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Marghera Catene 2007: storia di un comitato tra camion e acque alte

17/08/2011

di Maria Giovanna Lazzarin

Pubblichiamo la relazione che Maria Giovanna Lazzarin aveva preparato per il seminario del 27 maggio 2011, “Territori inondati…” ma che, per ragioni di tempo, non ha potuto presentare in quella sede.

1. Parlerò di uno dei comitati sorti in seguito agli allagamenti per cui a Mestre nel 2007 vengono riconosciuti lo stato di calamità e l’emergenza idrica. Ricordo che mercoledì 26 settembre 2007, la zona adiacente alla laguna tra Codevigo (Padova) e Venezia-Mestre fu colpita da fortissime precipitazioni: tra le 5 e le 8 del mattino si registrarono oltre 200 mm di pioggia, interi quartieri della terraferma vennero allagati e la città fu bloccata.

Questo evento aveva avuto un precedente meno grave tra il 15 e il 17 settembre 2006. Già allora si erano costituiti dei comitati allagati che presero forza e aumentarono la loro rabbia nel 2007, perché in un anno erano state fatte tante promesse, ma non era cambiato nulla, anzi la situazione era decisamente peggiorata.

Il nostro gruppo di ricerca di storiAmestre inizialmente è stato attirato dalla novità che essi rappresentavano. Nella letteratura scientifica vengono definiti “comitati” dei gruppi debolmente strutturati di cittadini (“comites”) senza rappresentanza istituzionale (“spontanei”) organizzati su base locale per protestare contro interventi che minacciano la qualità di vita. E questi erano i primi comitati fortemente visibili che agivano nella nostra città ed erano riusciti a coinvolgere l’intera città al di qua del ponte. Inoltre, nella nostra regione questi fenomeni, se si esclude il No dal Molin a Vicenza, sono diffusi fuori dai grandi centri urbani.

Questo ci ha incuriosito e spinto a osservarli, perché ci sembrava che partire dalla vita quotidiana delle persone messa in pericolo fosse un buon modo di raccontare la città e le sue trasformazioni.

2. Il mio intervento di oggi sceglie di raccontare la storia di uno di questi comitati seguendo le indicazioni che ci ha dato Francesco Vallerani quando ha aperto questa serie di seminari il 3 novembre 2009: “Rendere raccontabile il disagio e dicibile il non funzionamento di un territorio è già un buon risultato”, ci ha detto. “L’altro risultato a cui bisognerebbe dedicarsi – ha continuato – è dar corso all’indignazione anche con piccoli gesti”.

La mia scelta di parlare di un comitato ha proprio questo significato: raccontare cosa può succedere quando le persone di fronte a un disastro danno seguito alla loro rabbia con piccoli gesti. Mi sono posta due domande nel raccontare: 1) da dove viene l’energia e la tenacia per questi piccoli gesti; 2) dove porta.

Vi parlerò quindi del comitato Catene-Valleselle. Ho intervistato due volte il portavoce del comitato, il signor Bruno Giordano, che è intervenuto anche a uno dei nostri seminari, sono andata con lui a visitare la zona, ho seguito alcuni incontri con il commissario all’emergenza. Mi è parsa una storia interessante per capire da dove può venire la speranza che muovendosi possa cambiare qualcosa.

Vi parlerò del luogo, dei suoi problemi idrici e del comitato: quale è stata la sua forza, come si è mosso e quali risultati ha ottenuto.

Ci sarà però anche una piccola sorpresa perché si può pensare che questi comitati abbiano un respiro corto, nascano e muoiano sull’emergenza, se avrete la pazienza di seguirmi scoprirete che le cose non stanno proprio così.

3. Comitato Catene-Valleselle, dicevamo: l’una e l’altra sono due vie di una zona della periferia ovest di Marghera, che troviamo anche nelle carte ottocentesche, dove si parla del colmello di Catene.


Carta della deputazione provinciale (1876)

A sud di queste due vie, fin dal medioevo, era documentata l’esistenza del bosco Brombeo, che di recente è stato studiato da Giorgio Sarto, le notizie che ora presento le riprendo dal suo saggio La vicenda storica del bosco Brombeo di Chirignago (in Dall’antico bosco Brombeo al nuovo bosco di Marghera, a cura di G. Sarto, Cicero, Venezia 2009).

Il Brombeo era un bosco di querce e olmi di proprietà dell’allora municipio di Chirignago. Lungo il perimetro del bosco era stato scavato un fosso largo e profondo per lo scolo delle acque e all’interno, lungo i sentieri delle prese, ne erano stati scavati altri per il drenaggio delle acque di ristagno. Nonostante ciò, per buona parte dell’anno molte zone del bosco erano immerse nell’acqua.

