di Claudio Pasqual
Presentiamo l’intervento con cui Claudio Pasqual, presidente di storiAmestre, ha aperto l’incontro pubblico tenutosi il 16 maggio 2009 al Centro Culturale Candiani di Mestre. La redazione è pronta a ricevere commenti e reazioni agli interrogativi che pone Pasqual, già autore di altri interventi sul tema.
Perché un altro dibattito pubblico organizzato da storiAmestre, dopo quello del 1996, su un museo a Mestre? Perché da sei mesi a questa parte si è ricominciato a parlarne, dopo che a dicembre del 2008 la Fondazione di Venezia ha reso pubblico il suo progetto M9, «nuovo polo culturale e Museo del Novecento di Venezia-Mestre».
Alcuni dei presenti ricorderanno, anche per avervi partecipato, la commissione sul museo, promossa dal Comune e formata da varie associazioni culturali fra cui la nostra, che dal 1995 ha dibattuto il tema, e dai cui lavori è uscita una rosa di idee, spunti e suggestioni significative; vicenda quella, con i risultati che produsse, che non emerge, ci sembra e per quel che ci è dato sapere, nelle dichiarazioni e nei documenti pubblici della Fondazione.
Questo incontro è dunque un’occasione per esprimere, o per dirla meglio, per ribadire l’opinione di storiAmestre e dare voce alle associazioni un tempo nella commissione e alle altre che volessero dire la propria sull’argomento.
Confessiamo che la partita di oggi è un azzardo, come un numero senza rete, un lancio senza paracadute. Non ci sono relatori, infatti, a parte il sottoscritto, precettato a introdurre a nome di storiAmestre. C’è che abbiamo voluto sperimentare uno spazio libero di confronto, non una discussione preconfezionata e ingessata. Confidiamo perciò in una generosa messe di interventi.
L’obiettivo che ci prefiggiamo è duplice:
● far diventare questa giornata un primo momento di dibattito sui contenuti, i modi e le forme con cui pensiamo debba essere rappresentata, raccontata e descritta la città attraverso il museo (pensando magari – è una suggestione che offriamo al dibattito, una ipotesi tutta da verificare e discutere- alla creazione di una rete fra le associazioni su questo specifico oggetto);
● individuare possibili terreni di interlocuzione con la Fondazione in vista di un contributo concreto, fattivo delle associazioni alla realizzazione e gestione del museo.
L’invito che rivolgiamo dunque ai presenti, se sono d’accordo, è una riflessione sulle seguenti questioni e interrogativi:
cosa significa un museo per Mestre,
quale immagine della città vogliamo sia rappresentata,
quali contenuti per il museo,
come possiamo relazionare il museo con la città, le sue istituzioni e associazioni culturali.
Essendo storiAmestre l’ospite, consentiteci di aprire con il nostro punto di vista: una posizione espressa già in vari modi e varie sedi, a partire dal dibattito pubblico del 28 giugno 1996. le cui relazioni e successivi interventi sono stati pubblicati l’anno dopo in un libretto, Un museo a Mestre? Per un museo del novecento, proposte di storiAmestre e dibattito, per le cure di Chiara Puppini e Fabio Brusò.
L’iniziativa di M9 opera su due livelli: primo, urbanistico-architettonico; secondo, più strettamente culturale.
Riguardo al primo, si prospetta un intervento, in cui si affiancano luoghi di fruizione e produzione culturale e attività commerciali e direzionali private, di riqualificazione e apertura alla cittadinanza di un’area centralissima, l’ex convento delle Grazie di via Poerio e l’ex caserma dei carabinieri Pascoli, finora interdetta al pubblico e con evidenti segni di degrado edilizio. La commistione fra offerta culturale e pratiche ricreative e di consumo è presentata come il solo modo al giorno d’oggi per far vivere economicamente dei musei. Con animo sgombro da pregiudizi, non possiamo tuttavia non considerare i rischi di tale impostazione – un rovesciamento di ruoli: un museo al servizio dei negozi, non dei negozi per servizio e complemento del museo.
È comunque il secondo piano a interessare noi associazioni più da vicino.
