di Claudio Pasqual
L’estate dopo una primavera piovosa e fredda. Nomi e consuetudini che non cambiano; modi di chiedere l’elemosina. Cantieri e scritte sui muri. È finita la scuola. È finita anche la città industriale: i locali che frequentano adolescenti e giovani sono a Marghera, ma su sfondo di grandi navi. Una visita al convento dei Cappuccini di Mestre.
1° giugno 2013
I nomi durano più delle cose, risultano molto più tenaci. Ho ascoltato un tale, nemmeno vecchio, dire a un amico “ci vediamo dopo alla fermata dell’autobus della Standa” – da quanti anni, a me sembrano secoli, non esiste più la Standa in via Carducci?
3 giugno 2013
I tavolati di legno della recinzione del cantiere del cinema multisala in costruzione al Candiani sono ora interamente ricoperti da gigantografie realizzate in computer graphics che riproducono l’aspetto della piazza una volta terminata l’opera. In stile iperrealista, affollatissima, coloratissima, scintillante di luci, la piazza. Nessuno li ha finora violati con scritte o disegni. Qualcuno si sta già scollando.
4 giugno 2013
Costanti – o ritorni? In via Ciardi ho visto una scena che – così ho letto in un libro uscito tempo fa sulla storia del rione Cipressina – negli anni Cinquanta e Sessanta era assolutamente usuale: tre persone sedute su sedie sistemate sul marciapiede, davanti al portone della loro palazzina, a chiacchierare e a osservare chi passa.
5 giugno 2013
“Chi più spende meno spende”, è uno dei motti preferiti di mia madre, novant’anni, un repertorio sapienziale forgiato in una robusta cultura popolare: un abito a venti euro dura un anno, uno a cento dieci. Così, certe volte si crede di aver fatto economia, quand’è vero il contrario. Il concetto mi è tornato in mente oggi, svoltando l’angolo di una certa strada e avvertendo una sensazione nuova sotto i piedi. Il Comune ha fatto sistemare il marciapiede di via Giardino sul retro della scuola elementare Vecellio in Parco Ponci, ridotto da tempo immemorabile in condizioni disastrose: con una bella colata di asfalto, di quello grossolano e poroso, che assorbe subito l’acqua, peccato però che duri poco.
6 giugno 2013
Su un pannello della recinzione del multisala in costruzione al Candiani, è comparsa una scritta in vernice nera: “ci chiamavano banditi/ci chiamano teppisti/ieri partigiani/oggi antifascisti”, firmato Centro sociale Rivolta.
7 giugno 2013
Venerdì sera. Una corrente di eccitazione attraversa la città. È la vigilia dell’ultimo giorno di scuola. Bande di ragazzini scorrazzano per il centro, intere classi si sono date appuntamento per la pizza di fine anno. E siccome è il primo giorno di vero caldo di questa primavera avara di sole e generosa di pioggia, le ragazze sfoggiano short e scarpe da tennis, la stessa moda dell’estate scorsa, i maschietti scodinzolano loro attorno, il sollievo e l’allegria sono quasi qualcosa di fisico, che senti sulla pelle.
8 giugno 2013
Una delle pochissime cose in crescita a Mestre sono i plateatici. Tavolini e sedie di bar e pub – ma anche puff colorati in similpelle, sotto un portico di piazzetta Zorzetto – stanno invadendo le vie del centro. Il Comune ha bisogno di soldi, che si tiran su anche in questo modo. A me la cosa piace, tutta questa gente che chiacchiera e ride rilassata mette allegria. Certo che poi ci si allarga, e così all’imbocco di calle del Sale i tavolini arrivano a metà della strada, e bisogna circumnavigare per trovare un passaggio.
12 giugno 2013
Il Circo di Praga è ospite in questi giorni della nostra città. Dal nome, è evidente che viene dalla Repubblica Ceca. Che idea possono avere, dei boemi, di Mestre, dei suoi confini, di dove comincia e finisce la città? Probabilmente, quella di chi ha organizzato la loro tournée italiana. Sulla locandina appesa nei negozi e nelle strade la tappa è stampata in corpo grande, “Mestre”, ma la location del tendone, in caratteri più piccoli, è l’area commerciale Valecenter di Marcon.