Dico questo per farvi capire che ci troviamo in una zona argillosa, dove l’acqua tende a ristagnare in superficie come in tutta questa fascia della pianura.

Tra il 1917 e 1918 il bosco Brombeo venne abbattuto per fornire legna all’esercito. Però la zona resta ancora per un po’ agricola e nella carta IGM del 1930 nell’area dell’ex-bosco sono registrati una dozzina di edifici rurali. Nel frattempo stanno succedendo altre cose:

1) all’inizio del secolo il nodo ferroviario di Mestre è stato scelto come uno dei nodi strategici a livello nazionale e verso Catene viene costruito il grande parco ferroviario;

2) nel luglio 1917 è approvato il progetto per Porto Marghera e il quartiere urbano;

3) nel 1933 viene terminata l’autostrada Venezia Padova che taglia la parte settentrionale dell’ex bosco.

A questo punto le vie Valleselle e Catene si vengono a trovare tra il parco ferroviario e l’autostrada.

Quindi si tratta di una zona in cui l’acqua fa fatica a scorrere in profondità, perché il terreno è poco permeabile, fa fatica a scorrere in superficie, perché in pianura e posta tra due barriere artificiali.

Negli anni Trenta del secolo scorso viene perciò costruita a valle l’idrovora di Ca’ Emiliani che raccoglie tutte le acque dei fossi, dei canali, dei fiumi del territorio per pomparla in laguna. A questo quadro, si aggiunga che nel dopoguerra questa zona ha un forte e disordinato sviluppo urbanistico collegato alle industrie di porto Marghera (dal 1948 al 1958 gli abitanti di Marghera triplicano passando da 8000 a 24.000).

Le vie Catene e Valleselle

Però per lungo tempo i problemi di allagamento, che pur si verificano, rimangono abbastanza contenuti e legati a situazioni specifiche.

4. Bruno Giordano abita in quella zona da 35 anni ed è dal 1975 che la sua casa periodicamente va sott’acqua, da quando nei pressi si è insediato il deposito camion Cointra, su un terreno di 10.000 metri quadri, che doveva essere agricolo e che pian piano è stato impermeabilizzato per cui l’acqua dal piazzale scende a grande velocità verso di lui.

La situazione peggiora dopo il 2000 e diventa grave nel 2006-2007, quando la fogna entra nelle case. È nel 2006 che sorge spontaneamente, per la mobilitazione di amici comuni e per passaparola, il comitato Catene-Valleselle. Il comitato unisce le persone che condividono il problema degli allagamenti e cercano di trovarvi una soluzione, oltre che di essere risarciti per i danni subiti. Come altri comitati della terraferma veneziana si organizza per vie e zone, scegliendo poi i propri portavoce. Vengono raccolte circa 200 firme e riconosciuti due portavoce: Giordano, appunto, e Mario Soranzo. Si incontrano nella sala parrocchiale di Catene. Fanno una mappatura delle problematiche, vanno a fotografare, contattano i giornali, la delegazione di zona e la municipalità di Marghera.

La prima domanda che sorge spontanea è: come hanno potuto attivarsi così velocemente?

Bruno Giordano mi ha raccontato che in quella zona sin dal 1974 si era formato un comitato di via Bottenighi, con lo scopo di mandar via da quelle strade le ditte di autotrasporti (siamo vicini all’imbocco dell’autostrada) i cui camion passavano per via Trieste facendo tremare le case e rischiare la pelle. In 35 anni sono riusciti prima a vietare la via Trieste ai camion, poi a spostare tre delle ditte. Ultima rimasta è la ditta Cointra, che è la causa di allagamenti in casa Giordano, ma ha già comprato un terreno in zona industriale dove si sposteranno anche se in tempi non brevi per alcuni problemi tecnici.

Quindi in alcuni di loro c’era un’esperienza e una speranza più che trentennale che le cose pian piano possono cambiare.

Ma come si muovono? Si muovono in modo pragmatico: individuano i problemi, li documentano, si informano su cosa si può fare per risolverli, cercano interlocutori.

5. Il problema principale che individuano fa capo alla fossa Chirignago, un’antica fossa che segue per un tratto il confine del vecchio bosco. È interessante seguirne la storia, perché rappresenta in sintesi quel che è successo nel nostro territorio.