La Fondazione ha in progetto con M9 – Mestre Novecento – non un «Museo del Novecento», di storia generale del Novecento, con sede a Mestre ma un «Museo del Novecento a Mestre». In ciò corrisponde all’orizzonte storico-cronologico e all’idea di fondo, l’idea forza, che storiAmestre ha sempre sostenuto.
Il Novecento è assolutamente cruciale e determinante per capire Mestre: nella sua genesi, nella sua essenza e nei suoi connotati distintivi, infatti, Mestre e la terraferma veneziana sono realtà urbane che appartengono interamente alla contemporaneità, prodotto del secolo passato e di una cesura netta, in piena discontinuità con un passato rurale o semirurale.
Una città novecentesca, in un luogo dove prima esisteva qualcosa di molto diverso da questa città, può dunque ben darsi una prospettiva di ricerca di tale profondità temporale. Nello stesso tempo, raccontare Mestre significa rappresentare una porzione significativa di Novecento, convinti come siamo del valore paradigmatico della vicenda recente di questo territorio, nella quale si trovano riprodotti, in specifiche forme e varianti locali, processi, dinamiche e modalità di trasformazione di portata più ampia, le stesse che sono alla base delle moderne società dell’Occidente industrializzato e urbanizzato.
Tenere insieme le due prospettive, dunque, il Novecento e Mestre, non artificiosamente considerate come dimensioni separate e parallele (la vicenda generale come semplice introduzione e sfondo, contestualizzazione, della vicenda locale) ma enucleandone e rappresentandone i punti di congiunzione e le interfaccia, intrecciandone e fondendone percorsi e motivi: calare il secolo nelle sue molteplici manifestazioni nella realtà del territorio metropolitano (un esempio, sarà pure banale ma chiaro, dai media audiovisivi: se voglio parlare degli esordi della televisione, non esporrò un esemplare qualsiasi di televisore degli anni ’50 ma per esempio una foto che mostri un bar di Mestre con uno dei primi apparecchi installati e una folla di avventori che segue, che so, Il Musichiere oppure Lascia o raddoppia?).
Per le considerazioni svolte finora, non ci convince, non ci ha persuaso l’intenzione del Comune di allestire nella ex scuola De Amicis uno spazio espositivo-museale su Mestre. La formula proposta è quella, battezzata «Casa della città», di uno spazio introduttivo, una specie di osservatorio, che sia di presentazione e accompagnamento ai luoghi e reperti storici del territorio. Anche così, volere come sembra raccontare Mestre dalla preistoria ai giorni nostri rischierebbe molto concretamente di dare vita a uno dei tanti musei civici di storia locale come ce ne sono in giro per il mondo. Non è solo una questione banale di doppioni, o del parente ricco – M9 – e del parente povero – la «Casa della città». È che giudichiamo l’operazione di per sé culturalmente di tono minore e dagli orizzonti un po’ ristretti, con un forte retrogusto campanilistico-municipalistico, e pensiamo che non corrisponda al bisogno di conoscenza e di crescita culturale della città reale. Più seriamente ancora, un museo di «Mestre dalle origini a oggi» rischia concretamente di dare un’immagine deformata e non veritiera della vicenda storica di questi luoghi, suggerendo una visione lineare e semplificata della formazione della città, per così dire «mestrecentrica», se mi passate il brutto neologismo, come evoluzione ed espansione di Mestre nel territorio; quando si conosce invece la molteplicità e complessità degli attori e dei percorsi che hanno condotto alla città metropolitana, bipolare e policentrica, che chiamiamo Venezia.
Ovviamente, da storici, non possiamo né vogliamo rimuovere il passato preindustriale e preurbano di Mestre; semmai è la città che lo ha in larghissima parte rimosso nella sua concreta trasformazione. Pensiamo però che nel caso di Mestre città contemporanea, nella rappresentazione di sé che sempre costituisce un museo della città, il passato non divenga reperto archeologico o un elemento di erudizione fine a se stessa ma abbia un valore di conoscenza se inteso come «una dimensione del presente», elemento vivo e vitale se provvisto di attualità, di cui si riconosca l’indispensabilità ai fini della comprensione del nostro tempo. E si può stare tranquilli che il passato di Mestre si affaccia con insistenza sul proscenio, dato che la quasi completa e rapida sparizione di un tessuto sociale e insediativo a opera di una tumultuosa urbanizzazione non sarebbe pienamente comprensibile senza indagare che cosa, e come e perché, sia stato rimosso, cancellato, letteralmente seppellito sotto la colata di cemento di una travolgente modernizzazione.
