Alcuni amici di storiAmestre hanno voluto scriverci proprio oggi, per manifestare pensieri e sentimenti in occasione di una festa nazionale per ora una tantum. Alcuni tris-nipoti hanno cominciato a raccontare? Ringraziamo Sandro Voltolina e Dario C per i loro saluti; speriamo che nei prossimi giorni altri amici e amiche vogliano raccontarci il loro 17 marzo, cose fatte o pensate. (PS già arrivano: seguite i commenti) Ricordiamo anche che i tris-nipoti cominceranno davvero a raccontare il 22 marzo. Non resta che augurare buone insurrezioni di Milano e Venezia (quelle del 1848 intendiamo, che echelon non punti anche su sAm!).
Da Alessandro Voltolina, Mestre:
bianco? rossoeverde,bianco,rossoeverde,bianco,rossoeverde,bianco,
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rossoeverde? biancobianco,rosso,rossoeverde,bianco,rossoeverde,bianco,verde, rosso,
rossoeverde,bianco,rossoeverde? rosso! e verde…
Non so bene cosa augurare; oggi spero in una storiAmestre senza nucleare. Ne parleremo? un abbraccio a tutti, da
Alessandro Voltolina
Da Dario C, Faenza:
"Dimmi bel giovane / onesto e biondo / dimmi la patria / tua qual’è / Adoro il popolo / la mia patria è il mondo / il pensier libero / è la mia fe’". Da una vecchia canzone anarchica.
Abbracci, Dario C
Nota della redazione. Per notizie sulla canzone che segnala Dario, rimandiamo al sito ildeposito.org. La si può ascoltare anche qui accanto. L’avventura della Comune di Parigi ebbe inizio il 18 marzo 1871. Il disegno che fa da sfondo alla canzone su youtube è una tavola di Jacques Tardi, tratta dalla serie in quattro tomi Le Cri du peuple, adattamento a fumetti dell’omonimo romanzo di Jean Vautrin.
eugenia valtulina dice
Anche noi, a Bergamo, con la Biblioteca “Di Vittorio” e la Cgil, abbiamo provato a raccontare i “nostri” 150 anni: li abbiamo chiamati “di Italia e di lavoro”, per ricordare che l’unità dell’Italia e del lavoro – o almeno il tentativo di attuarle entrambe – sono praticamente coeve. Abbiamo diviso in due gli appuntamenti e in tre i temi: il 16 marzo, abbiamo parlato di “Pensieri e immagini”, con l’aiuto di Maria Grazia Meriggi, che ci ha ricordato le origini del mutualismo operaio e il sogno della Repubblica mazziniana, di David Bidussa, che ci ha provocato da par suo sul ruolo del sindacato nel formarsi della coscienza nazionale, e di Monicelli – che ovviamente non c’era ma di cui abbiamo presentato “I Compagni”. Su di noi tutti (e tanti, per fortuna) hanno aleggiato molti spiriti buoni e meno, tra cui mi piace ricordare Mazzini, Buozzi, Foa e il mio proprozio che metteva in guarda i nipoti, nel 1897, contro i pericoli di allevare i figli nel siculismo…
Il 19 marzo è stata la volta dei canti e della riscoperta dell’internazionalismo operaio, che si è trovato benissimo con la ricorrenza patriottica, perchè gli italiani, prima di essere uniti, erano già lavoratori e migranti. In un bocciodromo alle porte di Bergamo abbiamo ascoltato e cantato con Sandra Boninelli, Angelo Bonfanti e Michele Dal Lago: canzoni di lotta e di lavoro italiane e del Nord America: “Nostra patria è il mondo intero”. Peccato avessimo appena scoperto di stare di nuovo esportando la nostra democrazia, questa volta in Libia….
massimo zane dice
1. Non mi sento un patriota, nemmeno se lo dice il PD.
2. ‘Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte’ è un verso che dà i brividi, non solo per la sua bruttezza, ma perché in nome di questo tipo ‘valori’ sono stati mandati a morire i fanti contadini nella guerra 15’-’18, a centinaia di migliaia, sventrati dalle granate, nei luoghi dove adesso i turisti italiani e austriaci vanno a fare snowboard.
3. I fanti contadini sono andati a morire anche cantando la Marsigliese. Appunto.
4. Sono italiana per caso, come si è cinesi per caso, o americani per caso: non per necessità o destino. Certo, non per fortuna.
5. Appartengo a una comunità di cittadini, sono consapevole dei doveri che questo comporta, anche dei doveri di partecipazione e condivisione, accetto la forma dello Stato – Nazione come una forma che si è storicamente creata e che appartiene al tempo nel quale, per caso e non per necessità, sono nata.