Questa fossa che viene da Chirignago all’origine era tutta aperta, larga cinque metri, profonda tre, si poteva camminare sopra l’argine. Viene poi fatta passare sotto il parco ferroviario, sotto via Trieste, sotto l’autostrada e viene spedita all’idrovora di Ca’ Emiliani.

Percorso della fossa Chirignago

Nel secondo dopoguerra comincia a essere tombinata dai privati per farci un passaggio, per costruire un orto, per allargare il giardino. L’allora consorzio di bonifica medio Brenta dà le licenze, ma poi ognuno si organizza a mettere i tubi come vuole: una fossa che all’origine era larga cinque metri e profonda tre è stata tombinata in alcuni tratti con tubi da 1 metro e venti.

La fossa Chirignago con ostruzioni

Il colpo di grazia lo dà la Vesta quando agli inizi del 2000 comincia a costruire gli impianti di raccolta delle acque di prima pioggia per depurare dall’inquinamento e rallentare il deflusso delle acque che cadono nei primi cinque minuti in caso di forte pioggia e raccolgono tutto lo sporco delle strade: fumi di scarico, grassi, residui di pneumatici. L’impianto serve a depurare dall’inquinamento e a rallentare il deflusso delle acque (l’operazione si svolge nel quadro della legge speciale per Venezia). Uno di questi impianti sorge all’inizio di via Trieste vicino alla fossa Chirignago e raccoglie anche le fognature di quella zona.

Dove buttare queste acque?

La fossa è lì vicino, si piazzano delle pompe, ma non si verifica se la fossa sia in grado di ricevere l’acqua che viene immessa.

“Solo nel 2006 ci siamo svegliati – mi dice Bruno Giordano – e abbiamo capito quello che succedeva anche prima, cioè da quando è stata costruita la vasca: l’acqua veniva immessa nella fossa, la fossa aveva delle ostruzioni e non poteva riceverla, l’acqua si fermava o tornava indietro e ci allagava”.

“Perché dice che vi siete svegliati solo nel 2006?”, gli chiedo.

“Perché prima credevamo a quello che ci dicevano i tecnici, che tutto andava bene o che non avevano messo in funzione le pompe. Poi abbiamo voluto capire di persona”.

Hanno capito, ad esempio, che i problemi che li hanno mandati sott’acqua erano conosciuti da tempo: la carta del rischio idraulico presentata al comune di Venezia nel maggio 2005 dal consorzio Dese-Sile li descriveva con precisione, e prevedeva quanto sarebbe successo nel 2006-2007.

Carta del rischio idraulico allo stato di fatto

Così il comitato ha cominciato a chiedere con forza: di bloccare lo sfioro della fognatura verso la fossa Chirignago; di togliere le strozzature con i tubi da un metro e venti della detta fossa; di rendere più sicura e potente l’idrovora di Ca’ Emiliani. Quindi hanno cercato gli interlocutori che potessero risolvere i problemi.

L’interlocutore privilegiato è arrivato solo dopo l’evento del 2007, quando viene nominato il commissario delegato per l’emergenza concernente gli eccezionali eventi meteorologici, nella persona dell’ingegnere Mariano Carraro, che avvia incontri periodici con i comitati allagati in cui chiede loro di descrivere i problemi.

È attraverso le sue ordinanze che il comitato Catene-Valleselle ha ottenuto:

1) di disattivare lo sfioro delle fognature, evitando nuovi sicuri allagamenti di tutta la zona;

2) che il consorzio di bonifica ritirasse tutte le licenze date ai privati per occupare la fossa Chirignago e ripristinasse la portata della fossa con uno scatolare 3×2;

3) che fosse potenziata l’idrovora di Ca’ Emiliani, dove confluiscono la rete fognaria mista dei bacini di Zelarino, Gazzera, Chirignago, Mestre Sud, Marghera e il canale di bonifica del bacino di Chirignago.

Tutte opere che già erano in programma, ma solo con l’emergenza si sono smosse.

6. Un altro problema che si è posto questo comitato riguarda la costruzione di nuovi complessi residenziali che vanno a impermeabilizzare intere aree. Il commissario ha emanato un’ordinanza sull’invarianza idraulica, ma va applicata.

Pochi mesi fa il comune ha inaugurato il parco di Catene, ma questo parco, se tale si può chiamare, è stato la moneta di scambio per la costruzione di cento appartamenti più un supermercato. Il comune aveva dato l’autorizzazione prima dell’ordinanza sull’invarianza e i costruttori pensavano di non dover essere sottoposti alle nuove regole.

