di Claudio Pasqual
Per l’incontro Mestre per noi, del settembre 2013, Claudio Pasqual aveva previsto un quarto e ultimo breve intervento, ma il tempo non è stato sufficiente per pronunciarlo. Ne pubblichiamo qui il testo, che fa direttamente seguito all’excursus sul secolo di storia dell’ospedale Umberto I.
2 febbraio 2011
Da quando ha chiuso l’Umberto I, il traffico in Quartiere San Paolo si è quasi azzerato. Prima, quando tornavo a casa venendo dalla tangenziale, molte volte la coda di auto al semaforo di via Filiasi cominciava già ai piedi della rampa del cavalcavia, adesso si scorre veloci fino all’incrocio con via Torre Belfredo.
7 luglio 2012
Degli edifici dell’Umberto I scampati alla demolizione, una è la palazzina sul lato opposto di via Antonio da Mestre rispetto all’ospedale, dove hanno avuto sede il dispensario antitubercolare e per ultimo il centro prenotazioni. Da qualche giorno vedo le finestre all’ultimo piano di questo edificio illuminate. Un tardo pomeriggio passando lì sotto abbiamo visto alla finestra un uomo che faceva la doccia. Ho fatto più ipotesi. Occupanti abusivi – ma non avrebbero lasciato loro elettricità e acqua. Oppure gli uomini della sorveglianza del cantiere, alloggiati qui nei turni di riposo. Oppure che la nuova proprietà abbia temporaneamente affittato dei locali a qualcuno?
5 settembre 2012
Sulle vetrine del bar pasticceria di via Circonvallazione di fronte a dove stava l’ingresso del vecchio ospedale i proprietari hanno affisso un paio di cartelli di protesta contro il “buco nero” dell’Umberto I. Sono gli unici segni visibili in loco del malcontento per la situazione. Sui tavoloni di legno che chiudono il cantiere, infatti, solo qualche graffito e scritte spray a sfondo politico, contro la Lega per esempio, o dei centri sociali, oppure degli ultrà dell’Unione Venezia.
12 ottobre 2012
Dalla finestra del soggiorno di casa mia, al quinto piano, si abbraccia con lo sguardo l’intera area dell’ex ospedale Umberto I di Mestre. Sono circa cinque ettari di terreno in pieno centro città, in parte liberi e in parte edificati. Del vecchio nosocomio, infatti, sono stati mantenuti i padiglioni costruiti negli anni Dieci e Venti del Novecento, sottoposti a vincolo architettonico; invece le costruzioni più recenti sono stati abbattute: il monoblocco, il padiglione Venezia degli anni Sessanta, ma anche il nuovissimo “monoblocchino”, costato molto denaro e rimasto in funzione per cinque anni appena. Nei seminterrati portati allo scoperto si sono formati, per infiltrazione dal sottosuolo, in un punto di terreno depresso, due laghetti, poi quello del monoblocchino si è prosciugato, l’altro è diventato uno stagno ricoperto di vegetazione acquatica, un tappeto verde che dall’alto sembra quasi un prato. Le zanzare ci vanno a nozze. Sull’orlo della pozza, dal lato di via Circonvallazione, una collinetta di sabbia, bianca, che pare una duna desertica. Un’altra, più bassa, spunta da dietro il padiglione Pozzan. Chissà cosa intendevano farne. Quando tira vento, da quelle montagnole e da tutta l’area si leva una polvere che poi si deposita ovunque, terrazzo e davanzali si ricoprono di uno spesso velo nerastro.
Questo è il panorama dall’inizio del 2010, quando è terminata la demolizione. La società che ha comprato dall’unità sanitaria veneziana aveva un progetto molto ambizioso e innovativo: tre torri alte 100 metri, uno spicchio di Manhattan a Mestre ma con in mezzo il verde, provate a immaginare dei grattacieli in mezzo a Central Park. Aveva ottenuto tutte le autorizzazioni dal Comune, ma poi la crisi – così si dice – ha bloccato tutto. I fabbricati rimasti sono parecchio male in arnese, sbrecciati, scrostati: le demolizioni e poi l’abbandono hanno inferto loro ampie ferite. Finestre e porte, che erano state murate, sono state riaperte. Da quando la sorveglianza privata è stata revocata dalla proprietà, in quei padiglioni ci vivono delle persone. Ho visto qualcuno aggirarsi tra erbacce e detriti, tirandosi dietro una grossa valigia a rotelle, ma sono incontri rari, perché gli abitanti dell’ex ospedale sono fantasmi, che per andare e venire prediligono il buio. Un segno della loro presenza sono i fuochi che in questo inizio di stagione fredda si vedono, di sera, brillare dalle finestre senza imposte. È pericoloso, e infatti ho letto sul giornale che una volta i pompieri sono intervenuti a spegnere un principio d’incendio.
