di Fabrizio Zabeo
È l’orologio da tasca – completo di custodia, catenella e cordoncino per legare catenella e custodia – che ho ricevuto nel 1974 da mio nonno materno. Il cordoncino è diventato rosso mattone perché è impregnato delle “terre rosse” di Lorena, la regione del Nord-est della Francia che è stata una zona mineraria importantissima: si estraeva soprattutto ferro.
Mio nonno faceva appunto il minatore, come già suo padre e molti altri membri della famiglia. Nato nel 1909 a Seren del Grappa, Enrico Boz – questo il suo nome per l’anagrafe ma i parenti e gli amici stretti lo chiamavano Quinto – era emigrato una prima volta a 18 anni e poi, dopo un breve rimpatrio, definitivamente nel 1937 a Volmeranges Les Mines, da dove non rientrò più, a parte qualche vacanza da noi, che dal 1961 abitiamo a Favaro, o dalle sorelle a Seren.
In tutto si fece 36 anni di miniera, prima della pensione nel 1964. Stando ai racconti di famiglia, l’orologio lo accompagnò per almeno una ventina d’anni, protetto dalla custodia che a me sembra il vero miracolo di questo oggetto. Se la si osserva nei dettagli si può riconoscere l’usura del tempo e la corrosione degli anni, persino il vetrino è riuscito a ingiallire colpito anche lui da una qualche forma di silicosi. Dentro, un orologio che sembra tuttora nuovo di zecca. Di mezzo c’è anche tutto l’amore per la precisione, un altro dei legami che esistono tra me e mio nonno. Riconsiderando il cordoncino che prolungava la catenella si può immaginare quale fosse l’aria che li sotto veniva respirata e le conseguenze per quei poveri polmoni.