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Anche i musei hanno una storia. Una lettera di Piero Brunello

28/08/2010

di Piero Brunello

Lo “sfogo” di Sandro Voltolina ha suscitato alcuni commenti: dopo due note di Claudio Pasqual, che si leggono in calce alla lettera di Voltolina, Piero Brunello riprende alcuni punti del suo intervento del 2009.

Intervengo a proposito del progetto della Fondazione di Venezia (questione sollevata da Alessandro Voltolina) e del silenzio delle associazioni culturali di Mestre (questione posta dal primo commento di Claudio Pasqual).

1. La Fondazione di Venezia, lanciando il progetto del museo, annunciava di aver promosso otto attività preparatorie, che avevano coinvolto “circa 120 persone, oltre 20 imprese e 3 centri di ricerca universitaria”. Commentando questa affermazione nel sito di storiAmestre, osservavo: “È un peccato che a nessuna delle 120 persone, delle 20 imprese e dei 3 centri di ricerca universitaria sia venuto in mente di mettere in cantiere l’attività numero nove, e cioè una ricerca sulle discussioni promosse a Mestre dagli anni Cinquanta a oggi a proposito del museo. Bastava poco perché le 120 persone, le 20 imprese e i 3 centri di ricerca universitaria potessero scoprire, per esempio, che nel 1996 storiAmestre ha organizzato un convegno i cui atti sono pubblicati con il titolo Un museo a Mestre? Per un museo del Novecento. Proposte di storiAmestre e dibattito, a cura di Chiara Puppini e Fabio Brusò, Mestre 1997. Oppure le 120 persone eccetera se ne sono accorte? La Fondazione di Venezia non ne fa cenno”.

La mia domanda non ha avuto risposta. Colgo l’occasione dell’intervento di Alessandro Voltolina per rifarla: la Fondazione di Venezia si è accorta che nel 1996 storiAmestre ha proposto un museo del Novecento?

Non si tratta solo di buona creanza. Chi progetta un museo dovrebbe riflettere sulla storia del museo a cui sta pensando: dovrebbe essere consapevole, in altre parole, dei conflitti, dei gruppi di pressione e delle censure da cui il progetto di museo nasce e ha preso forma, e farne oggetto di discussione pubblica, a maggior ragione se c’è di mezzo un intervento pubblico come in questo caso.

2. Come spiegare il silenzio delle associazioni culturali di Mestre, lamentato da Claudio Pasqual? Io credo che il motivo sia ancora quello che nel mio intervento riassumevo con la battuta: “prima neanche un museo, adesso due”. Riassumendo, l’incontro promosso il 20 febbraio 2009 dal Centro Studi Storici di Mestre, con la presenza delle autorità comunali e della municipalità, si chiuse con l’impegno di realizzare due poli museali (vedi: http://www.museodimestre.it/convegno200209.htm). In altre parole, la Fondazione di Venezia avrà la possibilità di allestire il Museo del Novecento all’ex distretto di via Poerio (da sempre indicato dalle associazioni come spazio museale cittadino), nel contesto di un grosso intervento immobiliare; mentre, nello spazio dell’ex De Amicis in via Pio X, sorgerà qualcosa che, date le idee ancora confuse, è stato fin qui chiamato in molti modi (Museo della città, Museo di Mestre, Urban Center, Casa della città), ma che riguarderà la storia di Mestre pre-Novecento.

Lasciamo perdere la scelta bizzarra di fare due poli museali distinti, e lasciamo perdere lo schema ancora più bizzarro di un museo di Mestre dalle origini fino al Novecento escluso: su questo punto storiAmestre è già intervenuta. Resta il fatto che, in qualunque modo si chiamerà il museo allestito nello spazio della De Amicis, e prima ancora di definire un progetto complessivo, le associazioni culturali, a cominciare dal Centro Studi Storici di Mestre, hanno rivendicato “il coinvolgimento diretto e formale” (vedi: http://www.museodimestre.it/documento200209.htm): ed è questo che stanno aspettando, anche perché l’impegno in tal senso è stata ribadito da più di un candidato sindaco delle ultime elezioni, attuale sindaco Orsoni per primo (http://www.museodimestre.it/dibattito120210.htm). Insomma, tutti contenti (e tutti accontentati).

