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Paroni a casa nostra, schiavi in fabbrica

28/06/2010

di Giannarosa Vivian

Cronaca della manifestazione regionale di Mestre, in occasione dello sciopero generale contro la crisi e per la difesa di occupazione e salari, indetto dalla CGIL, 25 giugno 2010.

Mestre, 25 giugno 2010

La cronaca della manifestazione di questa mattina segue più o meno la traccia oramai consueta: concentramento in rampa cavalcavia, corteo lungo corso del Popolo, giro di boa alla rotonda di piazza Barche, strettoia di via Poerio e infine arrivo in piazza Ferretto dalla parte del duomo. Qui, comizi dal palco, gazebo con raccolta di firme a favore o contro qualche iniziativa, coda al bar meno affollato per bere un caffè, qualche giro in piazza alla ricerca di amici con cui scambiare le impressioni, applausi conclusivi, una musica d’addio e il ritorno a casa.

Oggi però qualche novità.

L’arrivo in piazza. Il corteo è accolto in piazza dalla musica eseguita dall’orchestra del teatro La Fenice di Venezia, che suona sul palco eretto vicino alla fontana della piazza. Come tanti altri lavoratori dello spettacolo, anche questi musicisti protestano da tempo contro la politica punitiva del governo nei loro confronti. Alla Fenice per esempio talvolta si può assistere alle “prove aperte” cioè a uno spettacolo che gli artisti offrono gratuitamente al pubblico in segno di protesta. Un brano riconosciuto stamattina: l’Ouverture de L’olandese volante di Wagner.

Il tono di voce. Ogni oratore, ogni oratrice che si rispetti parla dal palco a voce alta, spesso urlando per incitare i presenti alla lotta. Oggi chi parla sembra preso da sincera esasperazione. È il caso dell’insegnante della scuola dell’obbligo che espone lo stato disastroso in cui versa la scuola pubblica italiana, con dati e fatti concreti alla mano. E anche del rappresentante dei lavoratori delle cooperative sociali, che denuncia l’ingiustizia di trovarsi a fare lo stesso servizio degli altri lavoratori assunti con regolare contratto nel settore pubblico (sanità, per esempio), non avere un contratto di riferimento e dover rinegoziare ogni anno i propri diritti. Parla del diritto all’orario di lavoro: mentre una volta lo slogan era “lavorare meno, lavorare tutti”, oggi è l’opposto. Ci si batte, almeno nelle cooperative sociali, per lavorare almeno sei ore al giorno. Oggi, con i pochi utenti assegnati, le ore di lavoro sono di meno, e di conseguenza lo stipendio è basso. Trattandosi di gente che lavora nel settore pubblico, la principale controparte messa sotto accusa è il Comune di Venezia. Dice che nella passata amministrazione di centrosinistra era invalsa la regola del “minutaggio”, e in poche parole spiega cosa si tratta: se hai un tot di tempo a disposizione e molte persone da accudire, non puoi fermarti più di tanto a persona, non è possibile, devi assistere ogni paziente per tot minuti, non uno di più. Chiede una presa di posizione etica da parte del Comune. Chi tra loro lavora nella scuola in qualità di assistente a bambini disabili, sa che gli insegnanti di sostegno stanno diminuendo anno dopo anno a causa dei tagli finanziari alle scuole, e i buchi vengono coperti dal personale delle cooperative sociali, che però hanno un contratto di lavoro ben peggiore di quello degli insegnanti. Ultime parole: i lavoratori delle cooperative sono l’anello debole della catena, e invece “non è giusto che paghino sempre i più deboli”.

Ho ascoltato questo discorso con attenzione, e ho applaudito, perché conosco bene la generosità – poco riconosciuta sul piano economico – dell’assistente Lisa con cui ho lavorato a scuola fianco a fianco per anni, seguendo l’alunno autistico che era “coperto” dall’insegnante di sostegno solo per metà delle ore.

