di Alain, a cura di Giacomo Corazzol
Da qualche mese il nostro amico Giacomo Corazzol ci consiglia di leggere i propos del filosofo francese Alain (pseudonimo di Émile-Auguste Chartier, 1868-1951). Sono testi brevi, che nascono dall’osservazione e dall’esperienza quotidiana: Alain ne scrisse migliaia, uno al giorno durante circa un trentennio, con una pausa dovuta alla prima guerra mondiale. Oggi allarghiamo questo invito ai lettori del nostro sito, cominciando a pubblicare il propos intitolato La preghiera. Giacomo Corazzol ce ne ha promesso altri. Nella maggior parte dei casi si tratterà della prima traduzione italiana: Alain infatti resta un autore poco conosciuto e poco tradotto nel nostro paese – è facile accorgersene consultando l’opac sbn per esempio. Chi fosse curioso non avrà comunque difficoltà a trovare notizie anche in italiano sulla sua biografia e sulle sue opere. Proveremo anche noi a dare, di tanto in tanto, qualche informazione, a cominciare dalla breve nota che si trova in fondo alla traduzione.
Presentazione, di Giacomo Corazzol
Usare lo sguardo di un filosofo-giornalista autore di migliaia di articoli entrati ormai nella storia della letteratura francese per cogliere alcuni fatti, avvenimenti, fenomeni, angosce e disagi di oggi. Sulla base delle sollecitazioni offerte dall’attualità o dall’esperienza quotidiana ci proponiamo dunque di offrire alcuni dei suoi propos, brevi testi di due-tre pagine su temi di politica, attualità, economia, costume, religione, letteratura, filosofia, etica, estetica e pedagogia, che Alain (pseudonimo di Émile-Auguste Chartier, 1868-1951) scrisse e pubblicò a cadenza giornaliera su vari quotidiani francesi tra il 1906 e il 1914 e, dopo la guerra (alla quale, benché pacifista convinto, partecipò per ragioni che vanno cercate nel suo pensiero), tra il 1921 e il 1936. Già durante la sua vita, molti di questi propos iniziarono a essere pubblicati in volume, selezionati e raggruppati intorno a temi specifici. Attualmente in Francia si trovano riproposti sia in edizioni tascabili che in edizioni più pregiate (nella collana “La Pléiade” sono apparsi due volumi che raccolgono un totale di circa millequattrocento propos). In anni recenti l’Association des Amis d’Alain ha realizzato un’edizione scientifica integrale dei propos pubblicati tra il 1906 e il 1914.
Da un sito della Université du Québec è possibile scaricare vari titoli di Alain in formato digitale.
(g.c.)
La preghiera, di Alain
Riflettendo sui miracoli della volontà, mi intrattenevo nel ricordo con il compagno Dubois. Ripercorrevo i movimenti del suo pensiero, il mutare delle sue opinioni, le esperienze che attraversò nell’arco di una decina d’anni, all’epoca delle Università Popolari. Era un uomo indomabile e intrepido, curioso di tutto e fermamente deciso a vivere umanamente. Lo conobbi socialista, rivoluzionario, anarchico; sempre sincero con se stesso e con tutti; privo di qualsiasi dolcezza, non sopportava che l’ordine umano non fosse conforme ai suoi giudizi impazienti, imperiosi, infuocati. Ora, con l’avanzare degli anni, promosso a capofamiglia per effetto delle leggi biologiche, le quali si beffano dei nostri giudizi, si ritrovò a essere parte di un’organizzazione naturale – il che fece sì che le sue concezioni politiche fossero ricondotte dal discorso all’esperienza pratica. È il destino riservato a ogni nostra concezione, quale che ne sia l’oggetto.
