Notizie su Luciano Visentin, calzolaio (1898-1984)
di Piero Brunello, prefazione di Elis Fraccaro
autunno 2005, 64 pp., 5 euro
"Era magro, di statura normale e i capelli bianchi. Alle barche lo chiamavano «Ciano baccalà». Era bello a vedersi. Gli occhi chiari erano dolci. Mi accolse con gioia e senza imbarazzo, come mi conoscesse da sempre. Era pieno di premure e si agitava. Teresa lo guardava agitarsi e annuiva, e per non contrariarlo lo assecondava sempre e lo calmava. Teresa era molto più giovane di Luciano ma non si vedeva. Era mora, con i capelli crespi. Gli occhi neri, profondi, tristi. Brillavano. Luciano disse che era stata una donna molto bella, ora il suo viso era intaccato da una malattia. Anche Luciano era costretto da una malattia a rigide regole quotidiane, senza deroghe: «è una conseguenza del carcere, del confino, delle aggressioni fasciste», sospirava. Luciano parlava volentieri della sua vita. A volte in maniera coerente e piana, a volte a salti. Venne l'idea di un'intervista per mettere ordine a tutti quegli avvenimenti che ormai conoscevo ma in maniera frammentata."
Elis Fraccaro
"Grazie ai ricordi di Luciano Visentin, è possibile, tra le altre cose, vedere in quali luoghi e attraverso quali percorsi si diventava socialisti, e anarchici, nei primi anni del Novecento in una cittadina come Mestre, come si vennero costruendo reti di relazione amicali e politiche, e come queste relazioni vennero meno e si modificarono con l'instaurarsi del regime fascista."
Piero Brunello
Leggi la prefazione di Elis Fraccaro.
Gianni Sartori dice
Ho appena saputo che – dopo un anno e passa di tribolazioni, sempre affrontate con coraggio e dignità – ci ha lasciati l’amico e compagno Claudio Venza, militante anarchico, tenace antifascista triestino e storico specialista della Guerra di Spagna.
Lasciando un grande vuoto ovviamente.
Vorrei ricordarlo con questa antica intervista risalente a oltre 15 anni fa…
notte
Gianni
http://www.arivista.org/riviste/Arivista/317/43.htm
Ensi dice
Sì, non dimentichiamo che il Visentin fu internato durante la Grande Guerra perché incitava alla diserzione dopo la sconfitta di Caporetto. I fascisti arrivarono dopo.