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Segnalazioni. Una lettera a sAm

13/09/2010

di Marco Toscano

Il primo giorno di scuola si ritrovano gli amici. Marco Toscano, che non ci scriveva da giugno, è stato puntuale.

Cari amici di sAm,
primo giorno di scuola dopo la festa leghista a Venezia. Come non pensare a voi? Per caso avete seguito la vicenda della scuola di Adro? Sennò ve la riassumo io, per quanto ho letto sul sito del Corriere della Sera.

Ad Adro, comune della provincia di Brescia, la nuova scuola pubblica (materne, elementari e medie), appena costruita, porta ovunque, dai tappeti ai banchi, i simboli del Carroccio e del Sole delle Alpi. Gli arredi sono stati pagati con contributi volontari degli abitanti. In ogni aula, stando alle dichiarazioni del sindaco, c’è un crocefisso, fissato con le viti perché non possa essere tolto facilmente (“la nostra religione non si discute”, avrebbe dichiarato il sindaco).

Sul sito di Repubblica, ho trovato un commento di Michele Serra che val la pena leggere. È bello che gli abitanti si prendano cura della scuola, ma sono spaventato anch’io – come Serra – all’idea di una maggioranza compiaciuta che non s’accorge nemmeno di ledere diritti delle minoranze. Le argomentazioni che Michele Serra usa non sono molto diverse, se non ricordo male, da quelle che sAm aveva sollevato nel 2002, in occasione del convegno “Identici a chi?” (avevate avuto la gentilezza di mandarmi una copia degli atti. Circola ancora quel libro?).

Ma per restare sul tema scuola, ricordo che anni fa il vostro amico e socio Piero Brunello rilasciò un’intervista, in cui si parlava proprio delle stesse cose di cui scrive oggi Serra. Era il 2004.

Per caso l’associazione intende ritornare sulla faccenda, aggiornare le sue riflessioni, viste quante cose nel frattempo sono cambiate? Un po’ mi sembra che sia già accaduto, con il quaderno sul No Dal Molin – su cui vi ho già scritto – e con quella bella pagina sul palio di Feltre.

Ma in effetti ne succedono in continuazione. Per dire, il vostro sito a volte fa controinformazione anche involontariamente. Dopo aver letto la lettera dello studente spagnolo che avete pubblicato ieri, sono andato subito a vedere i sondaggi del Gazzettino online. Scorrendo con gli occhi, mi ha colpito un’altra domanda, se è giusto o no insegnare “il dialetto veneto” a Ca’ Foscari. Non ne sapevo niente, ho cercato perciò di documentarmi in rete. Sul sito del Gazzettino non c’è più l’articolo che riferiva la notizia, ma si legge nella pagina di un gruppo di facebook (con accesso libero). Risale al 24 giugno 2010.

Ufficialmente l’insegnamento si chiama “Dialettologia italiana”. Così si trova descritto sul sito di Ca’ Foscari, dove è debitamente segnalato che il corso si realizza grazie al finanziamento della Regione Veneto. Stando all’articolo del Gazzettino (via facebook), la Regione ci mette 80.000 euro per un anno (il primo). Mi colpisce la dichiarazione del rettore riportata tra virgolette nell’articolo: “Si tratta di un atto lungimirante perché coglie la nuova voglia dell’Università di lavorare con le istituzioni del territorio ed è un esempio di come la componente culturale sia elemento fondante per lo sviluppo dell’economia”. A occhio, nessuna rima possibile con “autonomia”. In ogni modo l’ambiguità nella definizione del corso (“dialetto veneto” per il Gazzettino, “dialettologia italiana” per Ca’ Foscari) mi sembra di per sé un dato interessante.

Intanto, cari saluti e buon inizio di stagione 2010-2011.

Marco Toscano

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