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Luisa Mangoni, una storica-storica. Un ricordo

03/02/2014

di Laura Cerasi

Riceviamo dalla nostra amica e socia Laura Cerasi (docente dell’università di Genova), e subito pubblichiamo, un ricordo di Luisa Mangoni a un mese dalla sua scomparsa.

Il 3 gennaio scorso è mancata Luisa Mangoni, a seguito del rapido aggravarsi della malattia, che non le aveva tuttavia impedito di continuare a lavorare alla storia della Laterza, cui attendeva da qualche tempo. Molti, oltre a conoscere il suo lavoro di storica della cultura, la ricorderanno per averla conosciuta come docente a Ca’ Foscari, dove ha insegnato Storia dell’Italia contemporanea per una decina d’anni, dal 1983 credo ai primi anni Novanta, quando si è trasferita all’Università di Trento insieme al marito Innocenzo Cervelli, docente a Ca’ Foscari dagli anni Settanta, dall’origine del corso di laurea in Storia che aveva contribuito a far nascere. 

Anch’io l’ho conosciuta frequentando le sue lezioni, affollatissime. Si era da poco trasferita da Trieste, ma i suoi corsi hanno subito richiamato un numero crescente di studenti: il suo modo di fare lezione era insieme rigoroso e appassionato, e credo fosse questo uno dei motivi per cui affascinava tanto. Era sempre puntuale: aspettava dalla cattedra lo scoccare esatto del quarto d’ora accademico, e mentre gli studenti entravano in aula lei esaminava e riordinava delle piccole schedine manoscritte, su foglietti che sembravano cartoncini, che poi seguiva durante la lezione. Spesso distribuiva testi in fotocopia, dalle chiose e osservazioni sui quali nasceva il percorso di insegnamento. Era un percorso sinuoso, a passaggi successivi, ma sempre chiarissimo: non semplificava mai, ma riusciva a comunicare in modo straordinariamente diretto. Non per questo era sempre facile seguire il suo discorso: alternava un’analisi dei testi di precisione filologica, quasi da medievista, con riferimenti al contesto che implicavano conoscenze vaste, non sempre alla nostra portata. Ma ci spingeva a desiderare di acquisirle, a desiderare di sapere e capire, e capire nel senso di capire la storia. Luisa Mangoni era una storica davvero, una storica-storica, che non aveva bisogno, mai, di “giustificare” la ragione di un tema di ricerca, perché esso si mostrava da sé, attraverso le sue parole, che spesso entravano direttamente in medias res, partivano dai testi, per poi sviluppare a ritroso le implicazioni, sempre più ampie e complesse. Raramente faceva riferimento alla storiografia, al “discorso” storiografico (già “discorso” è una parola anacronistica, che mai, naturalmente, aveva utilizzato: “dibattito”, piuttosto), se non per indicarne acquisizioni accertate, da cui era possibile muovere. Non che questo facilitasse gli studenti, ma lo si può vedere come una forma di rispetto per la loro autonomia. Almeno io così percepivo. Mangoni non era paternalistica, se volevi capire studiavi.

Molti volevano capire, e allora frequentavano i seminari – l’anno successivo è arrivato Giovanni Miccoli, e tenevano un seminario congiunto, fondamentale – e chiedevano la tesi. Per i numeri di allora, credo fossero parecchi: si può controllare nel database di Ca’ Foscari, i titoli ci sono tutti. Anch’io ho chiesto la tesi e mi sono laureata con lei: mi ero iscritta a Storia desiderando di fare storia medievale, avevo seguito anche diversi corsi caratterizzanti, ma poi ho incontrato Mangoni e, come altri, sono stata affascinata e rapita. Mi piacerebbe leggere altre testimonianze di chi l’ha conosciuta da vicino, credo molti sentimenti fossero comuni e diffusi. Era una maestra severa. Era molto attenta al significato delle parole, molto attenta a non valicare i confini del rispetto per l’indipendenza dello studente, che lei stessa poneva. Se dissentiva, non argomentava molto: segnalava dissenso e occorreva interrogarsi sulle ragioni. Io spesso non ho capito. Non durante la tesi: avevo lavorato molto intensamente, e andava bene. Ma nella prosecuzione degli studi, non è stato facile costruire un percorso di ricerca, allargare progressivamente il campo, e seguire un itinerario autonomo e coerente. Era anche difficile non sentire una profonda reverenza per la sua persona, benché non facesse nulla per sollecitarla, e fosse sempre, e molto puntualmente e autenticamente, presente nei momenti topici. 