13 giugno 2013
Strombazzare ritmato e insistente di clacson. Un matrimonio non può essere, non ci si sposa di giovedì. Metto fuori la testa dalla finestra e nella rotonda davanti all’hotel Sirio vedo un paio di auto ferme e altre sopraggiungere sventolando dai finestrini delle bandiere rosse con scritte gialle. Ripartono e altre ne arrivano, passa anche una vettura della polizia locale. Penso subito a una manifestazione sindacale o politica e constato, dopo un rapido ripasso, che in vita mia è la prima motorizzata alla quale mi capita di assistere. Mi sovviene di un mio collega, insegnante di matematica, il quale mi raccontava dei cortei in moto e imbandierati del Primo maggio, dalle sue parti, a Campagnalupia, che tuttavia all’epoca, e parlo di più di dieci anni fa, non si facevano già da un pezzo. Dal quotidiano scoprirò poi che erano i lavoratori dell’Actv, l’azienda del trasporto pubblico locale, in sciopero, e le bandiere quelle del sindacato di base che l’aveva organizzato.
14 giugno 2013
Il restauro di palazzo Bragadin in via San Donà a Carpenedo è terminato, le impalcature sono state tolte, la facciata restituita alla vista. Bello, ma non mi convincono le balconate in ferro battuto, mi sembra che stonino.
19 giugno 2013
Sulla cancellata di villa Querini vedo appeso un cartello: “Gli stessi diritti degli italiani? Sì, di respirare!”. Ricordo che qui mesi fa i lavoratori delle cooperative dell’assistenza sociale, organizzati dai sindacati di base, avevano inscenato una protesta, con gazebo, banchetti e striscioni, contro il sistema del minutaggio per il calcolo delle retribuzioni. La replica di un’identica iniziativa dell’anno scorso, nello stesso luogo e per la stessa ragione. E dunque, è spuntato a Mestre un angolo della protesta? No, il fatto è che a villa Querini hanno sede i servizi sociali del Comune e un immigrato senza lavoro protestava in quel modo perché non aveva ottenuto un sussidio; le cooperative, poi, operano per conto di quegli stessi servizi.
La coppia avanza sul marciapiede a bordo di uno di quei veicoli per non deambulanti, specie di motorino a tre ruote; lui tiene sulle ginocchia lei, sono giovani, non pensano di fermarsi mentre si baciano.
20 giugno 2013
Sono le diciotto, il fermato in corso del Popolo è ancora lì nella stessa posizione, disteso a terra ammanettato e tenuto fermo dai poliziotti, un quarto d’ora dopo il mio primo passaggio in auto. La scena è surreale, ci sono un paio di pantere, gli agenti in piedi sembrano assolutamente tranquilli, chiacchierano tra loro. Il quotidiano il giorno dopo scrive che si trattava di un indiano il quale, entrato nell’agenzia di viaggi all’angolo con via Mestrina, aveva sputato sugli impiegati, all’arrivo della polizia aveva dato in escandescenze, ed era forzato in quella postura in attesa dell’arrivo dei medici per la sedazione.
30 giugno 2013
L’antifascismo militante nelle scritte murali si esercita anche applicando la tecnica, che qualche volta per fantasia e inventiva diventa un’arte, della sovrimpressione. A Mestre ci sono dei neofascisti, ignoro se siano un gruppo organizzato o dei “cani sciolti”, che firmano i loro testi di propaganda parietale con il noto simbolo di Ordine Nuovo. Sono però inesorabilmente sorvegliati e monitorati, in un gioco che mi piace immaginare di pedinamenti, appostamenti, inseguimenti notturni – anche se con ogni probabilità si tratta di un botta e risposta asincrono, altrimenti presumo che i contendenti si affronterebbero con ben altre vergate che non delle frasi tracciate sui muri. Passano i ragazzi del centro sociale Rivolta e si divertono a storpiare quelle scritte o a modificarne il significato sostituendo lettere, sillabe, parole, locuzioni – so che sono loro perché qualche volta si firmano, e sempre c’è la freccia spezzata dentro il cerchio, che è il loro simbolo. Tempo fa, il “fenomeno inquietante” con cui si identificava un gruppo di supporter di destra del Venezia, i “vecchi ultrà”, diventava, con una “n” al posto della “et”, un “fenomeno inquinante”. Da poco in piazzale Candiani i fascisti hanno scritto “Erba: roba da conigli”, in nero, che con le opportune sostituzioni in spray verde, è subito diventata “Coca: roba da fascisti”. Ma il caso più divertente di storpiatura, ormai di qualche anno fa, quando era ancora vivo il personaggio in questione, ma che ancora si può leggere qua e là, era l’acclamazione “viva Panto!”, imprenditore e uomo politico di Meolo, che era diventata, con pochi tratti di vernice, “Viva Banfolo!”: ottavo nano locale! Da anni una scritta del genere fa compagnia a chi è in coda per imboccare il sottopassaggio dei Quattro Cantoni, provenendo dal Terraglio.