Da allora non ho più seguito la vicenda, perciò non so se ci sono novità. La mia impressione è che le risorse per la De Amicis saranno modeste e che le associazioni dovranno accontentarsi.

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Archiviato in:La città invisibile, Piero Brunello Contrassegnato con: Fondazione Venezia, intervento, M9, museo a Mestre

Interazioni del lettore

Commenti

  1. Caldura Riccardo dice

    01/09/2010 alle 10:41

    Cari amici, spero di non disturbare, ma anch’io seguo con qualche attenzione sia lo sviluppo del M9 che il dibattito che avviene, da tempo, sul Museo del Novecento. I rischi che voi sottolineate nelle vostre osservazioni li ho esposti una intervista che mi è stata fatta, insieme ad altre voci della città, sul Corriere del Veneto del 20 agosto 2010. Non ero ancora a conoscenza del progetto vincitore di Sauerbruch Hutton, e sono d’accordo con il parere positivo di Chiara Puppini. Ho visitato qualche tempo fa la Fondazione Brandhorst a Monaco di Baviera e dunque conosco anche concretamente almeno un progetto dei vincitori. Ma la questione non è tanto la qualità del contenitore, quanto semmai cosa costituirà il contenuto. Dichiaravo nel Corriere: “Finora il progetto dell’M9 ha seguito un percorso tecnocratico-funzionale, nel quale le decisioni sono state prese da un circolo ristretto. E invece si sarebbe dovuto secondo Caldura ‘aprire dei tavoli di lavoro e confronto’ per evitare il rischio ‘che il Museo del Novecento diventi una meravigliosa astronave estranea alla città'”. Non amo affatto citarmi, ma la questione è davvero importante. Così come, e torno su un terreno più mio, la questione della Galleria Contemporaneo, unico spazio pubblico del Comune di Venezia in terraferma dedicato ai linguaggi della contemporaneità – e nella cui programmazione si è prestata una particolare attenzione al rapporto fra le arti e la rilettura del modernismo perchè è questa l’ampia cornice concettuale entro la quale collocare la riflessione su Mestre – spazio che, come è noto, è stato cartolarizzato ed è in via di definita cessione. Mi permetto di ricordare che è in questo spazio che è stata organizzata “Urban Display – Descrivere e narrare la non-città” esponendo tra l’altro un bel lavoro di Pes-Ghesini. Vi ringrazio dell’attenzione
    Riccardo Caldura

  2. Maria Teresa Sega dice

    30/08/2010 alle 10:08

    Cari amici, seguo il vostro dibattito a distanza sull’ M9 con molto interesse, avendo partecipato anch’io al convegno del 96 e alle più recenti occasioni di discussione.
    Quella della Fondazione Venezia è un’operazione immobiliare mascherata (neanche tanto) da operazione culturale (per avere i soldi dalle banche). Amici bene informati mi dicono che la Fondazione si guarda bene dal ficcarsi in discussioni con esponenti del mondo culturale e associazionistico mestrino.Infatti ha chiamato il docente della Bocconi che per ora sta facendo il giro dei musei immateriali d’Europa per farsi venire qualche idea, e l’idea che gli è venuta è di metterci dentro la puzza del ‘900 (vedi articolo su “La Repubblica”)!.Intanto la Fondazione approfitta della Biennale architettura per fare grande pubblicità all’ M9, presentanto come grande progetto che riqualificherà Mestre. Che fare? Propongo delle azioni dimostrative-provocatorie del tipo: inscatolare fanghi inquinati di Fusina, fumi di Marghera ecc… inventare futuri reperti per l’ M9. La fantasia non ci manca, facciamoci venire delle buone idee e facciamoci sentire! Maria Teresa

