di Matteo Di Lucca
1. Macchina da Padova a Marghera; autobus da Marghera a piazzale Roma; vaporetto da piazzale Roma a Sant’Elena passando per Santa Marta, Zattere, San Zaccaria e Giardini. Certo per noi unionisti che viviamo in terraferma più che una partita in casa sembra ogni volta una trasferta. Molti aspettano lo stadio nuovo, ma, quando si sbuca con il vaporetto dal canale della Giudecca di fronte a San Marco, il panorama e l’atmosfera ti investono e ti rincuorano e, almeno per un attimo, fanno dimenticare il viaggio che dura ore. Ricordo ancora divertito il ritorno in vaporetto, dopo la vittoria al Penzo contro la Lucchese, quella coppia di settantenni venuti dalla città toscana per assistere alla partita. Mentre il marito era ancora visibilmente arrabbiato per la sonora sconfitta della sua squadra la signora era in preda al panico e, quando a ogni fermata il vaporetto urtava l’imbarcadero, emetteva un urlo misto tra paura e stupore. Io, ogni volta, le dicevo: “Signora, a Venezia si va così allo stadio”, e lei divertita mi rispondeva nel suo accento toscano: “Ma io a Lucca allo stadio ci vo in bicicletta o al massimo in macchina quando piove!”.
Proprio durante il viaggio in vaporetto, carico di gente con la sciarpa al collo, io e la Vale scambiamo quattro parole con un giovane tifoso sul derby di Padova, sulle altre squadre viste al Penzo e in trasferta, sulla partita di oggi e sui fatti di Catania. Tutti attorno a noi sembrano parlare della stessa cosa: oggi, infatti, è la prima domenica in cui si gioca dopo gli scontri tra ultras e polizia avvenuti l’8 febbraio, in occasione del derby Catania-Palermo, e finiti con la morte di un ispettore. Ne parliamo in maniera così partecipata che non ci accorgiamo nemmeno di essere arrivati a Sant’Elena. Usciamo velocemente dal vaporetto e corriamo verso la biglietteria per il timore – visto che la capienza dello stadio è stata ridotta a causa delle nuove normative – di non trovare più biglietti. Molti ragazzi sono in fila nella biglietteria dei distinti: la società, già da alcune partite, ha imposto un’aggiunta di 2 euro all’abbonamento per tutti quei tifosi abbonati in curva che ora, dopo il rimescolamento della geografia dei gruppi ultras arancioverdi, vogliono seguire la squadra dal settore distinti. Quelli che non sono abbonati, come noi, possono comprare i biglietti di curva (costo: 10 euri gli uomini, 7 euri le donne), ma andare comunque nei distinti. E così facciamo.
Oltrepassato il ponticello di legno che porta allo stadio, mi accorgo che alcuni ultras sostano all’esterno dell’ingresso della curva e uno di questi, con il megafono, annuncia che resteranno fuori dalla curva per i primi quindici minuti della partita per protestare contro le nuove norme entrate in vigore dopo i fatti dell’8 febbraio. Io e la Vale noncuranti proseguiamo verso l’ingresso dei distinti dove troviamo la solita coda formata da una sorta di “melting pot” generazionale: da una parte giovani ragazzi pronti a cantare e a tifare nel settore, dall’altra signori di una certa età, spesso insieme ai nipotini, pronti ad accomodarsi seduti nella loro poltroncina.
2. Una volta entrati, rivolgendo lo sguardo verso la curva deserta, ci accorgiamo che tra i vari gradini sono stesi in orizzontale una serie di striscioni. Nella parte destra della curva dall’alto verso il basso dicono: “Norvegia 05: vietato esporre bandiere… identificati”; “Scozia 05: vietato bere 1 birra fuori dallo stadio… arrestati”; “Germania 06: vietato fumare 1 sigaretta dentro allo stadio… identificati!!”; “…è questo il modello inglese?”. Mentre nella parte sinistra: “Punire i colpevoli no alla repressione”; “Stadio senza ultras = cimitero vivente!!”; “– business + calcio…vergogna!”; “giù le mani dalle trasferte”. Poi, appeso sulla rete metallica proprio dietro alla porta, un altro striscione con su scritto: “Catania 08-02-07 contro ogni ideale ultras. Vergogna!”.
Il clima nel settore distinti è invece molto rilassato. Alcuni ragazzi sono impegnati a concludere gli ultimi preparativi; altri entrano in campo per appendere sulla rete metallica lo striscione “A sostegno di un ideale” che solitamente veniva tenuto per tutta la partita ben visibile da alcuni ragazzi delle prime file. Saliamo le gradinate mentre alcuni anziani signori dei distinti, passando sotto il settore, si lamentano del fracasso provocato dai megafoni dei capi ultras. L’età media del settore è abbastanza bassa fino a che non arriva una signora che come al solito si siede nella nostra stessa fila e ci saluta calorosamente. Io e la Vale ci guardiamo divertiti e ci sentiamo meno vecchi. Ci accorgiamo che, a differenza delle ultime partite, il settore si sta riempiendo molto lentamente e che i preparativi sono meno caotici. In un clima così “freddo” non mi accorgo nemmeno che le squadre stanno facendo il loro ingresso in campo. Proprio in quel momento il capo ultras sale sulla balconata annunciando che anche noi staremo in silenzio per 10 minuti. Dopo il minuto di silenzio – in memoria dell’ispettore Raciti, ucciso a Catania, e del dirigente di una squadra calabrese morto dopo una rissa in un campo di terza categoria – e il fischio d’inizio della partita, sotto di noi vengono innalzati una serie di striscioni con scritto a caratteri cubitali: “Scandali pay TV leggi speciali doping affari sporchi razzismo il calcio industria inquina”.