3 luglio 2013
Ore 21,15, lungo viale San Marco e via Pio X, gruppi di musulmani – li riconosco dalle donne velate. Uno è seduto fuori da un kebab, un altro è di macedoni o turco macedoni, piuttosto grosso, di uomini, donne e bambini, a un passaggio pedonale di via Pio X, stanno andando da qualche parte. Ho letto che in questi giorni inizia il ramadan.
9 luglio 2013
Argomento all’ordine del giorno sui media è la mendicità cosiddetta “molesta” in città. Li chiamano i “barbanera”, per via del loro aspetto. La mendicità è certamente aumentata e cambiata. Ha assunto caratteri inediti e coinvolto persone che non avresti detto mai. Nei parcheggi dei centri commerciali e supermercati, i ragazzi neri hanno ormai rinunciato a proporti i loro fazzoletti e mollette e cercano la moneta del carrello, offrendosi di riportarlo allo stallo e aiutando a caricare la spesa sull’auto. È cresciuto il numero di ragazzi africani che agli angoli delle vie chiedono l’elemosina, il cappello in mano. Questo in centro, dove mi pare di avere colto la comparsa di un fenomeno prima dei quartieri periferici di case e villette, l’ambulante che va di porta in porta ma si accontenta di un piccolo obolo; solo che in centro, dove ci sono più palazzi che case, le visite riguardano i negozi. E comunque oggi ho fatto un incontro inaspettato e che mi ha impressionato. Mi ferma sul marciapiedi una donna sulla sessantina, capelli corti grigi, vestito a fiorellini blu, certamente straniera. A vederla, sembra una delle tante badanti dei nostri vecchi. Però mi ferma, “signore”, poi balbetta “una signora …” e apre una borsa di carta. Mi mostra due pacchetti di cracker e un sacchetto di pane. Le dò due euro. Mi ringrazia e prosegue sul marciapiede, la osservo allontanarsi, cammina lenta e un poco curva.
14 luglio 2013
Ho visto i “barbanera” nella loro dimora notturna. In via della Pila a Marghera, nella prima zona industriale, vicino al cavalcavia che porta a Mestre. Mia figlia vuole andare a una festa in un locale che sta da quelle parti e io l’accompagno. Sono le nove e tre quarti di sera, per terra sotto la tettoietta del capannone abbandonato dove c’era l’ingrosso “Cash&Carry” è stesa contro il muro una lunga fila di materassi e stazionano tanti uomini e donne, qualcuno sdraiato, qualcuno è seduto, altri chiacchierano. Un po’ più in qua noto un altro gruppo, ma non sembra avere a che fare con i “barbanera”, stanno per conto loro, e sono motorizzati, hanno un furgoncino e un’automobile.
La zona industriale è diventata un posto di ritrovi pubblici, di discoteche: il Molo Cinque, con piglio razionalista definito “Spazio Polifunzionale”, o altrimenti “dinner and dance”, in linea con la più modaiola imitazione anglosassone, in via dell’Elettricità, nell’edificio del vecchio dopolavoro Italsider; il Pop Corn Club in via della Pila. Porto Marghera, da fabbrica di oggetti reali, corposi, concreti, a fabbrica di materiali eterei ed evanescenti, suoni ed effluvi alcolici; dalla fatica e alienazione del lavoro operaio al divertimentificio adolescenzial-giovanile.