Il pluralismo dei punti di vista esige un confronto imparziale fra posizioni, la ricerca di un confronto dialettico e di un corretto bilanciamento, di una miscela equilibrata tra le diverse interpretazioni. Gli aspetti progressivi, positivi della modernità, gli indubitabili miglioramenti della qualità urbana, del livello di vita, la crescita del benessere economico e sociale non devono far dimenticare gli squilibri e le storture di un modello di sviluppo della città basato a lungo sulla prevalenza della rendita e di un profitto cieco e i prezzi pagati dal territorio e dalla popolazione in termini di ambiente, salute, vivibilità e socialità. Del resto storiAmestre è nata anche per questo: indagare e documentare, ce l’abbiamo scritto quale nostra finalità nello statuto, le modalità squilibrate dello sviluppo della terraferma veneziana.
Le chiavi di lettura: una che vogliamo proporre, la quale non spiega tutto ma spiega comunque molto, è l’industrializzazione e il suo declino, attorno ai quali si struttura, si destruttura e si ristruttura lo spazio metropolitano; ricorrendo come concetto-guida dell’analisi alla categoria, appunto, di squilibrio, come modalità caratterizzante lo sviluppo novecentesco.
Le modalità della narrazione, come riempire i cinque cassetti indicati dalla Fondazione: storia sociale, storia economica, storia urbana, storia della cultura, storia dell’ambiente. Serve a nostro giudizio una ricostruzione che non segua un criterio analogico, secondo una concezione lineare della storia, ma proceda per tematizzazione, individuando nuclei significativi di contenuto (alcuni esempi: «La città del lavoro»; «La città dell’abitare»; «La città dei flussi»; «La città delle donne»; «La città delle acque»; «La città dei migranti»; «La città fuori della città»).
Non possiamo non dirci d’accordo sull’idea di un museo multimediale e interattivo. Però occorre fare attenzione che le nuove tecniche di comunicazione e i nuovi linguaggi servano a un discorso di grande rigore storiografico, si ancorino saldamente ai contenuti, esprimano e si esercitino su materiali all’altezza di un ambizioso progetto culturale; per evitare che travalichino i contenuti e diventino essi stessi, da semplice mezzo, il messaggio.
Il museo interattivo: qui le associazioni possono giocare un ruolo importante. Intendendo per interattività non solo quella del visitatore che prende qualcosa e lascia qualcosa nella visita del museo ma soprattutto la relazione continuativa e fattiva fra l’istituzione e la cittadinanza attiva, i suoi centri di cultura, le sue associazioni culturali.
La questione degli archivi, delle collezioni, delle raccolte, insomma della documentazione, rappresenta un possibile punto di incontro tra la Fondazione e le associazioni. Le organizzazioni cittadine e il Laboratorio Mestre Novecento, quale risultato di un lungo lavoro di ricerca e di studio sulle fonti per la storia della città, possono collaborare all’individuazione, alla mappatura, alla inventariazione, alla ricognizione dei fondi documentari.
Come primo suggerimento, ci sentiamo di proporre uno spazio, un luogo virtuale, dove sia tracciata la mappa degli archivi della città metropolitana, anche come primo passo per la loro salvaguardia, recupero e utilizzo, con particolare riferimento a quelli industriali, che rischiano di perdersi dopo che hanno chiuso le imprese che li hanno prodotti.
Vi chiediamo dunque di intervenire, ripeto, riflettendo sulle seguenti questioni e interrogativi:
cosa significa un museo per Mestre,
quale immagine della città vogliamo sia rappresentata,
quali contenuti per il museo,
come possiamo relazionare il museo con la città, le sue istituzioni e associazioni culturali.