il secondo seminterrato, quello dove si era formato lo stagno, è stato riempito con il materiale della montagnola, ma solo per metà, è rimasto un dislivello di un metro sotto rispetto al piano campagna. Il resto dell’area è una distesa di terra bianca che i rulli compressori hanno pareggiato, con gli alberi rimasti del vecchio ospedale che la interrompono qua e là, e sembra una savana ma senza erbe. Della vegetazione cresciuta spontanea negli anni dell’abbandono è rimasto l’arbusto fino all’altro giorno sul bordo della pozza. Lo lasciano vivere, sembra, forse perché è bello alto e fronzuto.
17 maggio 2014
Al pianterreno della torre dell’Orologio di Mestre, sulle pareti sono stati lasciati simboli e scritte del fascismo e, se non ricordo male, una silhouette del duce di profilo. Oggi ho scoperto esistere in città almeno un’altra traccia iconografica conservata del ventennio. Sul soffitto dell’ingresso del teatro Momo di via Dante, già sede della Gioventù Italiana del Littorio, al centro della decorazione dell’epoca, campeggia in un tondo un fascio littorio con la data “VII e.f.”.