di Marco Toscano
Quinto appuntamento con le letture del nostro amico Marco Toscano intorno alla prima guerra mondiale, e alla guerra in generale.
Cari di storiAmestre,
questa volta è da un piccolo opuscolo di 14 pagine dal titolo Women ad War; il frontespizio non riporta la data (il 1915), ma indica il prezzo, di un penny, segno che era destinato a una grande diffusione. L’editore, The Union of Democratic Control, era un’associazione inglese, finanziata in larga misura da ambienti quaccheri, che durante la guerra si mobilitò in difesa delle libertà civili all’interno e per domandare la fine del conflitto mediante negoziati. Tra i nomi più noti, Bertrand Russel e Leonard Woolf. Ora l’opuscolo è consultabile online e, sempre online, si trova una traduzione italiana, da cui citerò.
L’autrice, Helena M. Swanwick (1864-1939), era nata a Monaco di Baviera da padre danese e madre britannica, e aveva studiato a Cambridge. Attiva nel movimento suffragista, allo scoppio della guerra unì la causa del femminismo a quello della pace, convinta che più una società è militarista, più duro è l’asservimento della donna.
Dopo la guerra Helena M. Swanwick s’impegnò perché non si ripetesse più un massacro simile, sentendo con angoscia che i trattati di pace, la politica estera degli Stati e il riarmo stavano portando il mondo a una guerra ancora più terribile. Riteneva urgente riflettere sulla responsabilità del militarismo degli Stati, Inghilterra compresa, nello scoppio della prima guerra mondiale e delle guerre in generale, senza condannare la sola Germania, come avevano stabilito i trattati di pace.
Nel 1934 Helena M. Swanwick pubblicò con la Women International League il pamphlet Frankenstein and His Monster. Aviation for World War Service in cui chiedeva che venisse abolita l’aviazione militare, che nel futuro sarebbe stata usata per massacrare i civili. Anche questo obiettivo rifletteva l’esperienza della prima guerra mondiale, in cui le vittime, oltre ai soldati, erano state donne e bambini, a causa dei bombardamenti e delle terribili condizioni di vita dovute a blocchi navali, distruzioni di beni, deportazioni, campi profughi, fame e malattie.
Helena M. Swanwick si tolse la vita nel settembre 1939: da poche settimane era cominciata la seconda guerra mondiale.
Riporto qui un passo sull’importanza dell’onore – e quindi dei rapporti tra uomini e donne – nello scatenamento delle guerre: e cito dalla recente prima traduzione italiana, di Bruna Bianchi. Vi saluta il vostro
Marco Toscano
Il senso dell’onore è causa di guerre, di Helena M. Swanwick
Quali sono le cause della guerra? Non certo il desiderio di sicurezza
[…] Talvolta parliamo della Germania come se fosse l’unico Stato militarista. Ma tutte le grandi nazioni sono organizzate sulla base del militarismo. Tutte le grandi nazioni hanno lottato per rafforzare la propria preparazione militare così da essere più forti delle altre, e le nazioni che si sentono più deboli intrecciano alleanze per riuscire a schiacciare le altre. La pace è stata una condizione di equilibrio instabile, in cui non c’era sicurezza neppure per il più forte. Si può ribattere che la sicurezza è un impulso fondamentale e che il pericolo costante che viene da altri esseri umani è l’unica condizione di benessere, ma è puerile farci credere che l’organizzazione dello stato su base militarista conduce alla massima sicurezza possibile. La sicurezza garantita dal militarismo è una illusione.
Ma allora che cosa porta gli uomini alla guerra? Diverse persone daranno un diverso ordine di motivazioni. A chi scrive sembra che siano le seguenti:
1. Una concezione arretrata dell’onore e la convinzione che esso possa essere “vendicato” dalla forza.
2. La sete di guadagno e il desiderio di conservare gli interessi acquisiti.
3. La volontà di dominio e ciò che comunemente si chiama gloria.
4. La paura.
Queste sono le motivazioni principali dei governi, ma essi non potrebbero attivare la macchina della guerra se nella maggior parte delle persone ci fosse una forte resistenza e se non ci fossero nella maggioranza degli uomini altri motivi che possono essere così schematicamente elencati:
5. Una indolenza mentale che lascia il pensiero e l’azione a coloro i cui interessi consolidati possono trarre vantaggio dalla guerra.
6. La bellicosità.
7. L’amore del rischio e dell’avventura e il disgusto per il grigiore della vita quotidiana.
Nella maggior parte di queste motivazioni, le donne c’entrano poco, e a meno che esse non cerchino di analizzarle e di comprenderle, per vedere ciò che di buono o di cattivo vi sia in esse, le donne non possono fare molto. Gloria e dominio non sono fatti per le donne; rischi ne hanno, ma si tratta di rischi che comportano, in misura più o meno grande, unicamente perdite, mai vantaggi. Le avventure delle donne in guerra sono vissute in solitudine e sono colme di orrore, tanto che ben poche donne ne sarebbero attratte.
L’onore alla mercè della forza
Consideriamo l’onore. È uno dei tragici risultati della sottomissione intellettuale delle donne il fatto che abbiano accolto il nesso tra onore e forza fisica. Se l’onore fosse qualcosa che si potesse sottrarre con la forza e difesa solo dalla forza, è evidente che l’onore delle donne sarebbe sempre nelle mani degli uomini, che esse sarebbero sempre, per così dire, schiave nello spirito come nella carne, che trarrebbero il loro onore dagli uomini senza mai poterlo possedere. Le donne con autonomia di pensiero e gli uomini sufficientemente illuminati ed empatici da mettersi al posto di una donna, non hanno mai sostenuto un tale punto di vista. Ma perché ciò che non vale per le donne dovrebbe valere per gli uomini e le nazioni?
Le donne con autonomia di pensiero, ad ogni modo, si chiederanno se questi punti d’onore all’origine di tante discordie pubbliche e private tra gli uomini in tutte le epoche, non sia un relitto di un passato barbaro, la sopravvivenza superstiziosa della fede nel cimento della battaglia.
Nota. Helena M. Swanwick, Women ad War, Union of Democratic Control, London s.d. [1915], 14 pp., consultabile nel sito dell’Harvard College Library; traduzione italiana Le donne e la guerra (1915), a cura di Bruna Bianchi, in “Dep. Deportate, esuli, profughe. Rivista telematica di studi sulla memoria femminile”, 15 (2011), pp. 154-165, premesso da notizie sull’autrice alle pp. 150-153; la citazione alle pp. 159-160 (corrispondenti alle 7-8 dell’originale); consultabile online. Helena M. Swanwick ha pubblicato l’autobiografia I Have been Young, with an Introduction by lord Ponsonby, Victor Gollancz Ltd, London 1935. Notizie sulla Union of Democratic Control in Martin Swartz, The Union of Democratic Control in British Politics during the First World War, Clarendon Press, Oxford 1971 (sugli obiettivi, pp. 66-82; sul finanziamento da parte di ambienti quaccheri, pp. 93-94). (m.t.)
Le puntate precedenti:
4. Romain Rolland, Ciascuno ha il suo Dio e combatte quello degli altri
3. Guglielmo Ferrero, Cesarismo, burocrazia, esercito
2. Bertha von Suttner, La storia insegna l’ammirazione per la guerra