“Ma quando hanno cominciato i lavori – spiega Bruno Giordano – abbiamo segnalato al commissario per l’emergenza, l’ingegner Carraro, il problema idraulico delle nuove costruzioni e il danno che avrebbe avuto via dei Ciliegi: si stava costruendo su un terreno che è stato alzato di mezzo metro rispetto al piano campagna in tempi precedenti nei quali non c’era alcuna regola; così le nuove costruzioni non avrebbero avuto problemi di allagamenti in quanto la laminazione delle acque di scolo si sarebbe avuta nei terreni e nelle abitazioni adiacenti fra i quali via dei Ciliegi. Noi del Comitato Catene Valleselle abbiamo posto con insistenza il problema dell’invarianza idraulica del parco e delle nuove costruzioni; la struttura del Commissario è intervenuta costringendo i costruttori dei nuovi edifici a collegare tutte le nuove costruzioni al sistema di laminazione delle acque creato nella zona più bassa del nuovo parco adiacente all’autostrada e da qui, attraverso un canale passante sotto l’autostrada, alle idrovore di Ca’ Emiliani; è stata inoltre data la possibilità anche alla ditta di trasporti Cointra di collegare il piazzale, le cui acque di scolo di fatto defluiscono nei terreni e nelle abitazioni confinanti, con il sistema di laminazione del parco, ma ad oggi la ditta non ha ancora fatto i lavori di collegamento”.

7. Si potrebbe pensare che questo sia un successo del loro comitato, ma la vigilanza sul luogo dove vivono è continua; anche se ultimamente il comitato ha diradato gli incontri e molti si sono allontanati dopo aver avuto i risarcimenti dei danni subiti, il gruppo che ha dato avvio e che ha seguito con tenacia le attività si sta organizzando per i tempi lunghi, perché un comitato vive finché il problema da cui è partito non è risolto, ma hanno capito che il loro territorio va seguito costantemente con cura.

Il lavoro nel comitato li ha spinti ad acquisire conoscenze che anni prima non avrebbero immaginato. Dovendo confrontarsi con tecnici, per non farsi sottomettere da un linguaggio estraneo, si sono fatti una cultura tecnica di prim’ordine, pur provenendo da lavori diversi. Bruno Giordano e Mario Soranzo, i portavoce, sono entrambi pensionati, il primo ha lavorato in ferrovia come capo depositi dell’officina locomotive, il secondo nelle fabbriche di Marghera.

Così Giordano Bruno descrive i nuovi obiettivi che vede per il prossimo futuro:

“Nella zona di Catene-Valleselle il rischio idraulico e il controllo del deflusso delle acque dovrà essere costantemente monitorato – scrive in un documento presentato all’incontro sugli allagamenti con il Commissario all’emergenza del 3 marzo 2011 presso la municipalità di Marghera – oltre che per le cause che speriamo avranno soluzione con gli interventi programmati dal Commissario straordinario, per la forte cementificazione della zona avvenuta in questi ultimi mesi a ridosso del costruendo Parco di Catene, adiacente, per una parte, con via dei Ciliegi. Si stanno edificando oltre 250 unità abitative, fra appartamenti e villette a schiera.

A Catene e a Valleselle la realizzazione della copertura della fossa di Chirignago ha consentito di risolvere il problema dell’esondazione delle acque miste a fognatura del canale, che era aperto, sulle case e sui terreni limitrofi, ma l’opera sarà completamente funzionale solo con il compimento della seconda parte che permetterà di regolarizzare il deflusso delle acque fino al punto di consegna alla Centrale delle idrovore di Ca’ Emiliani; il rischio, anche se ridotto, che in caso di eventi eccezionali il reflusso delle acque provochi inondazioni persiste ancora”.

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Archiviato in:Centro documentazione città contemporanea, Maria Giovanna Lazzarin Contrassegnato con: comitato, intervista, storiografia

Interazioni del lettore

Commenti

  1. alessandro voltolina dice

    01/09/2011 alle 14:38

    anche i poeti scrivono di acque alte (molto a margine del bel contributo di Giovanna Lazzarin)

    …
    il pavimento è sempre allagato
    ma io
    non sono disperato
    e d’altra parte
    l’acqua bagna soltanto i piedi
    dei mobili
    le zampe leonine
    delle brutte credenze
    i peneri
    delle lunghe coperte
    che lentamente scendono
    dai letti

    ho letto questi versi nella raccolta “L’acqua alta” di Roberto Amato, Elliot, Roma 2011.
    un caro saluto a tutti

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