La squadra in campo sembra spaesata dalla mancanza del tifo e inizia la partita lentamente, come se volesse aspettare l’inizio dei cori prima di incominciare a giocare davvero. In questi minuti di silenzio si sentono – cosa che di solito succede solo in rari casi – soltanto le voci in campo dei giocatori e i cori dei tifosi della Sangiovannese. Finché uno dei capi ultras sale nuovamente sulla balconata e dal megafono urla come questa sia una domenica particolare per la tifoseria arancioverde: non solo perché dopo i fatti di Catania inizia una nuova era per tutto il movimento ultras ma anche perché oggi ricorre il sesto anniversario della morte del Bae. Inoltre sottolinea la solidarietà nei confronti dell’ispettore di polizia ucciso a Catania, la completa dissociazione da quegli ultras che usano metodi violenti fuori e dentro allo stadio, il rigetto da tutto ciò che concerne l’industria del calcio moderno, il desiderio di voler iniziare proprio dal nostro settore un nuovo modo di tifare e l’importanza di riflettere su tutti questi argomenti in questi pochi, ma significativi, minuti di silenzio dal tifo. Si rivolge in particolar modo a tutti i ragazzi più giovani presenti nel settore che devono essere i primi ad adottare e dimostrare questa mentalità, cercando di portare avanti gli ideali sani del tifo come l’amicizia, l’aggregazione tra persone, la partecipazione, l’antirazzismo e soprattutto il divertimento. Tutto il settore applaude, ringrazia per le parole e, quando inizia “Un grido sarà quando le squadre scenderanno in campo…”, esplode nel tifo. Le prime file alzano un altro striscione con su scritto “A sostegno del nostro vecchio calcio”.
Nel frattempo anche i gruppi che occupano la curva Sud sono entrati e dopo qualche minuto di silenzio iniziano a cantare. Noto che, a differenza delle prime partite seguite alla separazione tra i gruppi, in generale nel settore dove siamo si rivolge meno attenzione nei confronti dei comportamenti e del tifo prodotti dai gruppi della Sud. Sembra quasi che in queste poche partite si sia creata nel settore la consapevolezza che il nostro tifo deve essere rivolto più alla squadra e a noi stessi che alla dimostrazione di superiorità nei confronti degli altri gruppi rimasti in curva.
3. Anche se una preoccupante nebbia incomincia a scendere sul Penzo, tutto il primo tempo è un susseguirsi di divertimento collettivo. Si divertono i capicoro sempre sorridenti e compiaciuti per il grande tifo del settore, ci divertiamo noi ad osservarli, si divertono tutti lanciando in aria per tutto il settore una parrucca da carnevale gialla che ogni tanto finisce nella testa dei capi ultras, si diverte il ragazzo che si sposta in tutto il settore per far sventolare ogni volta in un posto diverso il bandierone arancioverde. Ci divertiamo ancor di più quando, intorno al ventesimo minuto, un cross da destra di Romondini – acquisto di Gennaio per la prima volta in campo dal primo minuto – incoccia nel movimento sul primo palo di Moro che di testa insacca sul palo opposto. L’Unione è in vantaggio e dopo il gol il tifo sale ancor più d’intensità. I classici cori si susseguono. Dopo un saluto agli ultras del Rapid Vienna per l’ennesima volta presenti nel settore, tutti con la sciarpa in alto a fare con movimento simultaneo “Tutti avanti, tutti indietro, tutti a destra, tutti a sinistra alé alé alé / Forza Unione”. Tutti seduti battendo i piedi per “datemi una U-NIO-NE”. Tutti pronti a rispondere alla richiesta del capocoro urlando a più non posso in modo da far sentire l’eco della risposta dalle calli di Sant’Elena: “La gente vuol sapere… chi noi siamo… siamo l’armata arancioverde e mai nessun ci fermerà…”. Questi cori si mescolano ad altri di diverso indirizzo come “A sostegno di un ideale” e “Odio eterno al calcio moderno”. Il primo tempo finisce proprio quando sta per iniziare il coro più “amato” dalle Vale: “Arancioverdi alé, alé l’Unione, sempre insieme a te, comunque vada, devi sapere che, noi non ti lasceremo mai da sola”. Lei rimane un po’ delusa dalla fine anticipata del coro e mi manda a prendere da bere al bar. Dopo una coda infernale e dopo aver speso la bellezza di 6,50 euri per due panini mignon al salame e una bottiglietta di coca cola, risalgo al mio posto proprio quando l’arbitro dà inizio al secondo tempo.