“È un onore per me essere qui con voi a parlare da questo palco”. Con queste parole ha esordito un tecnico del teatro La Fenice, di nome (mi sembra) Ballarin. Il concetto base è che il teatro, l’arte, la cultura devono riprendere il posto centrale che spetta loro nella vita sociale. Molto appassionato, e apprezzato, il messaggio in rima che questo giovane tecnico di scena lancia al ministro Bondi: “Il teatro ha bisogno di ottimi teatranti, di sicuro non di furbi e ignoranti”. Davanti al palco, due ragazze reggono un cartellone in cui Bondi è raffigurato a braccia conserte e lo sguardo torvo. Dalla canna della pistola che tiene in una mano esce un filo di fumo. La scritta è “James Bond…i / licenza di chiudere i teatri / Bondi keep your hands off the theater / giù le mani dai teatri”.

Gli applausi più calorosi. Sono quelli che sottolineano i passaggi più importanti del discorso di Fabio, operaio della Fincantieri, un giovane alto, bruno, con addosso una maglietta rossa. Passaggi che sono: 1. questa crisi la deve pagare chi l’ha causata; 2. chi la deve pagare sono le banche e le grandi finanziarie; 3. l’Italia deve investire sul futuro e sull’istruzione; 4. abbiamo un numero altissimo di lavoratori morti per incidenti sul posto di lavoro; 5. il rischio che corriamo è di essere sì padroni a casa nostra, ma schiavi nelle fabbriche; 6. a Pomigliano il 60 per cento dei lavoratori che hanno votato sì al referendum hanno detto a chi ha votato no “Io ho votato sì, ma FIOM tieni duro”; 7. anche alla Fincantieri come alla Fiat si volevano far accettare condizioni di lavoro inaccettabili, gli operai hanno risposto immediatamente ai padroni che sono dei miserabili, che non si può scaricare la crisi sui lavoratori.
Scroscio finale di applausi.

"Non siamo servi della gleba". Questa la scritta su un cartoncino appeso al manubrio di una bicicletta.

Chiusura. Mentre i tecnici smontano il palco, parte a tutto volume Impressioni di settembre della PFM, nella versione di Franco Battiato. Passano gli anni, sempre un bel pezzo.

Assenze. Mancano come al solito i lavoratori autonomi, gli artigiani, chi ha la partita Iva, chi lavora a progetto…Mancano di conseguenza i ragazzi e le ragazze dell’età dei nostri figli. Questa assenza risalta ancora di più perché sono numerosissimi i pensionati del sindacato pensionati Cgil. Manca anche la mia macchina fotografica, quindi l’unica immagine che ho è quella che i manifestanti si erano appuntati al petto: una Lucy dei Peanuts che a occhi sgranati dice “Resisti Cipputi !!!”.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Ruggero Lazzari dice

    29/06/2010 alle 08:05

    Personalmente lo sciopero non l’ho fatto(ho partecipato all’assemblea precedente lo stesso) in quanto credo, con molti altri, che nel pubblico impiego, dove lavoro, specie là dove non si crea vero disagio, sia ormai arma assai spuntata, soprattutto perchè non si appoggia ad un movimento, ad una mobilitazione degna di questo nome. In più da noi(e non solo)è noto che anche il sindacato è ridotto a casta con le proprie clientele e che la CGIL abbia definitivamente cambiato rotta è ancora tutto da dimostrare. In assemblea ho sentito molte voci chiedere la mobilitazione ad oltranza e fin anche il picchettaggio…..vedremo se l’unica nota di novità al copione di questa manifestazione sarà la presenza dei concertisti della Fenice o se da qui CGIL e sindacalismo di base(USI, RdB, CUB, vari Cobas…)sapranno compattare forme di protesta e un agire sindacale degni dei tempi migliori. Certamente credo che i dipendenti pubblici, innegabilmente più privilegiati(e fatte le debite differenze anche fra loro)dovrebbero sostenere i colleghi del privato e del pubblico per i quali avesse senso scioperare, con boicottaggi, e con almeno parte dei denari che, non scioperando, restano loro in tasca.
    Tutto il resto è slogan!

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