Finché ha avuto casa a Venezia sono andata a trovarla raramente, ma abbastanza regolarmente. Ricordo che mi ha informato della decisione, presa insieme a suo marito, di lasciare in anticipo l’Università: era la metà degli anni Novanta, forse la seconda metà, e ha motivato la decisione con l’impossibilità di permanere all’interno di un’istituzione che aveva dimostrato di non essere riformabile. In realtà non era vero: poco dopo l’Università ha imboccato un percorso di riforma, sempre eteroimposto da successivi provvedimenti ministeriali, che ne ha alterato profondamente la fisionomia e l’ha condotta lungo un piano inclinato, le cui ultime accelerazioni sembrano ormai essere davvero inarrestabili, minando alla radice molto delle sue funzioni di produzione e trasmissione della conoscenza.

Ho sempre pensato che per l’Università la sua rinuncia all’insegnamento sia stata una grandissima perdita. Ora è irreparabile, anche per la storia della cultura, anzi per la storia-storia.

Venezia, 3 febbraio 2014

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Archiviato in:La città invisibile, Laura Cerasi Contrassegnato con: ricordi, storiografia

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Commenti

  1. redazione sito sAm dice

    07/02/2014 alle 16:23

    Sul “manifesto” è uscito un altro ricordo di Luisa Mangoni scritto da Laura Cerasi (questo dedicato più agli scritti che all’attività di insegnante). Si può leggere all’indirizzo: http://ilmanifesto.it/un-corpo-a-corpo-con-la-realta-nel-rispetto-delle-fonti/

  2. stefano borgarelli dice

    03/02/2014 alle 18:32

    Leggendo questo bellissimo, puntuale ricordo di Laura ho capito d’aver perso un’occasione importante non seguendo almeno un corso della Mangoni. Peccato. Conoscendone il marito, mi riesce facile immaginare che avessero in comume il medesimo rigore.

  3. Enrico B dice

    03/02/2014 alle 14:11

    cari amici di storiAmestre e gentile Laura Cerasi, grazie per questo ricordo di Luisa Mangoni, che non ho mai conosciuto di persona ma di cui ho letto alcuni saggi, per i miei studi o per passione per la storia dell'editoria: come dimenticare "Pensare i libri" o la cura delle "Lettere dal confino" di Leone Ginzburg? Non sono io che posso raccogliere l'invito lanciato da Laura Cerasi, ma spero che altri ex studenti o colleghi più giovani della Mangoni vorranno farlo. Da parte mia, sono andato subito in cerca del database indicato, ma non ho trovato niente di buono; invece qualcosa ho potuto vedere usando l'opac di ateneo di Ca' Foscari (http://polovea.sebina.it/SebinaOpac/Opac, immettendo "Mangoni Luisa" come criterio di ricerca; ve lo consiglio, anche i cataloghi di biblioteca possono essere una bella fonte). Per curiosità vi segnalo che sull'"Indice dei libri del mese" di gennaio è uscita (forse per una coincidenza) la recensione di Marco Bresciani all'ultima raccolta di saggi di Luisa Mangoni ("Civiltà della crisi: cultura e politica in Italia tra Otto e Novecento", Viella, Roma 2013). Grazie ancora e tanti saluti.

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