  3. Claudio Pasqual dice

    29/08/2010 alle 11:07

    Quando ho scritto “si facciano il loro museo” non esprimevo una rinuncia ma descrivevo una situazione di fatto (confermata dall’intervista a Segre su La Nuova): si vogliono fare il “loro” museo e della città, al di là di frettolose dichiarazioni di circostanza, gli importa poco -se non, come sottolineava Piero, per sfruttare il lavoro di Mestrenovecento tanto per cominciare -. Quando scrivevo di vigilare, osservare, criticare, intendevo parlare di un ruolo attivo, di “azione” e non di ritiro sulla torre d’avorio -anche riguardo alla De Amicis -, certo assolutamente rivendicando e rendendo pubblico il nostro contributo nello “storico” dibattito locale sul museo ma in una prospettiva che guarda al presente e al futuro, lasciando da parte il pur legittimo orgoglio e l’animo ferito: appunto “parlare, sollecitare dibattiti, criticare in modo costruttivo”, come dice Chiara.
    Ciao
    Claudio

  4. Chiara Puppini dice

    29/08/2010 alle 08:59

    Non inquietudine, non rabbia impotente che non ci portano da nessuna parte, ma nuove energie, voglia di dire, di fare ci devono animare sul tema del museo che ha impegnato l’associazione per anni con il cuore e l’intelligenza che contraddistinguono storiAmestre. Venerdì la fondazione, in una cornice mondana affollata ma gradevole (ottimo catering; mancava il sindaco, ma c’erano Giorgio Sarto e Luca Pes), ha presentato progetti interessanti e ne ha premiato uno più interessante di altri. Va dato atto che sta spendendo molti soldi per questo, alla fine saranno più di 100 milioni di euro, cosa che l’amministrazione non avrebbe potuto fare. Allora che fare? Non sono d’accordo con Claudio Pasqual che dice “si facciano il loro museo…”. Noi abitiamo questo territorio, pensiamo e vogliamo essere ascoltati perché abbiamo qualcosa da dire. Ma non possiamo aspettare che ci vengano a cercare perchè abbiamo ideee e non denaro. Allora:
    1) bisogna rinfrescare la memoria a tutti i cittadini su come sono andate le cose (una lettera ai giornali, sollecitare un ‘intervista della Nuova a Giorgio Sarto). Segre per la verità nell’intervista a Lamantea parlava della mostra Mestre Novecento, ma mi pare non nominasse Sarto (questi impegni li posso assumere io – se non lo fa nessun’altro- in quanto nella precedente consiliatura avevo la delega al museo e avevo portato questi temi in consiglio con un odg);
    2) parlare con gli amministratori: venerdì Giorgio ha chiacchierato con Micelli, che rappresentava il sindaco, e lui non conosceva alcunché sulla storia del museo e mi sembrava interessato a capire meglio i fatti (probabilmente essendo veneziano ed essendosi occupato di edilizia privata -se non sbaglio- si era tenuto lontano dalle questioni del museo in terraferma). E’ Giorgio che deve parlare con Micelli, con Orsoni, con Tiziana Agostini ma va sostenuto dall’associazione;
    3) riaprire il dibattito sull’uso della De Amicis. Ha ragione Piero quando dice che non ci sono soldi, quindi la questione sarà spostata in là (vedremo prima M9 certamente), ma anche su questo spazio bisogna ragionare, in una visione ampia e articolata sull’uso degli spazi per la cultura, ora che mi pare che anche Micelli rimettesse in discussione la destinazione della nuova biblioteca (non più villa Erizzo che è insufficiente). Fare proposte, parlare, sollecitare dibattiti, criticare in modo costruttivo: non sono questi i compiti di storiAmestre?
    con affetto immutato
    chiara

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