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Libri di conti (anni Sessanta-Ottanta)

30/09/2012

di Filippo Benfante

   

 

Sono due dei libri di conti che teneva mia mamma. Quello ad anelli, formato A5 con una copertina-custodia di tela a fiori che si chiude con un bottone, comincia con un frontespizio: “Libro dei conti”. Contiene annotazioni dal 1971 al 1988 relative a sintesi di entrate e uscite, situazione di conto corrente e risparmi. Sono segnate le spese eccezionali, per esempio un motorino nel 1977; la tv a colori e un viaggio a Parigi nel 1978; la quota per il rifacimento della facciata del condominio nel 1979; una gita a Firenze nel 1984; ecc. Per gli anni Settanta ci sono anche i bilanci preventivi che mia mamma faceva a inizio anno, con i relativi scarti a consuntivo. Non escludo che siano andati smarriti dei fogli per colpa di fori rotti.

Quello a spirale, formato A4 con copertina marrone di cartone, è un contenitore di oggetti: si direbbe l’inventario di un corredo mentre si faceva (mia mamma si sposò nell’aprile 1962); è suddiviso per stanze (cucina, soggiorno, sala da pranzo, camera, cameretta, bagno) di una casa che non ho conosciuto, mentre alla pagina “Varie” si trovano accessori e piccoli elettrodomestici; accanto alla descrizione dell’oggetto ci sono la quantità, la data di acquisto, il prezzo.

Mia mamma seduta al tavolo, quadernetto o blocco ad anelli, calcolatrice, sigaretta e penna in mano: è una delle immagini più nitide quando interrogo i ricordi. Negli anni Novanta mia mamma decise di far spazio in casa: via pacchi di quadernetti e quelle agende di casa che si usavano una volta, annotazioni giorno per giorno (ma dalla quantità, si capisce che preferiva fare su quaderni). Non smise mai di tenere i conti, fino all’ultimo (non dico buttar via gli ultimi scontrini, fermo immagine di vita quotidiana). Ma da un certo punto in poi – i figli grandi, fuori casa e indipendenti, una minore esigenza di risparmio e controllo –, lo fece in modo meno sistematico e preciso.

All’epoca del primo repulisti (mia mamma deve averne fatti altri negli anni seguenti), io studiavo storia all’università: qualcuno mi aveva spiegato che i libri contabili sono magnifici come fonte quando le serie sono complete, altrimenti servono il giusto. Ma ne scelsi solo alcuni, senza pensarci troppo. A furia di viaggi tra soffitta e garage, al momento di chiudere definitivamente casa di mia mamma ne sono rimasti solo due.

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