24 luglio 2013
Un mare di cantieri. Galleria Barcella e la multisala al Candiani. Il tram in più luoghi, San Giuliano, piazzale Cialdini, il tunnel sotto i binari alla stazione ferroviaria. La città tappa i buchi delle sue strade, diventati ormai delle voragini: in via Giuliani ed Einaudi si rifà l’asfalto. È quasi finita la ristrutturazione della piazzetta davanti al supermercato Cadoro in via Ca’ Rossa: sparita la fontana sempre all’asciutto e ricettacolo di rifiuti, scomparse la macchie di arbusti, adesso un’aiuola centrale che un giorno immagino adorneranno con fiori, e vialetti. Procedono i lavori per la pedonalizzazione di via Costa nel tratto a est di corso del Popolo. Dove da poco è aperto un cantiere per la posa di alcune tubature.
25 luglio 2013
Manca poco alle nove del mattino e aspetto di entrare a Vez, la nuova biblioteca civica di piazzale Donatori di Sangue; sono qui per prendere a prestito un libro. Davanti alla scalinata sono in attesa altre persone. Un paio di loro ha con sé grossi sacchi di plastica pieni di cose, penso proprio che siano dei senzatetto, di quelli che girano tra il piazzale e la mensa di Ca’ Letizia. Entriamo, fuori fa un gran caldo, dentro funziona l’aria condizionata.
16 agosto 2013
Un lucchetto, uno, grosso, è agganciato al parapetto del ponte sul Marzenego in via Einaudi: è una casualità o i “lucchetti dell’amore” sono sbarcati anche a Mestre? (su un ponte così anonimo!).
20 agosto 2013
La lapide che ricorda Sergio Gori, il vicedirettore dello stabilimento Montedison di Porto Marghera ucciso dalle Brigate Rosse nel 1980, piantata in un’aiuola davanti alla sua casa in viale Garibaldi, è stata ripulita. Prima, ricoperta di una patina grigiastra e quasi illeggibile, risultava praticamente invisibile, si confondeva con il terreno dello stesso colore. Adesso è di un bianco candido che cattura lo sguardo, non si può fare a meno di notarla. Io in quell’istante ho ricordato, c’ero, sapevo: e gli altri?
7 settembre 2013
Festival della politica a Mestre, organizzato dalla Fondazione Pellicani, terza edizione. Forte partecipazione, superiore agli anni precedenti. Pubblico molto attento e coinvolto. Non c’erano politici, nessuno di loro è stato invitato. Se ci fossero stati, sono sicuro che le platee sarebbero state molto meno folte.
9 settembre 2013
Via dell’Elettricità, ore 22, una folla assiepata sui due lati della strada. Non sono operai in attesa che cominci il turno di notte, sono centinaia di adolescenti in procinto di entrare alla discoteca Molo Cinque.
13 settembre 2013
Dimentico l’apposita carta nella fessura della macchina erogatrice dell’acqua minerale, nella “Casa dell’acqua” fuori del supermercato Coop “Mestre Campo Grande” in zona Auchan. Il ragazzo nero che sta lì con moglie e figlio piccolo a chiedere qualche soldo ai clienti, e al quale su sua richiesta ho dato un po’ d’acqua, mi chiama indietro, e così la donna, per restituirmela.
