di Piero Brunello
È una composizione di oggetti allestita nel corridoio d’entrata di una casa in Villaggio San Marco, a Mestre. La composizione è stata costruita un po’ alla volta dalla persona che vive in casa nel corso degli ultimi venti anni, a partire grosso modo dal 1992. Prima di allora alla parete erano appesi solo i tre piatti: due sono souvenir e uno ha il ritratto di papa Giovanni XXIII. Lì sotto si sono via via aggiunte epigrafi e foto di persone care defunte, a cominciare dai genitori e dalla moglie. Le fotografie più vecchie, tolte dall’album di famiglia, risalgono agli anni precedenti alla Prima guerra mondiale e raffigurano i nonni materni.
Si comincia con una fotografia, sopra un mobile di casa oppure alla parete. Un po’ alla volta se ne aggiungono delle altre. All’inizio una foto può essere infilata ai bordi di uno specchio o tenuta ferma con una puntina da disegno, ma col tempo tutte le foto pretendono la loro cornice. Alla fine si ha una composizione: un ritratto in evidenza al centro, e tutti gli altri disposti in alto o in basso, sulla destra o sulla sinistra, con una simmetria che si adatta allo spazio prescelto. Alcune composizioni sono allestite in camera da letto sopra il comò, e sono private. Altre invece sono in entrata, in cucina o in salotto, e sono rivolte anche agli ospiti.
Ho detto “un po’ alla volta” e “col tempo”. In realtà ci sono momenti precisi in cui una foto esce dall’album o dalla scatola per finire in bella mostra. Questi momenti sono le fasi della vita delle persone di famiglia – la nascita dei figli, l’uscita di casa per abitare altrove o per formare una nuova coppia, il servizio militare, il ritorno a casa, la morte.
È soprattutto quest’ultima a presiedere alla composizione di ritratti. È allora che la fotografia della persona morta lascia le altre foto con cui è conservata e cerca uno spazio tutto per sé. I morti ritornano benevoli. I legami spezzati si ricompongono. Le generazioni separate s’incontrano nuovamente.
Ho detto “si comincia”, ma quando? Fin da piccoli si impara che ci sono cose che non si possono buttare, ma è solo a un certo punto che si cerca in casa un’edicola, una nicchia, una mensola, una cornice, un ripiano in cui collocare gli antenati. Si comincia insomma a una certa età, in seguito a un dolore o al venir meno di un rapporto.
Dicono che la memoria si fondi sulla cancellazione, sull’oblio. E infatti non tutti gli antenati trovano posto nella composizione. Alcuni perché non hanno mai avuto un loro ritratto. Altri perché sono esclusi dal ricordo. I parenti, come si sa, non si possono scegliere, gli amici sì. Si scelgono anche le genealogie. Ci sono vedovi che dispongono il ritratto della moglie sopra il comò, e poi ripongono in un altro angolo della casa, uno accanto all’altro, solo i ritratti della propria famiglia di origine o di persone care della propria giovinezza. Ci sono vedove che collocano al centro la foto del marito, e poi da un lato gli antenati della propria famiglia paterna e dall’altro lato quelli della famiglia del marito. Ma in ogni caso non tutti gli zii o i cognati vi trovano posto, solo alcuni.
Gli antenati non sono i capostipiti della famiglia, più o meno leggendari, ma persone di cui si ha un ricordo personale, a volte vago o mediato dal racconto di una persona più anziana. I ritratti risalgono perciò alla generazione dei genitori, dei nonni e raramente dei bisnonni. Mettendo assieme persone che si sono incontrate da vive, chi alla fine della vita e chi all’inizio, ecco riunite tre o quattro generazioni. Col tempo, i ritratti cambiano. Le persone vissute prima cedono il posto a quelle venute dopo. Ma le composizioni restano, ogni generazione ha la sua.
Accanto ai ritratti delle persone care possono prendere posto un santino, un’icona, un quadro, una statua di madonna o di un santo. Sono esseri che hanno il loro culto anche nelle chiese, ma in casa sono legate alla storia della famiglia, e quindi non chiedono riti pubblici, solo un tono e un atteggiamento confidenziale. Ricordano una persona, un viaggio o un momento particolare; spesso sono regali. Come gli antenati, sono esseri benevoli, proteggono la casa e seguono la famiglia nei traslochi.
Come avranno fatto prima dei dagherrotipi e delle fotografie? Avranno messo in mostra o in un cassetto un centrino ricamato, un libro di preghiere, un orologio, una ciocca di capelli, una lettera dalle Americhe?
Nota. Tranne il primo capoverso, che descrive la composizione, il testo riprende Piero Brunello, Si comincia con una fotografia / It begins with a photograph, in Maria Morganti, Un diario tira l’altro. Diari incrociati/One diary leads to another. Crisscross diaries, Corraini, Mantova 2010, pp. 45-46. Si ringrazia Maria Morganti per aver permesso la pubblicazione nel sito di storiAmestre.