di Pietro Di Paola
Pubblichiamo un commento dal nostro amico Pietro Di Paola relativo al recente articolo di Giulia Brunello sulle “forme di socialità del movimento operaio” a San Paolo del Brasile (testo della relazione presentata al secondo degli spunti-ni storici di sAm edizione autunno 2013). La lettera di Di Paola raccoglie l’invito a uno studio comparato e ci lascia con ulteriori spunti di discussione e qualche interrogativo.
Londra, 6 febbraio 2014
Cari amici e amiche,
ho letto con molto interesse l’intervento di Giulia Brunello Forme di socialità del movimento operaio: le “serate” anarchiche a São Paulo (1900-1930) che avete pubblicato qualche tempo fa. Credo che lo studio della produzione culturale e della sociabilità degli anarchici in esilio sia un aspetto fondamentale per studiare l’anarchismo come un movimento transnazionale ed è stimolante poter sviluppare delle comparazioni tra diverse località. Da parte mia, ho potuto vedere che ci sono molte affinità, ma anche alcune sostanziali differenze con le serate organizzate dagli anarchici italiani e non rifugiati a Londra tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, che ho studiato negli ultimi anni.
Il primo punto che mi ha colpito è la questione della lingua. L’uso dell’italiano nelle pubblicazioni e nei volantini dice molto del rapporto degli anarchici non solo con il paese ospitante ma anche con la madrepatria. In Brasile si passa dall’uso prevalente dell’italiano al portoghese, indicazione di una “integrazione” nella società d’arrivo. In Inghilterra questo non avviene. La grande maggioranza dei giornali, fin dal 1880, viene pubblicata in Italiano. Anche negli anni Venti del Novecento gli antifascisti a Londra pubblicano il loro giornale nella loro madrelingua. Un’integrazione si ha solo a partire dagli anni Trenta, ma si tratta pur sempre di individualità (per esempio Vernon Richards, figlio di Emidio Recchioni, oppure Marie Louise Berneri) per quanto estremamente significative per la storia del movimento anarchico britannico. Questa differenza rispetto al Brasile si riscontra anche in altri paesi, negli Stati Uniti per esempio. Sicuramente paesi di lingua neolatine favorivano l’“integrazione”, ma mi domando se possa avere influito il fatto che i paesi di arrivo fossero cattolici o protestanti.
Altre riflessioni riguardano la trasmissione della produzione politica e culturale anarchica nelle varie comunità dell’esilio. La struttura delle serate a São Paulo è pressoché uguale a quelle di Londra, e non intendo solo quelle organizzate dal movimento anarchico. Il teatro era anche a Londra di estrema importanza. Uno degli autori più prolifici era la spia dell’ambasciata italiana, l’agente Calvo. Il dramma di Malatesta, Lo Sciopero, venne rappresentato nel 1901 (ma si tratta proprio dello stesso dramma rappresentato a São Paulo?) Anche Londra gli attori sono dilettanti, ed è nei programmi delle serate che emerge la presenza femminile, altrimenti invisibile. Però quest’ultima è ancora una presenza “marginale” a differenza, mi pare, di quanto accade in Brasile, dove alcune compagnie “erano dirette e composte da sole donne”.
Ritornando al rapporto con la madrepatria, e di riflesso alla questione della trasmissione della cultura anarchica tra i vari continenti, credo che lo studio delle traduzioni possa dare preziose indicazioni. Se a São Paulo la maggioranza dei testi erano importati dall’Italia, quali altri erano rappresentati? A Londra per esempio anche Mirabeau, Zola e Ibsen. Comune mi pare essere la grande passione per l’opera. A Londra oltre al repertorio militante (le serate si concludono quasi sempre con La Carmagnole o L’Internazionale) c’è anche quello popolare. Quasi sempre presenti le mandolinate e canti popolari come O sole mio e Funiculì funiculà.
L’ultimo punto su cui vorrei riflettere è che in Inghilterra lo scoppio della prima guerra mondiale e le divisioni interne al movimento anarchico portano a una profonda crisi del movimento e mi domandavo se questo era il caso anche per il Brasile.
Un caro saluto
Pietro Di Paola
Nota. Il nostro amico Pietro Di Paola è autore del recente The Knights Errant of Anarchy. London and the Italian Anarchist Diaspora (1880-1917), Liverpool University Press, Liverpool 2013 (256 p.).