di Lucio Brunello
Riceviamo e pubblichiamo la prima risposta alla nostra richiesta di ricordi sull’alluvione: il 4 novembre 1966 visto con gli occhi di un bambino, con finale a sorpresa.
Da tempo i miei genitori avevano deciso che nella settimana dal 1° al 4 novembre 1966, mio zio Mario di professione muratore, sarebbe venuto da Visnà di Vazzola, nel trevigiano, a casa nostra. Approfittando delle festività, avrebbe dato una mano ad ampliare il magazzino, che serviva per contenere il carbone per il riscaldamento, in modo da farci entrare la nostra macchina, la Fiat 600: mio papà l’aveva appena verniciata a due colori, fondo azzurro e bordi dei parafanghi bianchi, che davano una linea sportiva, ma più che altro per nascondere le bolle di ruggine che affioravano.
L’ampliamento prevedeva di allungare quello originale di circa 3 metri. I lavori iniziano dopo qualche ora con lo sbancamento di 4 metri per 3, si tirano le quote e si costruisce la casseratura per i getti e si inizia a preparare l’impasto per il getto. Tutti in casa devono fare qualcosa per non perdere tempo ed evitare che la pioggia possa danneggiare e interrompere i lavori. Lo zio e mio papà lavorano fino a tardi, aiutati da mio fratello più grande; l’altro mio fratello dopo un po’ si era dovuto mettere a letto con la febbre. Mio papà per l’occasione aveva garantito la luce con una lampada volante con un cavo volante che veniva dalla camera da letto: per lampada aveva usato (forse presa in prestito per l’occasione) una di quelle che utilizzava per illuminare il campo di pallacanestro del centro sociale dove giocava la sua squadra, il “San Giuliano Basket”.
Il tempo comincia a guastarsi quasi subito ma non interrompe i lavori, che si susseguono in modo frenetico, e manca solo poco per ultimare il getto del tetto che la pioggia comincia a diventare sempre più forte. Ma nemmeno questo ferma i lavori, si usano teli di nylon per coprire e coprirsi. Tutti lavorano (non ricordo se anche mia sorella), l’unico esonerato per l’età ero io che avevo 10 anni, ma assistevo dal vetro della veranda. Mia mamma era preoccupata non tanto per i lavori, ma per i malanni alla salute di chi lavorava sotto la pioggia.
La paura però si fa più forte quando dai tombini davanti casa, si cominciava a vedere che il livello dell’acqua cominciava a salire. Non c’era la comprensione di quanto stava per succedere, infatti non ricordo se mio padre o mio zio, con la pala e dei ferri cercavano di liberare il tombino credendolo tappato, magari dalle foglie. Ma rapidamente l’acqua cominciava a salire dappertutto fino ad arrivare al secondo dei tre gradini che portano in casa. I lavori erano terminati, almeno quelli che non si potevano interrompere, e il tetto era finito. Solo successivamente furono finiti gli intonaci esterni, mentre quelli interni non sono mai stati terminati.
Ora non si riusciva più a uscire: l’area davanti a casa verso via forte Marghera era completamente allagata. Le notizie che arrivavano erano che sia l’Osellino, che nel frattempo era esondato all’altezza della scuola “L. Radice” a San Giuseppe, sia il Canal Salso, arrivato al livello della strada, non ricevevano più l’acqua. Mia mamma continuava a fare da mangiare e fare le cose come se niente fosse, ma era molto preoccupata, non si poteva uscire nemmeno per far le spese, solo mio papà aveva un paio di stivali in gomma sotto il ginocchio, che erano una dotazione del lavoro. Sono rimasto in casa, credo per tutti i 4 giorni di pioggia, e solo dopo che aveva smesso mio papà mi ha portato in viale Vespucci a vedere dove era arrivata l’acqua, che era ancora sulla strada e ricopriva tante aree del quartiere. Le notizie che si vedevano in televisione erano drammatiche e raccontavano dei danni a Venezia, Firenze e in tutta l’Italia del nord, e degli aiuti che erano necessari per salvare il salvabile.
Il magazzino era finito e la 600 poteva entrarci, ma proprio in quei giorni la Fiat lanciava una campagna di vendite e offriva nuove utilitarie a prezzi vantaggiosi, ma solo per le zone alluvionate. La promozione prevedeva il cambio della macchina danneggiata con una nuova. La vecchia 600 era arrivata alla pensione, ma prima di essere rientrata, per far vedere che era veramente alluvionata, è stata innaffiata internamente con secchi d’acqua. Bagnata e umida ha fatto l’ultimo viaggio verso il concessionario di Marghera per essere sostituita da una 124 blu pavone (questo era il colore che in famiglia era stato scelto) con interni in similpelle marron chiaro. La 124 entrava nel garage appena costruito con un margine di 5 centimetri per parte sulla porta di ingresso, e in lunghezza lasciava solo un metro di margine.
Villaggio San Marco, Mestre, novembre 2011