6. Ogni Stato ha i suoi miti di fondazione, che gli storici doverosamente indagano e le autorità doverosamente celebrano. Ignorare questi doveri, uno o entrambi, è potenzialmente pericoloso, aderire anima e cuore ai miti di fondazione lo è altrettanto.
7. A questo proposito, mi sento di dire a tutti, sperando di non provocare uno shock, che non discendiamo da Enea, e tantomeno da Venere.
8. E’ un fatto che quasi ogni volta che incontro italiani all’estero mi vergogno di essere italiana e nascondo l’orologio che potrebbe dimostrarlo.
9. Sono da tempo venuta a patti con l’idea che il Mediterraneo non sia più il Mare Nostrum, ma sia anche dei libici, dei turchi, dei tunisini e persino dei mangiarane.
10. Una volta che al liceo ho imparato che Nino Bixio represse i tentativi di rivolta popolare per la spartizione delle terre in Sicilia e che le terre, infatti, non furono date a chi le lavorava, ho imparato qualcosa che non ho più dimenticato.
(originalmente postato da carlotta giucastro longo)
mirella dice
Il 17 marzo ho notato alcune bandiere tricolori appese all’esterno di alcune case o appartamenti. Nei giorni successivi sono rimaste solo all’esterno del Municipio. Mi ha stupito vederle, mi sono chiesta che significato potessero avere per chi le ha appese: come prima cosa ho pensato che fosse un modo per contestare chi pensa esista la padania e vuole il secessionismo; poi mi sono chiesta se potesse esserci qualcuno con sentimenti patriottici e infine mi sono lasciata trasportare dall’immaginazione e ho pensato a trisnipoti intorno a un tavolo a raccontarsi vicende tramandate di generazione in generazione.
Mi sono venute in mente le bandiere della pace che fino a qualche anno fa si potevano ancora vedere fuori dai balconi e a come il loro messaggio fosse per me molto più immediato.
Augusto Masetti dice
Commenti al centocinquantenario? Il calendario si presta sempre a vari usi. Durante le celebrazioni qualcuno avrà fatto presente che è pure il centenario dalla guerra di Libia?
“Mi auguro di cuore che nel mondo non vi siano che guerre coloniali, perché la guerra coloniale significa la civilizzazione di popolazioni che in altro modo continuerebbero nella barbarie”: da un discorso di Giolitti per chiedere la conversione in legge del decreto sull’annessione della Libia, 22 febbraio 1912 (da G. Candeloro, “Storia dell’Italia moderna”, VII, Feltrinelli 1980, 7a ed., p. 319).
I tris-nipoti racconteranno in tempi di guerra. In programma c’è Adua 1896, magari quel che accade porterà a una digressione su Tripoli 1911.
Spartaco dice
Lo sventolio di tricolori mi mette a disagio, a parte quando gioca la nazionale di calcio (a ognuno le sue contraddizioni). Sarà anche che lo associo all’alzabandiera nelle missioni militari. Comunque i miei pensieri l’altroieri erano, grosso modo: “sarà mica che il 17 marzo si mangia il 25 aprile?”. E magari anche il 2 giugno, ma ci faccio meno caso, c’è di mezzo anche la parata militare, col ministro della difesa fascista… (come si ricorda la costituzione? Con parate militari o applicando l’articolo 11?).
Vediamo se il 17 marzo sarà davvero una tantum o entrerà in discussione come festa nazionale permanente.
Un’altra cosa che mi ha colpito – l’ho sentita in tv a un certo punto della serata del 17 – è che il noto cardinale, Bagnasco, ha celebrato una messa per il 150°, che si è conclusa con un Te deum. Proprio con un Te deum?! Stentavo a crederci. Invece in chiesa, fedeli “bipartisan”, come si dice ora.
Claudio Pasqual dice
I colleghi mi hanno chiesto di tenere il discorso di commemorazione dell’unità d’Italia agli alunni della nostra scuola. Date le circostanze, ci ho messo un po’ di enfasi, fino in fondo alla mia orazione. In questo particolare momento politico per il nostro Paese, ho sentito di dover chiudere in nessun altro modo che così: “Viva la Repubblica, viva la costituzione!”.
Luca Pes dice
Nelle manifestazioni contro il governo e nella giornata di oggi sventola il tricolore, non bandiere di partito. Ma non mi sembra che sia solo l’espressione di un sentimento di patria, ma anche la ricerca di un ultimo simbolo, il più possibile condiviso, per difendere la costituzione e le istituzioni da un potere abnorme che genera servitù.