25 ottobre 2012
Ieri all’ex Umberto I sono arrivati i carabinieri e hanno fatto sgomberare una quarantina di sventurati che avevano scelto i padiglioni abbandonati come loro abitazione. Non ho assistito all’operazione, l’ho saputo dopo dalla stampa. Linea dura e secondo round: oggi sono venuti i poliziotti e hanno trovato che c’erano nove persone. Adesso operai stanno murando di nuovo porte e finestre, unici ospiti resteranno i piccioni che entrano ed escono dalle aperture dei piani alti.
6 novembre 2012
Inglobando il padiglione Pozzan e la Casa delle suore nel perimetro del recinto, hanno circondato i due interrati-laghetti e la duna desertica con una recinzione di plastica verde a maglie ovoidali, di quelle che il più delle volte si vedono nei cantieri di color arancione, e che al nostro amico Gigi Corazzol fanno venire in mente gli aranci osage, varietà di agrumi del Nord America. Vogliono evitare che gente rientri negli edifici da quella parte; forse pure che eventuali intrusi caschino nella pozza, magari ruzzolando dal cocuzzolo dall’altura.
17 marzo 2013
Alleluia, qualcosa si muove, dopo tre anni ricominciano i lavori. Vedo un camion gru e operai che transitano per l’area dell’Umberto I, il giorno prima mia moglie aveva notato un bob-cat. Ma è un abbaglio, l’illusione dura poco. Leggo sul giornale che l’impresa che sta costruendo il cinema multisala per conto di Toni Furlan ha ottenuto il permesso di passare per l’ex ospedale, dal Candiani a via Circonvallazione, con i suoi mezzi e camion; così si abbrevia e facilita il percorso da e verso la tangenziale.
8 maggio 2013
La palazzina con i muri di mattoni rossi in via Antonio da Mestre dietro il condominio Donatello, l’unica costruzione moderna dell’Umberto I tenuta per il momento in piedi come sede di servizio per le maestranze del cartiere, mostra da una finestra, appesi a un attaccapanni, alcuni caschetti, gialli e rossi, di operai. Se ne stanno lì, inerti, solitari e malinconici, nonostante i colori vivaci, in attesa di qualcuno che se li venga a riprendere, di tornare utili, di proteggere ancora teste di lavoratori, se non qui almeno da qualche altra parte!
7 luglio 2013
Per il momento, l’unica cosa nuova che si alza verso il cielo. Dove non ha provveduto l’uomo, ci ha pensato la natura. Attorno al laghetto e ai piedi della collinetta, era inevitabile, è spuntata la vegetazione. Per il momento è rada, erbacce e una manciata di alberelli sparsi qua e là, giovani e perciò ancora bassi, ma destinati a crescere di molto se non succederà niente. Spicca, solitario sull’orlo settentrionale della pozza, nella lista sassosa che la separa dai sotterranei ora prosciugati del monoblocchino, un arbusto bello grande, almeno tre metri, che ondeggia flessuoso e saldo al vento gagliardo di quest’oggi. Un seme deve aver incontrato nella sua caduta uno spicchio di terreno soffice fra i sassi, e avervi germogliato robuste radici.
12 agosto 2013
La sera, le luci continuano a essere accese all’ultimo piano dell’ex dispensario. A questo punto, era quasi certamente vera la terza ipotesi: hanno affittato un alloggio a qualcuno.
6 settembre 2013
Svelato l’arcano dell’ex dispensario. Bisognerebbe tenersi informati, leggere tutti i giorni, attentamente, la stampa locale. L’edificio è stato affittato alla Casa dell’Ospitalità del comune, come dependance della sede di Via Spalti. Ecco il tema della solidarietà. Solidale è il Comune, la proprietà per l’affitto dell’immobile riscuote venticinquemila euro l’anno. Ma la solidarietà oggi è in affanno. Siccome nell’ultimo bilancio comunale il servizio ha visto tagliati i suoi fondi, via Antonio da Mestre sarà chiusa e gli ospiti dirottati in via Santa Maria dei Battuti.
Mestre, settembre 2013