4. La nebbia è scomparsa e un sole oserei dire primaverile riscalda le tribune. Forse il sole è uscito proprio in questo momento per rendere ancora più visibile il grande striscione a larghe righe verticali arancioverdi: “Per il comandante Bae” alzato dalle prime file del settore per commemorare il sesto anniversario dalla sua morte. Il tifo inizia un po’ in sordina e il capocoro, accortosi del calo d’intensità, afferma facendo ridere tutti: “Ma xé colpa del sole… che basa i bei???”. Il tifo ricomincia con un bel “Pope”, da sempre l’inno unionista. La partita non è brutta e diventa ancor più bella quando, dopo una respinta della difesa, parte il nostro contropiede. Capitan Collauto dalla fascia destra prima di raggiungere il centrocampo taglia il campo con una sciabolata che raggiunge sulla fascia opposta il liberissimo Bono che si invola verso l’area avversaria. Aspettando i rinforzi decelera la corsa e giunto al limite dell’area appoggia la palla all’accorrente Romondini che dribbla sontuosamente due avversari. Una volta entrato in area affrontato dall’ultimo avversario cede la palla sulla sua sinistra al liberissimo Pradolin che solo davanti al portiere incrocia il tiro che sbatte prima sul palo e poi finisce in rete. Raddoppio dell’Unione. Nel settore è delirio. Guardo in basso e vedo un groviglio di persone che esulta, si abbraccia, si spintona, cade sui gradini o su qualche suo vicino, si rialza frastornata e ricomincia festante a cantare. Ormai la vittoria è a portata di mano anche se l’arbitro ci mette del suo e concede un rigore molto dubbio ai nostri avversari che accorciano le distanze. La partita è riaperta ma l’Unione continua ad attaccare sfiorando in un paio di circostanze il terzo gol e raggiungendo una meritata vittoria che ci consolida al primo posto. Mentre i giocatori fanno il solito balletto post-vittoria in mezzo al campo, li invitiamo a venire sotto il settore. Inizia il coro “lo squadrone ce lo abbiamo noi” e la squadra inizia il rito della scivolata sotto i tifosi. Come al solito si dirigono verso la bandierina per accontentare sia noi che siamo nei distinti sia gli altri gruppi che stanno in curva. Si continua con il “Di Costanzo show” e l’allenatore saluta dal campo il settore che intanto incomincia a svuotarsi. Il capocoro richiama l’attenzione per avvisare sul da farsi – viste le nuove normative che impediscono la vendita dei biglietti ai gruppi –nelle prossime due trasferte consecutive dell’Unione e chiama l’ultimo canto in onore del Bae che ci accompagna fino all’uscita dallo stadio.
5. Una volta salito in vaporetto leggo attentamente la fanzine autoprodotta che i ragazzi di “A sostegno di un ideale” hanno distribuito nel settore alla fine del primo tempo e che non ero riuscito a leggere prima. Ecco alcuni stralci:
La morte di una persona è un fatto irreparabile, che ferisce tutti gli uomini di cuore e buonsenso. Ma gli uomini di buon senso non sopportano l’ipocrisia, che puzza più della morte. Il dolore è di chi piange il proprio caro, agli altri spetta un rispettoso silenzio. Ma certe persone non si fermano neppure dinnanzi al più nefasto degli accadimenti. E parlano, parlano, per cercare di trarre qualche vantaggio da una tragedia. […] Noi chiediamo giustizia e verità, per tutti. Giustizia e verità anche per Filippo Raciti. Chiediamo che chi ha sbagliato paghi (sempre) e comunque (senza privilegi per nessuno). Chiediamo siano accertate le responsabilità di tutti. Di chi ha ucciso, innanzitutto. Ma anche di chi ha gestito l’ordine pubblico, di chi ha fatto svolgere una partita a rischio alle 18, di chi ha fatto perdere metà partita ai palermitani (strategia del sopruso che serve solo a surriscaldare gli animi). Volere la verità in un Paese abituato alla menzogna è un desiderio rivoluzionario. Volere la verità qualunque essa sia è un desiderio inusitato. Anche per questo siamo ultras. La battaglia contro il calcio trasformato in business, contro la repressione preventiva, le leggi speciali e liberticide, pericolose perché esportabili anche nella vita quotidiana di tutti noi, questa battaglia non si vince a colpi di spranga. Gli ultras hanno altre armi: la solidarietà, la passione sportiva, la voglia di partecipazione. Farsi schiacciare su una logica violenza-repressione-violenza servirà solo a generare altre lacrime, altro dolore, altra rabbia. Ci vuole coraggio, il coraggio di disertare una guerra perduta comunque. Una guerra da combattere su di un altro piano, con altre armi. Perché non esiste partita che valga una vita. (“A sostegno di un ideale: fanzine autoprodotta”, numero 3)
Dal vaporetto si vede piazza San Marco stracolma di gente che festeggia la prima domenica di carnevale. Io e la Vale decidiamo di scendere alle Zattere e di raggiungere a piedi piazzale Roma. Un veloce spritz in campo Santa Margherita e poi ci trasformiamo nuovamente in “pendolari unionisti”.