di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Quinto appuntamento con il filosofo francese Alain letto e tradotto da Giacomo Corazzol.
Piccoli cambiamenti, di Alain
Nessuno si è scelto i propri genitori né, a ben vedere, i propri amici. Nessuno ha scelto d’essere grosso o esile, biondo o bruno. Una delle condizioni più saldamente stabilite della nostra esistenza è che dobbiamo accettare di partire da una situazione di fatto e lavorare a partire da quella. Se ho una cattiva memoria, recriminare non serve a nulla: devo solo renderla passabile. Se ci sento poco da un orecchio, quando attraverso la strada dovrò guardare con più attenzione da quel lato. L’indignazione non serve a nulla. Questa idea è familiare a tutti. Ciascuno di noi comprende facilmente che la nostra natura, ciò che la circonda – tutto questo è sempre già dato e non può essere cambiato come un abito: bisogna accontentarsi di modificare un poco queste condizioni imposte. L’esperienza mostra che le modifiche che dipendono da noi sono assai tenui in confronto alla struttura e all’organizzazione dell’insieme; l’esperienza però mostra anche che tali modifiche sono quasi sempre sufficienti. Tra l’umore peggiore e quello migliore la distanza è brevissima. A volte, per dare una sfumatura diversa a una giornata, basta cambiare atteggiamento, trattenere un gesto o una parola. Tra una nota suonata in modo corretto e armonioso e una eseguita in modo sbagliato o sgradevole, tra una bella linea curva e un profilo sgraziato, la differenza è minima. Questa è, per sommi capi, l’idea virile della necessità e della potenza; ed è un’idea puerile voler cambiare la forma di un violino invece di imparare a usarlo come si deve.
La stessa idea non è affatto comune in politica. Capita spesso che, riflettendo su mali fin troppo evidenti come l’ingiustizia o la guerra, subito ci si immagini un cambiamento totale in seguito al quale tutto andrà per il meglio. Anche qui però ci si trova di fronte a una natura già data e, ciò che più conta, inflessibile. Che la necessità politica ci vincoli meno strettamente di qualsiasi altra necessità e che cambiare la costituzione del proprio paese possa essere più semplice di mutare la forma del proprio naso sono cose entrambe inverosimili. E, come bisogna vivere secondo la struttura imposta dall’ordine biologico, così si ha da vivere politicamente sulla base di una struttura delle relazioni umane che non abbiamo affatto scelto. A questo proposito indignarsi è all’incirca altrettanto ragionevole quanto inveire contro il freddo, la nebbia o un marciapiede ghiacciato.
Il fabbro si sottomette al ferro; un marinaio si sottomette al vento, alla corrente e all’onda lunga. Ma, in questo mondo resistente, un animale industrioso sa trovare un punto d’appoggio. «L’uomo domina la natura soltanto obbedendole» [Francesco Bacone, Organum novum, libro I, aforisma 3: «Natura enim non nisi parendo vincitur», NdT]: la massima è nota, ma bisognerebbe applicarla alla politica. Così questa energia irlandese, meglio impiegata, sarebbe senz’altro sufficiente a modificare un regime palesemente imperfetto fino a renderlo sopportabile. Insomma, una buona costituzione differisce assai poco da una cattiva, così come un colpo di timone ben assestato differisce assai poco da quello che fa finire la nave sotto l’onda. È solo che non vogliamo seguire l’analogia: vogliamo pensare che il mondo umano, flessibile solo all’apparenza, possa essere trasformato sulla base di un’idea. Facciamo caso soltanto alle passioni: speranza o paura – cose instabili. Non vogliamo vedere tutte quelle necessità geografiche, economiche, biologiche che, se cedono, lo fanno solo per ripresentarsi. Per fare una traversata sono necessari milioni di colpi di timone che non cambiano minimamente l’Oceano; ma arrivate sani e salvi. Analogamente, la prudenza politica di tutti, esercitata per mezzo di piccoli cambiamenti, come abbandonare un giornale a favore di un altro, può molto e anzi è tutto quel che serve. Tuttavia, se il direttore del giornale che leggete ragiona in un modo che non vi aggrada, la cosa ancor migliore è scrivergli. Invece di dire che è inutile, provateci.
15 dicembre 1921
[Tratto da Alain, Propos sur les pouvoirs, Gallimard, Paris 1985, pp. 273-275, traduzione di Giacomo Corazzol; il titolo è redazionale]
Elena dice
La politica vista come un fenomeno naturale mi fa davvero rabbrividire. Per non parlare del concetto di "obbedienza". Ma stiamo scherzando??? Ora mi direte pure che le istituzioni si cambiano da dentro?!
Carlo dice
Mi piace la traduzione, ma ancora di più, la scelta del pezzo.
Ciao a tutti.