20 settembre 2013
Oggi sono entrato nel convento dei cappuccini di Mestre, luogo chiuso al pubblico a eccezione della chiesa e della mensa dei poveri e sul quale avevo più volte fantasticato. Me ne ha dato modo il terzo appuntamento del ciclo di incontri del “Settembre mestrino solidale” alla Casa del Volontariato di via Brenta Vecchia, dedicato alla storia di questa comunità religiosa mestrina e che prevedeva appunto una visita al convento. A guidare la nostra piccola comitiva c’era frate Remigio, l’archivista – Mestre è la sede della Provincia Veneta, che comprende il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, e qui si conserva l’archivio provinciale. L’insediamento cappuccino risale a inizio Seicento ma l’attuale complesso conventuale è del 1962. A progettarlo è stato un architetto friulano, Cerutti di Udine, e si tratta di opera molto solida: un altro edificio cappuccino dello stesso professionista in Friuli, ci raccontava fra Remigio, non ha subito alcun danno dal disastroso terremoto del 1976. Il docente dello IUAV che ci accompagnava faceva notare che le colonne binate semicircolari in calcestruzzo del porticato claustrale, lisce sulle fasce interne piatte e granulate su quelle esterne curve, sono una buona soluzione architettonica; però a me sono parse bruttine. Il giardino del chiostro, spartito da due vialetti ortogonali, ha una magnolia in ciascuna delle quattro aiuole e una finta vera da pozzo in cemento e dipinta d’azzurro al centro; è curatissimo, l’erba ben rasata, non c’è una foglia a terra; un frate con la passione del giardinaggio lo tiene costantemente in perfetto ordine, di sua spontanea volontà (l’ordine mendicante – i cappuccini appartengono alla famiglia francescana – non prevede l’obbligo del lavoro). Del parco sul retro del convento, i mestrini possono vedere dall’esterno, da via Cappuccina, oltre il muro di cinta in mattoni un pezzo del quale è tutto quanto rimane dell’antico complesso, le chiome degli alberi; noi visitatori abbiamo scoperto che al suolo ospita, credo, le ultime tartarughe indigene di terra sopravvissute, sostituite da quelle d’acqua di specie esotiche, di cui poi la gente stufa si sbarazza abbandonandole nei laghetti pubblici. Un frate se l’è prese a cuore, una l’abbiamo anche vista, l’ultima volta m’era successo da ragazzino. In chiesa, tra vari dipinti di scarso interesse artistico e assieme all’icona della Madonna del Don trovata, a quanto si racconta, da un cappellano militare durante la ritirata italiana di Russia, notevole è un Cristo ligneo del Quattrocento – ci sono anche queste cose a Mestre, ma quanti lo sanno? – e il fatto che il coro è stato costruito con il legname del soffitto a capriate della precedente chiesa secentesca demolita. Per ultimo siamo stati nel refettorio della mensa dei poveri. Ambiente luminoso, tavoli di formica, seggiole girevoli di plastica rossa, il bancone self-service su un lato della sala. Su una parete, la foto dell’inaugurazione con Cacciari sindaco. A gestire la mensa sono i frati per la parte amministrativa e un’associazione di volontari cattolici per quella operativa. Il servizio funziona grazie alle donazioni di benefattori, compresi alcuni supermercati con le merci invendute – il più munifico, regolare nei suoi contributi, è un allevatore di polli del Veronese. Qui si offre il pranzo – colazione e cena sono garantiti dalla Caritas a Ca’ Letizia – a circa 150 persone. Per regolare l’accesso ed evitare discussioni e litigi, all’entrata distribuiscono un numerino. La responsabile dice di sapere che alcuni non avrebbero necessità della mensa, ma anche la socialità è importante. Fino a qualche tempo fa gli ospiti erano in prevalenza stranieri, adesso invece la maggioranza è di italiani.
24 settembre 2013
Due ragazzi lavano il loro cane con il sapone attingendo l’acqua nella fontana del parco di via Einaudi. Sono assieme a una ragazza, hanno grossi zaini, li avevo notati nel parco anche il giorno prima. La vasca biancheggia di schiuma.
26 settembre 2013
Topografia delle tribù urbane mestrine. Gli “sprizzettari”, in realtà non propriamente una tribù ma un gruppo socialmente e antropologicamente eterogeneo, all’esterno delle mescite più gettonate. I dark sopra e attorno ai blocchi di marmo della fontana chiusa di via Ferro, dietro piazza Ferretto. I bevitori di birra, “scacciati” dal Candiani dai lavori di ristrutturazione del piazzale, emigrati in un angolo del parco di via Einaudi, vicino al fiume e appartato, e decisamente più numerosi, mi sembra, di quando stazionavano davanti al supermercato Alì.
27 settembre 2013
Si moltiplicano i cartelli di “svuoto tutto” e “cedesi attività” sulle vetrine dei negozi.
29 settembre 2013
La nave da crociera, alla Fincantieri, è quasi terminata. Costa Diadema, si chiamerà, e sarà la nuova ammiraglia della Costa Crociere. Altissima, imponente, vista di notte dal cavalcavia di Marghera offre uno spettacolo suggestivo, tutta illuminata, dà l’impressione che solchi già il mare, la folla dei passeggeri a bordo. Il Titanic. Grandi navi. Quando si dice il paradosso: sono stati fatti anche a Venezia i giganti che attraversano pericolosamente il bacino di San Marco.
30 settembre 2013
Falsa pista, il lucchetto sul ponte è rimasto l’unico.