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Ritorno sull’8 settembre. Una lettera alla redazione

16/10/2013

di Lia Botter

La nostra amica Lia Botter è attenta agli anniversari. Anni fa ci ha scritto in occasione del 25 aprile, oggi ci riporta all’8 settembre: pubblichiamo la sua lettera, ringraziandola a nostra volta per l’interesse con cui ci segue.

Cara redazione, 

volevo ringraziare per le letture offerte anche quest’anno per l’anniversario dell’Otto settembre. Mi è sembrato di ritrovare in tutti i brani l’elogio del coraggio individuale e della solidarietà umana e politica, ma anche un giudizio negativo sulla continuità di apparati statali e di modi di pensare nel nostro paese, che nessun trauma e nessuna tragedia è fin qui riuscita, o riesce, a scalfire. In tutti gli otto settembre della storia italiana, come scrive Bianciardi, emergono alla fin fine sempre due mondi: quello dei colonnelli e quello dei soldati (che assonanza con i contadini e luigini di Carlo Levi, chissà se scrivendo Bianciardi aveva presente L’Orologio). E quel direttore del Reale istituto di studi romani, ricordato da Roberto Battaglia, che aveva abbreviato “Reale” in “R”, che «poteva significare tanto REALE quanto REPUBBLICANO»? sembrerebbe una battuta da commedia all’italiana.

Devo dire poi che non conoscevo i brani di Luigi Meneghello. Anch’io ero rimasta ai Piccoli maestri, con il popolo italiano, che poi voleva dire donne, che «difendeva il suo esercito, visto che s’era dimenticato di difendersi da sé». Sono rimasta perciò colpita da quelle sue parole: «Caduto, cioè sfasciatosi, il grottesco regime, tutti (in pratica) si misero a dirne male; e appena possibile ne rifecero una specie di copia». Da allora mi è capitato più volte di ripensarci, e ho trovato una conferma che non avrei immaginato nel libro di Ettore Damini, che non conoscevo e che sono riuscita a recuperare grazie ad amici, incuriosita ed anche ammirata da un ragazzo di Cavaso del Tomba (paese non lontano da dove abito, tra l’altro) che a sedici anni decide di attraversare da solo la linea del fronte. In quel libro, dicevo, ho trovato una conferma delle parole di Meneghello: un documento riprodotto in appendice nel libro, che ho pensato di allegare nel caso colpisse anche voi [lo riproduciamo qui sotto, Ndr], come è successo a me. Si tratta di questo: nel 1950 il sindaco di Cavaso del Tomba nega l’allacciamento all’acqua potabile al «noto sig. Marin fu Giacomo, il quale esercita nel paese il culto pentecostale, che, oltre ad essere proibito dallo Stato Italiano, urta il sentimento cattolico della stragrande maggioranza della popolazione di questo Comune». Dalle storie che ho sentito raccontare dai miei nonni che vengono da quelle parti, non stento a credere che la Giunta Comunale, come si legge in questo documento, interpretasse «la volontà della maggioranza della popolazione». Ma è vero che nel 1950 il culto pentecostale era vietato da leggi dello Stato italiano? Con la famosa Costituzione del 1948 che dedica due articoli (3 e 8) alla tutela della libertà individuale di opinione e di tutte le confessioni religiose? 

Nel ringraziare dell’attenzione, un cordiale saluto, 

Lia Botter

 

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Archiviato in:La città invisibile, Lia Botter Contrassegnato con: 8 settembre, anniversari, lettere

Interazioni del lettore

Commenti

  1. Sandra Rizzi dice

    18/10/2013 alle 08:29

    Nonostante l’abrogazione di alcuni commi della legge sui culti ammessi, ancora nel 2000, quando insieme a mio marito ero responsabile della Foresteria valdese di Venezia, ero stata contattata dalla Questura di Venezia per delle informazioni sulle “sette”. In quel periodo erano in corso indagini su “gesti satanici” avvenuti nella zona intorno a Mestre. Ci sottoposero un documento di richiesta in cui la chiesa pentecostale compariva ancora tra le “sette” e per di più nell’elenco c’erano anche alcuni nostri luoghi di culto (Padova metodista e Vicenza mi par di ricordare). Ricordo che mandai una copia del fascicolo alla Tavola Valdese, che suppongo abbia contattato il ministero degli Interni, ma non ne seppi più nulla.

  2. Giovanni Levi dice

    17/10/2013 alle 16:36

    Purtroppo nel 1950 non era ancora stata abolita la legge del 1935 che riteneva reato il culto pentecostale, forse anche perché un culto nato negli Stati Uniti e importato in Italia dagli immigrati rientrati. Non so perché in particolare i fascisti si accanissero in particolare verso questa forma di evangelismo. La legge verrà abolita solo nel 1955, mi pare da Scelba. E’ una tragica conferma della lentezza con cui l’Italia nata dalla Resistenza si è accorta di quante leggi fasciste fossero ancora in vigore. In questi giorni che si ricorda il 16 ottobre del 1943 è bene ricordare anche che uno degli assassinati alle Fosse Ardeatine era a Regina Coeli arrestato appunto in base alla legge che riteneva reato la fede pentecostale.

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