È relativamente facile sapere cosa bisogna insegnare a un bambino. Il bambino, però, non è una cosa astratta: attenzione e lavoro sono legati a questa macchina umana le cui reazioni sono complicate, indirette e quasi sempre imprevedibili. La natura di ciascuno di noi si sviluppa secondo un percorso sinuoso, e questo perché tutte le cose sono legate l’una all’altra e perché l’età porta con sé nuove risorse ma anche nuovi ostacoli. Un gomitolo aggrovigliato il cui filo, sbrogliato in un punto, subito s’imbroglia in un altro dà un’idea seppur esile dell’essere umano in formazione o al lavoro. È impossibile che un uomo non sia agitato da passioni. L’impazienza, i rimproveri, tutti i moti convulsi dell’educatore esprimono assai male i suoi sentimenti, specie se è padre; e, come è noto, l’amore è tiranno. Opponendosi a tutto ciò, quel piccolo fascio di muscoli, incapace di governarsi e cionondimeno ribelle a ogni tentativo di governarlo dall’esterno, si chiude, si contrae, si arrabbia. Poi, per reazione naturale, si rilassa, si distende, si mette in ozio – in entrambi i casi senza memoria, si direbbe quasi senza cuore, comunque inafferrabile. È questa la prova naturale a cui deve sottoporsi qualsiasi progetto e qualsiasi riforma nel momento in cui ci si proponga di modellare l’ordine umano, così strettamente affine alla vita. Mi limito a indicare le reazioni che avvengono tra fratelli, tra il bambino e la madre, tra marito e moglie. Questa piccola repubblica dava di che pensare al suo energico governo: il compagno sentiva la potenza delle passioni nelle persone che gli erano più vicine, in se stesso, nel suo piccolo mondo. Fu così che, verso i trent’anni, questo ardito riformatore comprese che doveva per prima cosa governare se stesso. Una svolta saggia. Perché c’è da credere che, se tutti i cittadini governassero passabilmente le loro passioni, gli affari pubblici sarebbero temperati e ragionevoli. In compenso, è certo che, se i cittadini si governano male, l’ordine pubblico volge al peggio, qualunque sia la Costituzione.
Fu allora che vidi il compagno Dubois alle prese con se stesso e alla ricerca della saggezza. Disprezzando del tutto la nostra morale, che si dimentica delle passioni, dovette trovare sul suo cammino un salutista [cioè un membro dell’Esercito della Salvezza, NdT] che volle insegnargli a credere e a pregare. «Capite? – mi diceva il compagno Dubois, – io sono impaziente e intrattabile mentre vorrei imparare la pazienza e la dolcezza. Ma dove andarli a prendere? Ecco, loro mi hanno dato dei consigli. Ogni mattina e ogni sera, per cinque minuti, chiedo pazienza e dolcezza. A chi? Non credo né a Dio né al diavolo. Ora, dicono che questo non ha grande importanza. Dunque chiedo. E quello che è ancor più stupefacente è che ottengo. Allora avviene in me un grande cambiamento. Non solo mi libero della violenza interiore, ma ho l’impressione di liberarne anche gli altri: i miei figli hanno più fiducia in me, lavorano meglio, riescono meglio nelle cose; anche il lavoro è come se procedesse da solo. Tutto mi sorride. Per la prima volta capisco cos’è una religione e come le persone arrivino a sentire l’aiuto e la grazia di Dio con la stessa chiarezza con cui io vedo voi in questo momento». Si rendeva conto della trappola – e non vi cadde. Era grande abbastanza da saper giudicare i miracoli e da non credere mai a nulla se non alla propria volontà.
27 giugno 1921
[La prière, in Alain, Vigiles de l’ésprit, Gallimard, Paris 1942, pp. 25-27, traduzione di Giacomo Corazzol]
Nota
Alain per vivere insegnava a scuola, secondo un classico curriculum francese: École Normale Supérieure, concorso di Agrégation in filosofia, quindi professore prima nei licei di provincia e poi, dai primi del Novecento, a Parigi. I suoi propos uscirono dal 1906 al 1914 sul quotidiano locale La Dépêche de Rouen et de Normandie, la regione in cui era nato (più precisamente nella cittadina di Mortagne-au-Perche, nell’Orne).
In Italia qualcuno si accorse di lui negli anni Venti. Nel 1921, Alberto Savinio aveva scritto una recensione di Mars, ou la guerre jugée, requisitoria antimilitarista e pacifista di Alain, che era stato soldato (caporale) durante la prima guerra mondiale. Nel 1927, Sergio Solmi (1899-1981) scrisse un saggio rimasto famoso per la rivista “Il Convegno”, poi rivisto e pubblicato in volume nel 1930 (e quindi ristampato nel 1945 e nel 1976; ora si legge in Sergio Solmi, Saggi di letteratura francese, I, a cura di Giovanni Pacchiano, Adelphi, Milano 2005, pp. 13-90). Alain era già entrato negli ambienti antifascisti legati a Piero Gobetti, che nel 1925 pubblicò nella sua rivista “Il Baretti” la traduzione di qualche propos, a cura di Luigi Emery, sotto il titolo I ragionamenti di Alano. Dopo la morte, avvenuta nel 1951, gli allievi di Alain resero omaggio al maestro in un numero speciale della “Nouvelle Revue Française”; Solmi fu chiamato a prendervi parte, e a sua volta invitò Carlo Levi. In un articolo intitolato Le sublime quotidien, Levi scrisse, tra le altre cose, della meraviglia suscitata in lui dalla prosa di Alain, e qual era il suo stupore nel constatare che nessuno dei critici del suo Paura della libertà (scritto negli anni Trenta, ma uscito solo dopo la guerra) si fosse accorto dei rapporti evidenti che esistevano tra quel libro e il pensiero di Alain.
(red.)