di Ruggero Zanin
Sul tema aperto da Claudio Zanlorenzi e proseguito da Anna Di Qual, riceviamo e pubblichiamo un intervento di Ruggero Zanin.
La questione del recupero delle scritte fasciste dà la possibilità di avviare un dibattito, a mio avviso, molto interessante. Personalmente mi sono posto la seguente domanda: “Perché mai ho approvato e apprezzato il recupero delle scritte fasciste a Forte Mezzacapo e mi trovo invece a essere contrario alla scelta analoga fatta nel paese di Sutrio?”.
Conoscendo bene chi ha deciso il restauro delle scritte di Forte Mezzacapo, sono stato chiaramente condizionato anche dalla conoscenza delle sue buone intenzioni. Ma questo, evidentemente, non costituisce un criterio oggettivo di giudizio, che invece dovrebbe fondarsi su elementi di valutazione e parametri verificabili. Provo allora ad abbozzare tre elementi di valutazione che mi sembrano particolarmente rilevanti.
1. Il restauro in sé, che a mio avviso deve essere condotto con criteri di tipo “conservativo” e non “ricostruttivo”. In realtà si tratta di un grosso problema, che interessa, per esempio, il recupero di trincee e di manufatti della Grande Guerra che a volte, alla fine del restauro, appaiono sin troppo “spettacolari”. Naturalmente bisogna anche tener conto delle motivazioni, magari didattiche, che stanno alla base di certe scelte. Per fare un altro esempio: il restauro di una bicicletta d’epoca va fatto utilizzando esclusivamente pezzi originali – e mantenendoli nelle condizioni in cui si presentano, oppure intervenendo su essi con vernici e solventi moderni? – oppure è possibile ricostruire i pezzi mancanti? e tali pezzi vanno “segnalati”, oppure vanno il più possibile uniformati al resto della macchina? Sulla base di queste considerazioni, giudico ottimo il restauro di Forte Mezzacapo e mi lascia invece molto perplesso quello che ho letto su Sutrio.
2. Il contesto in cui va a inserirsi il restauro, in quanto l’oggetto restaurato deve in qualche modo rendersi “plausibile” in riferimento all’ambiente circostante. Vale la pena restaurare la scritta sulla parete esterna di una casa, quando il contesto risulta totalmente estraneo al significato che originariamente poteva avere quella scritta? o addirittura fornire ad essa un nuovo significato? Mi è capitato, per esempio, di considerare la sorte di un gran numero di graffiti e murales che costellavano il muro di cinta di una vecchia fabbrica di Porto Marghera; ora, abbattuta la fabbrica, innalzati nuovi edifici con finalità del tutto diverse da quelle che caratterizzavano un tempo quel sito, avrebbe ancora senso conservare quei segni carichi di memoria ma adesso totalmente decontestualizzati? Dal mio punto di vista, il contesto rappresentato da Forte Mezzacapo è ideale per rendere possibile una comprensione autentica delle scritte fasciste che, viceversa, nel contesto di una qualsiasi strada di un qualsiasi paese risulterebbero del tutto anacronistiche (o peggio). Naturalmente un luogo può essere anche ricontestualizzato; è il caso della Risiera di San Saba che, con l’erezione di una vera e propria barriera in cemento, è stata isolata dall’anonimo quartiere che si trasformato intorno a essa, riacquistando così una sua “interiorità”.
3. Il co-testo, che indica la particolare “con-sonanza” che si crea tra l’oggetto restaurato (in questo caso una scritta) e il luogo specifico in cui tale oggetto è inserito. Essi devono “suonare insieme”, come accade nel caso di Forte Mezzacapo. Non è una semplice questione di “inserimento” nell’ambiente, ma di “consonanza storica”, per cui il Forte riesce a far risuonare dentro di sé i racconti legati ai segni del tempo e alle cicatrici che lo ricoprono. Qui, a mio avviso, si gioca anche il senso e l’importanza della memoria, che permette di rendere “comprensibile” anche la follia e la tragedia. A questo proposito, ne Le città invisibili di Italo Calvino si trova scritto: “Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole”.
Tommaso dice
Più che un commento è una segnalazione. Dal sito web del Mattino di Padova (ai lettori propongono addirittura un sondaggio):
Il “Duce” salvato a Palazzo Dolfin alla Stanga
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/01/05/news/il-quot-duce-quot-salvato-a-palazzo-dolfin-alla-stanga-1.6298253